Archivio mensile:agosto 2016

INCONTRI Svevo e Joyce

IMG_0660Come si è scritto nel precedente articolo, il 27 maggio 1955 il professor Stanislaus Joyce volle congedarsi dalla sua lunga carriera universitaria con la lettura di “The meeting of Svevo and Joyce,” un breve testo che ripercorreva l’incontro a Trieste dei due scrittori e l’intreccio delle vicende che li portarono alla loro straordinaria fama letteraria.
L’incontro di Ettore Schmitz (nota 1) e James Joyce avvenne alla Berlitz School tra gli anni 1906/07 e la loro immediata quanto reciproca intesa fu seguita da una serie di scambi letterari che nel tempo portarono a clamorosi sviluppi.
Se il ventiquattrenne James durante le noiosissime lezioni svolte a villa Veneziani amava leggere i racconti appena scritti di Gente di Dublino Ettore gli raccontava dell’assoluta indifferenza di critica e di pubblico dopo la pubblicazione nel 1892 del suo libro Una vita constatando che “Uscì nato morto dalla tipografia”.
Ma fu la lettura di Senilità, stampato nel 1898 ancora senza successo, a suscitare l’interesse di Joyce che si espresse con una battuta poi rimasta famosa: “Ma lo sa che Lei è uno scrittore negletto?
Schmitz si commosse fino alle lacrime quando il suo giovane insegnante, squattrinato ma sicuro di sé, dotato di eccellente memoria, recitò brani del romanzo in questione, per il quale più tardi, quando venne tradotto in inglese, egli stesso suggerì il titolo As a Man Grows Older” riferì Stanislaus nel corso della sua lezione, seguitando a raccontare, con un pizzico di umorismo, che Ettore si entusiasmò a tal punto da aver voluto accompagnare James fin sotto casa parlandogli per tutto il tempo delle sue sventure letterarie.

Gli entusiasmi di entrambi furono però sminuiti da alcuni intellettuali triestini come il saggista Giulio Caprin o il presidente della “Minerva” Nicolò Vidacovich che sentendo il nome di Italo Svevo si espressero con un inappellabile dissenso. “Semi-illetterati!” fu il commento di Joyce ritenendo che: “un critico debba avere egli stesso una scintilla di genio in sé per scoprire la scintilla del genio di un altro”.
Nonostante tutto Ettore Schmitz, o meglio il suo irrinunciabile pseudonimo Italo Svevo, dopo lunghi anni di inattività letteraria, riprese a scrivere e ancora ad autopubblicare nel 1923 presso la casa editrice Cappelli il romanzo La coscienza di Zeno. 
“Un grande finanziere e un grande industriale” lo definirono sarcasticamente i critici, “Un fiore nato tra i barili di vernice per le carene delle navi” fu invece il commento di Joyce che dopo aver letto il libro consigliò l’amico, del tutto demoralizzato, a spedirlo con la sua raccomandazione a certi critici francesi.
Va notato che per mio fratello la cosa d’importanza primaria era la soddisfazione dell’artista per la propria opera: il successo presso il pubblico era, invece, una faccenda del tutto secondaria” volle specificare Stanislaus.

Ma finalmente un noto critico francese, provvisto di “qualche scintilla di genio”, apprezzò l’ironica originalità del libro di Zeno e l’anno successivo informò Ettore Schmitz del successo riscontrato nei circoli parigini.
Ottenuti i permessi di pubblicazione e trascorsi i tempi per le traduzioni, alcuni brani di Senilità e de La coscienza di Zeno vennero pubblicati su alcune autorevoli riviste francesi con ottime recensioni.
Italo Svevo, scrittore assai amato da alcuni dei migliori “italianisants” stranieri e ignoto un patria, costituisce il “caso” più singolare che offre oggi la nostra repubblica libresca” scrisse lo scrittore-poeta Eugenio Montale su un articolo del gennaio 1926 apparso su “Il Quindicinale” contribuendo al riconoscimento dei testi sveviani anche in Italia. (note 2 e 3)

Nel ripercorrere le vicende tra i due scrittori il professor Stanislaus Joyce volle però ribadire che buona parte dei riconoscimenti fu dovuta al fratello James, fatto ammesso dallo stesso Svevo con una frase dolce e nello stesso tempo amara: “Joyce mi ha regala to un tramonto dorato”.
Per contro ammise che fu Svevo a fornire a Joyce delle informazioni sull’ebraismo poi usate per il personaggio di Leopoldo Bloom dell’ Ulisse che sarà pubblicato nel 1922 tra un’alternanza di critiche.

