Sotto la cattedrale di San Giusto, di fronte al Ricreatorio “Enrico Toti” in via Castello, si trova la più antica sede episcopale, voluta dal vescovo Rodolfo de Pedrezzani agli inizi del Trecento. Come spesso accadeva a quei tempi, l’edificio fu distrutto dai veneziani nel 1312 e rimaneggiato nei due secoli successivi per essere testimone di una lunga serie di avvicendamenti.
Ci piace ripercorrere queste storie medievali perché in questi dintorni, tra vecchie contrade, marciapiedi a gradoni e stretti viottoli con gli acciottolati originali, si trovano ancora oggi degli scorci di incredibile suggestione: muri di pietra e porte consunte, finestrelle con le inferriate nei piccoli vani delle case, cucine con i focolari, dispense con le risme di legna, sacchi di farina e povere provviste per i lunghi inverni vissuti all’ombra del castello e della Cattedrale, tra i capitani e i vescovi della città che lì erano di casa. Case ricche s’intende, con letti a baldacchino, mobili raffinati, confortevoli sale riscaldate dove si consumavano banchetti luculliani serviti in piatti dorati e boccali d’argento da noblesse oblige.
Ma tutto questo lo si immagina. Oggi a percorrere quelle vie spiace dispiace vederle così abbandonate, tra fili di luce penzolanti e indegne scritte su quei muri così pieni di storia.
Una di quelle case di via Castello fu dunque l’antica sede della curia vescovile dove nel corso del Medioevo si avvicendarono i vescovi della città.Sulla porta d’ingresso spicca ancora lo stemma di Pietro Bonomo (Trieste 1458 – 1546) uno dei più potenti e longevi tra loro. Rampollo di una delle 13 Casade tergestine, fu un uomo coltissimo e di grande fascino quanto di grandi ambizioni, più interessato a estendere poteri e ricchezze che dedicarsi alle questioni ecclesiali, dimostrando anzi una certa tolleranza verso le progressive infiltrazioni del luteranesimo.
Sul fregio sopra la porta d’ingresso della dimora episcopale di via Castello è scolpita la frase: “P. Bonomus Antist. Tergest: Chiariss. Patriae Decori. D.D. Anno MDXXIII” (1523) in ricordo dei restauri da lui eseguiti.
Sulla parete esterna del fabbricato è inoltre conservata l’insegna araldica del trentino Nicolò de Coret, la cui carica vescovile durò dal 28 febbraio 1575 al I° marzo 1591, data della sua morte. E’ ricordato per la sua intransigenza religiosa e per essersi vantato di aver estirpato “la mala pianta del luteranesimo” sistemando la scottante questione nei confini di Trento (nota1).
Episodi nascosti dalle alte sfere ecclesiastiche ovviamente, assieme a tutti i misfatti compiuti dall’Inquisizione di cui restano sconvolgenti testimonianze nei sotterranei della città.
L’ultimo vescovo che vi abitò (dal 1761 al 1775) fu Antonio Ferdinando conte di Heberstein, in seguito trasferitosi in palazzo Brigido di via Pozzo del Mare, poi nella sede episcopale di palazzo Mauroner (oggi via Torino) e infine nel palazzo Vicco di via Cavana.
L’edificio vescovile venne così venduto nel 1785 alle autorità governative che lo trasformarono in un ospedale con annesso il Pio Istituto per gli orfanelli.
Ingrandito dopo due anni con l’acquisto della vicina casa appartenuta ai fratelli Marenzi, a cui fu collegata con un ponte, vi vennero collocati “i venerei e gli schifosi”.
Poco dopo il Comune acquistò anche lo stabile sull’altro lato della contrada (ancora oggi titolata “via dell’Ospitale”) a cui si accedeva con un passaggio sotterraneo.
Nel 1841 il nosocomio venne trasferito nel nuovo ospedale Maggiore e l’ex-vescovado divenne un Ospizio per gli alienati (nota 2).
L’anno successivo il Comune vi installò una Scuola di Agraria e nel 1852 il vescovo Bartolomeo Legat creò il Seminario dei chierici che durò fino il 1872 quando venne installato l’Istituto Magistrale femminile (nota 3).
Trasformato in ufficio di Vigili Municipali, nell’edificio avvenne un sanguinoso fatto di cronaca ricordato ancora oggi su una lapide a ricordo dell’uccisione di Angelo Cattaruzza avvenuta il 31 dicembre 1925 per mano di rapinatori che gli sottrassero le buste paga dei colleghi.Nel 1932 il vecchio episcopio fu infine trasformato in Distretto Militare e operò fino al 1995 quando venne definitivamente chiuso (nota 4).
Oggi questa storica casa è in stato di grande abbandono ma in Comune esiste il progetto della cessione di tutti gli edifici per ricavarne delle abitazioni residenziali.
Come è avvenuto per il vicino ricreatorio Enrico Toti, rinnovato e ancora in attività, ci auguriamo che vengano comunque preservate le sue strutture considerando il loro valore storico e la collocazione in uno dei posti più panoramici e affascinanti di Trieste.
Note:
1. Esiste comunque una relazione riguardante lo stato ecclesiastico della sua diocesi inviata al papa il 9 giugno 1590;
2. L’ospizio rimase in esercizio fino al 1908 quando entrò in funzione l’Ospedale psichiatrico di San Giovanni;
3. A sua volta trasferitosi nel 1874 in via Madonna del Mare 11;
4. Le sue competenze si traferirono a Udine e poi a Padova.
Da documentazioni riferite da Armando Halupca l’edificio di via Castello ospitò pure due imperatori: Leopoldo I° nel 1660 e Carlo VI nel 1728.
Foto collezione personale di Gabriella Amstici