Svevo e Joyce Ultimo atto

A Ettore Schmitz rimase poco tempo per assaporare il suo successo: il 12 settembre 1928 ritornando da un periodo di cure termali a Bormio fu coinvolto in un incidente stradale presso Motta di Livenza rimanendo ferito in modo apparentemente non grave (nota 4). Sopravvenuta una grave insufficienza cardiaca morirà 67enne il giorno successivo lasciando incompiuto il suo quarto romanzo che sarebbe stato il seguito de La coscienza di Zeno.
(Nella foto la cappella dei Veneziani al Cimitero Sant’ Anna di Trieste)HPIM0585HPIM0586Dopo l’uscita nel 1922 dell’ Ulisse e nel 1927 delle Poesie da un soldo, con una stesura protratta per 16 anni, nel 1939 James Joyce pubblicherà Finnegans Wake che fu accolto da durissime critiche.
La sua vita era ormai allo sfascio: la salute psico-fisica peggiorava, la figlia Lucia languiva in un ospedale psichiatrico, il figlio Giorgio divenuto alcolista aveva distrutto il suo matrimonio con una ricca ereditiera americana e la guerra era ormai alle porte.
Trasferitosi con Nora a Zurigo nel dicembre 1940, il 9 gennaio 1941 fu ricoverato in ospedale e sottoposto a un’operazione per un ulcera perforata quando già era in atto una peritonite che lo porterà alla morte alle 2.15 del 13 gennaio.
Le sue ceneri si trovano al cimitero di Fluntern a Zurigo (nota 5)4720658236_2d68ee926e[1]

Note:

1. Aron Hector Schmitz nacque a Trieste il 19 dicembre 1861 da un padre ebreo di origine tedesca (il nonno Astolfo era giunto a Trieste come funzionario dell’ Impero asburgico) e da madre italiana. La conversione al cattolicesimo avvenne in occasione del matrimonio con Livia Veneziani nel 1896;

2. Già nel 1925 Montale pubblicando sulla rivista L’esame l’articolo “Omaggio a Italo Svevo” diede inizio alla popolarità dei suoi romanzi.
Il rapporto tra i 2 scrittori continuerà poi con una fitta corrispondenza proseguita fino agli ultimi anni di vita di Ettore Schmitz;

3. Dopo essere passato per i tavoli di vari altri editori il libro Senilità verrà pubblicato nel 1927 dall’editore Morreale;

4. Nell’incidente Svevo riportò una frattura al femore ma le complicazioni furono causate da un enfisema polmonare di cui soffriva da tempo;

5. Nel 1951 sarà sepolta la moglie Nora e nel 1951 il figlio Giorgio.

Fonti:

Stanislaus Joyce, JOYCE NEL GIARDINO DI SVEVO, MGS PRESS, Trieste, 1995
Il manoscritto di Stanislaus Joyce si trova alla Biblioteca Civica di Trieste;
Il testo venne pubblicato dall’Editore Del Bianco di Udine nel 1965.

Il professor Joyce

Menzionando il professor Joyce si penserebbe subito a James Joyce, che fu sicuramente un professore prima di essere riconosciuto come uno dei più grandi scrittori del Novecento, ma si vorrebbe qui ricordare il fratello, professor Stanislaus Joyce, insegnante per 33 anni di Lingua e Corrispondenza inglese all’Università di Trieste, città in cui visse per ben 50 anni e dove sono conservate le sue spoglie.da68c92ea7ff43498a22d472b67669ed (1)Stanislaus, secondogenito dopo James, nacque nel 1884 a Dublino dove passati i tempi di agiatezza, visse anni difficili assieme agli altri 10 fratelli e sorelle.
Il padre John, spendaccione e alcolista, perse tutte le proprietà ereditate e con il modesto lavoro da esattore delle tasse costrinse la numerosa famiglia a grandi ristrettezze, per di più peggiorate dopo la morte nel 1903 della moglie Mary Murray (nella foto)
0a69f23cf994a844bcef12afcc4da49644df7cf4[1]Nell’autunno del 1905 il giovane Stanislaus decise di raggiungere il fratello James a Trieste (nota 1) accettando un impiego come insegnante d’inglese alla Berlitz School (nota 2) dove in seguito divenne vice direttore.
(Nella foto il palazzetto sede della scuola)berlitz_school-trieste-turismoletterario[1]

Nonostante i problemi, le alterne vicende e gli anni di internamento, visse sempre a Trieste senza far più ritorno a Dublino.

Dal momento del suo arrivo in città fu costretto a dare gran parte dei suoi salari per sostenere il fratello con la sua compagna Nora Barnacle e i figli Giorgio e Lucia, che nasceranno rispettivamente nel 1905 e 1907, e per un certo periodo anche le sorelle Eileen ed Eva che James aveva invitato a Trieste senza lontanamente pensare al loro mantenimento.

Durante la Grande Guerra Stanislaus fu coinvolto dai movimenti politici e come cittadino di una nazione nemica dal 1915 al 1918 venne internato nel campo di Katzenau in Austria mentre James riuscì a rifugiarsi nella neutrale Zurigo.
(Nella foto il campo di concentramento austriaco)400px-KatzenauAustrianLager[1]Dopo il 1919 i 2 fratelli si riunirono per un breve quanto turbolento periodo in via Sanità (oggi via Diaz 2) dove viveva la sorella Eileen con il marito Frantisek Schaurek e i loro 2 figli.
Ma a Trieste erano ormai iniziati grandi cambiamenti e nel 1920 James decise di trasferirsi a Parigi permettendo al fratello di occupare il posto di professore d’inglese alla Scuola Superiore di Commercio di fondazione Revoltella (nota 3) che divenne poi sede universitaria e dove insegnò per 33 anni al Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere.
Nella foto la sede della Scuola Superiore di Commercio in via del Torrente (oggi via Carducci 12).Autocertificazione 2978

Nel 1928, ormai 45enne, Stanislaus si sposò con Nelly Lichtensteiger, una sua giovane ex studentessa figlia di un ricco commerciante triestino di origine austriaca; nonostante la differenza di età e di censo, il loro legame fu solido e felice.

Con l’avvento del fascismo avanzarono nuove difficoltà e sebbene si fosse sempre astenuto da esporre qualsiasi posizione politica (nota 4) nel 1936 evitò solo grazie a delle conoscenze di perdere il lavoro all’Università e di essere espulso dall’Italia.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale la situazione precipitò e Stanislaus fu internato a Firenze dove assieme alla moglie Nelly sopravvisse a condizioni atroci. Nonostante le durissime ristrettezze i coniugi Joyce non solo rimasero uniti ma ebbero anche una grande sorpresa: nel 1943, dopo bel 15 anni di matrimonio, nacque il loro unico figlio a cui fu dato il nome di James, come lo zio morto due anni prima.

Per quanto i rapporti con il fratello fossero stati spesso burrascosi, Stanislaus risentì molto la sua scomparsa e se da una parte si fosse lamentato di sentirsi “il fratello bistrattato di un genio”, dall’altra raccolse i suoi manoscritti, salvò carte, lettere e documenti, rilasciando interviste e conferenze, scrivendo articoli su ricordi e aneddoti contribuendo alla raccolta di un materiale biografico che altrimenti sarebbe andato perduto.
A sua volta James, divenuto ormai famoso, nell’ultima lettera inviata al fratello prima di morire, gli trasmise nomi e indirizzi di quanti avrebbero potuto aiutarlo, dimostrando così un’affettuosa riconoscenza per tutti gli aiuti ricevuti durante i loro difficili anni vissuti a Trieste.

Ritornato con la moglie e il figlio a Trieste, Stanislaus riprese l’insegnamento alla facoltà universitaria di Economia e Commercio assumendo contemporaneamente l’incarico di interprete ufficiale del Governo Militare Alleato.

Negli anni Cinquanta, troppo anziano per portare a termine un testo soddisfacente su James Joyce, instaurò un intenso rapporto con Richard Ellmann occupato nella stesura di una colossale biografia dello scrittore.
Come cittadino straniero non ricevette nessuna pensione (nota 5) e trovandosi a 70 anni in una precaria situazioni finanziaria, riordinò tutti gli scritti e documenti del fratello iniziando delle trattative di vendita.

Ufficialmente “pensionato” dall’ottobre 1954 per limiti di età, tenne la sua ultima lezione all’Università il 27 maggio 1955 sull’argomento “The Meeting of Svevo ad Joyce”.
Ricoverato in ospedale pochi giorni dopo, morì il 16 giugno 1955, proprio per il Bloomsday, il giorno entrato nella storia della letteratura in cui svolge la trama dell’ Ulysses. (nota 6)
Dopo l’orazione funebre di Pierpaolo Luzzatto Fegiz il professore Stanislaus Joyce sarà sepolto al Cimitero Evangelico Di Confessione Augustana Ed Elvetica (nota 7)
(Nella foto la tomba di famiglia nel Cimitero Evangelico di via Slavich, 2).IMG_1082Le trattative di tutti gli incartamenti di James Joyce raccolti nel corso degli anni, saranno svolte da Nelly Lichtensteiger, vedova di Stanislaus, che si assicurerà così una sicurezza finanziaria per sé e il piccolo James.

Note:
1. Da una lettera di James al fratello nel settembre del 1905: “Potresti trascorrere qui soltanto un inverno […] e Trieste potrebbe anche risultarti non sgradevole”;

2. La Berlitz School, fondata da Almidano Artifoni nel 1901, si trovava al primo piano del palazzo di via San Nicolò 32 ed era composta da quattro aule.
In seguito divenne la sede storica di Zinelli & Perizzi; oggi si trovano i magazzini Zara;

3. La scuola fu istituita nel 1876 per volontà testamentaria del barone Pasquale Revoltella;

4. Nelle lettere al fratello James confidò però le sue simpatie per la causa italiana;

5. Gli venne comunque elargita una buona liquidazione;

6. “Sulle sue labbra c’era quel sorrisetto ironico che aveva ogni volta che diceva qualcosa di divertente” scrisse la moglie Nelly ricordando gli ultimi momenti di vita;
Era un tipo alto, vestito all’inglese, col frontino del berretto abbassato sugli occhi, un po’ eccentrico, ma spiritoso” scrisse di lui l’allieva Ilse Matisek;

7. Nel 1990 sarà sepolta anche la moglie Nelly Lichtensteiger.
IMG_1083Fonti:

Stanislaus Joyce, Joyce nel giardino di Svevo, MGS PRESS, Trieste, 1995
(Da un articolo del professor John McCourt, autore del saggio “Gli anni di Bloom. James Joyce a Trieste 1904-1920“)

Altre notizie e foto delle abitazioni dei fratelli Joyce su:
http://www.museojoycetrieste.it/joyce-stanislaus/
www.turismoletterario.com

Joyce in love (seconda parte)

$_57[1]Quando nel 1968 la Mondadori pubblicò Giacomo Joyce con il sottotitolo “Il racconto inedito di un suo amore triestino” fu immediatamente sollevata la questione sulla identità della misteriosa Lady che lo ispirò.
Dai labili indizi fu assodato si trattasse di una giovane allieva, figlia di una famiglia benestante residente su un colle, ma dopo la domanda iniziale sul “Chi” lei fosse, ci si pose anche quella sul “dove” lei abitasse.
Nella prima pagina del testo si trova una singolare descrizione:
L’aria invernale del castello, corazze di maglia appese, candelabri di ferro grezzo nelle curve della scala a spirale della torre.”
Quindi non si trattava di una villa ma addirittura di un castello con tanto di corazze a decoro delle pareti e se la torre richiamerebbe l’immagine dell’imponente residenza Irneri di via Bellosguardo non poteva però esistere la sua ricca collezioni di armi che fu acquistata dai de Galatti appena negli anni Sessanta. (nota 1)

Sicuramente Joyce frequentò la villa dei Popper in via Alice (oggi Don Minzoni 16) dove impartiva lezioni d’inglese alla loro giovane figlia Amalia e fu proprio Richard Ellmann, il biografo ufficiale di Joyce, a insinuare che la giovane amata da Giacomo fosse proprio lei. (nota 2)
Il fatto che la pubblicazione del testo Giacomo Joyce avvenne solo l’anno dopo la morte di Amalia Popper nel giugno del 1967 contribuì ad alimentare i dubbi sulla sua identificazione come la misteriosa Lady amata dallo scrittore.
i_029[1]A rimescolare l’interpretazione di Ellmann ci pensò nel 1982 il letterato triestino Stelio Crise (nota 3) che identificò in Anna Maria Schleimer, detta Annie, l’amore segreto di Joyce sostenendo che tra loro vi fossero stati persino dei progetti matrimoniali. In effetti all’epoca Joyce non era sposato con Nora Barnacle (nota 4) ma il loro era un legame forte, testimoniato non solo per il notevole tasso erotico delle lettere che si scambiavano, ma anche per la nascita dei figli Giorgio nel 1905 e Lucia nel 1907.
Comunque quando Annie espresse le sue intenzioni con il padre (nota 5) le lezioni del professore terminarono bruscamente provocandole una forma depressiva da cui non si riprenderà mai del tutto. (nota 6)
Qui una ventenne Annie Schmeimer in una foto di famiglia (Museo Joyce) JT-05-26-1024x657[1]

Nel 1996 il giornalista-scrittore Roberto Curci nel libro Tutto è sciolto, propose invece come possibile identificazione della misteriosa donna descritta nel Giacomo Joyce la giovane Emma Cuzzi basandosi sui seguenti indizi: il fatto che lei avesse subito un’operazione di appendicectomia (“il ferro del chirurgo è penetrato nelle sue carni e se ne è distaccato lasciandole sul ventre la cruda piaga sgraziata del suo passaggio. O Dio libidinoso!“), la certezza che lei, a differenza di Amalia Popper, andasse a cavallo e che fosse nata da un matrimonio ebraico-cattolico menzionato nel testo come “intermarriage“.
Emma[1]Sarebbe comunque da considerare il fatto che tra gli anni 1910 e 1914 molte furono le allieve del professore, notoriamente sensibile al fascino femminile e in questo contesto pure profuso di giovinezza e contornato da ricche residenze. Tra loro menzioniamo anche Maria Luzzatto Fegiz e Olivia Hannapel, entrambe ben più belle di Emma e Annie e noi vorremmo maliziosamente aggiungere anche “troppo belle” per un professore stravagante e squattrinato.Autocertificazione 2970(Nella foto una giovane Maria Luzzato)

Inoltre il fatto che nessuna delle eleganti ville dove si svolgevano le lezioni d’inglese corrispondessero alla descrizione sulla prima pagina del Giacomo Joyce contribuisce ad alimentare i molti dubbi.

“Chi” dunque fu l’amore triestino di James Joyce? Mah… Ci viene in mente una battuta di Miss Douce nelle “Sirene” dell’Ulisse:
Non far domande e non sentirai menzogne

Note:

1. Da un articolo su “Il Piccolo” del marzo 2013;
2. Da un articolo sul “Corriere della sera” del 27 febbraio 1969;
3. Durante la commemorazione del centenario dalla nascita di Joyce tenutasi nella sala del ridotto del Teatro Verdi il 1° febbraio 1982;
4. L’incontro di James e Nora avvenne nel 1904, il matrimonio nel 1931;
5. Andrea Schleimer era un ricco commerciante di spezie e agrumi (Renzo Crivelli);
6. Rimasta nubile morirà in una Casa di Riposo a Gorizia nel 1972.

Fonti:

James Joyce, Giacomo Joyce, EDB Edizioni, Milano, 2014
Renzo S. Crivelli, Una rosa per Joyce, MGS Press, Trieste, 2004
Roberto Curci, Tutto è sciolto, L’amore triestino di Giacomo Joyce, Edizioni LINT, Trieste, 1966
http://www.museojoycetrieste.it/opere/giacomo-joyce/

Popper Amalia

Cuzzi Emma