Trieste ospitò per ben 18 anni, dal 1872 al 1890, un illustre personaggio, all’epoca molto conosciuto per la sua eccentrica quanto straordinaria vita: esploratore, etnologo, traduttore ed esperto in cultura araba e africana, Sir Richard Francis Burton fu console di Sua Maestà britannica nella nostra città, dove continuò i suoi molteplici studi riportati su un’ingente mole di scritti.
Nato nel 1821 a Torquay, sulla costa della Cornovaglia, studente al Trinity College di Oxford, fu dotato di eccezionali capacità linguistiche e di spirito d’avventura.
Uomo dalle mille personalità, conoscitore di una quarantina di lingue, Burton varcò gli invalicabili confini geografici dell’Africa equatoriale e quelli inviolabili degli harem dissimulandosi tra i pellegrini mussulmani della Kaaba.
Ottenuto nel 1842 un incarico militare, soggiornò in India dove mantenne una stretta collaborazione con il Governo coloniale inglese. Qui approfondì la conoscenza dei costumi locali e particolarmente delle usanze sessuali.
In seguito soggiornò per lunghi periodi nelle terre dell’Islam assumendo il nome di Mirza Abdullah. Vestito da arabo e parlando perfettamente i vari idiomi, nel 1853 riuscì a raggiungere La Mecca.
Fortemente attratto dall’Africa decise di intraprendere assieme all’amico John Hanning Speke una delle più ardue e contestate esplorazioni dell’epoca: la ricerca delle sorgenti del Nilo e delle leggendarie “Montagne della Luna”. (1)
Nel corso dell’avventurosa e drammatica impresa iniziata da Zanzibar e svoltasi in due fasi tra il 1854 e il 1859, i due esploratori scoprirono il lago di Tanganica. La sua origine vulcanica e l’assenza di un emissario (che fu invece trovato 16 anni dopo come origine del fiume Congo) li spinse alla prosecuzione del percorso, ma per le estreme condizioni di sopravvivenza, Burton, colpito da una grave forma di malaria fu costretto a fermarsi. Speke riuscì faticosamente a continuare e quando verso nord-est scoprì l’enorme lago – che chiamò Vittoria in onore della Regina d’Inghilterra – e convinto che il Nilo ne fosse l’emissario, tracciò delle fantomatiche mappe con i monti delle presunte sorgenti e un paradossale percorso del fiume in salita per ben novanta miglia.
Burton, che in patria dovette accontentarsi di una medaglia al valore, fu seccatissimo e contesterà questa tesi sostenendo che il lago Vittoria fosse solo una delle fonti del Nilo e che la montagna delle sue risorgive dovesse ancora essere trovata. (2)
Per risolvere la scottante questione i due contendenti furono convocati alla British Association for the Advancement of Science presieduta dallo scozzese David Livingston, mitico pioniere-missionario in Africa.
Nel dibattito svoltosi il 15 settembre 1864 a Bath, Burton si presentò con le sue meticolose controteorie geografiche denunciando con efficace oratoria le assurde teorie di Speke, che dopo aver ascoltato in silenzio abbandonò l’aula sconvolto. Nella successiva seduta fu dato il drammatico annuncio della morte di John Speke avvenuta per una pallottola partita accidentalmente dal suo fucile. “I benevoli dicono che si è suicidato, i malevoli dicono che l’ho ucciso io” affermerà Burton che da allora chiuderà il lungo capitolo delle sue avventurose esplorazioni con quella febbre dell’Africa che aveva disgregato la sua salute e i suoi sogni di gloria.
Dopo un soggiorno in Nord America per studiare usi e costumi dei mormoni e dei pellerossa, Burton accettò la nomina di console britannico a Santos in Brasile e successivamente di funzionario a Damasco. Ma alle critiche dell’establishment vittoriano per i suoi costumi libertini e sessualmente ambigui, si aggiunsero quelli del governo britannico che ritenne la sua diplomazia troppo da outsider. Così Sir Burton con un poco impegnativo incarico di console fu “esiliato” a Trieste dove nel 1872 si trasferì assieme alla moglie Isabel Arundell alloggiando in un grande appartamento nei pressi della Stazione.
Qui la coppia condusse un’intensa vita sociale nel colto entourage triestino, senza disdegnare costose piacevolezze come le cene al lussuoso “Hotel de la Ville” sulle rive o al raffinato “Grand Hotel Obelisque” di Opicina.
Già in là con gli anni e poco impegnato con il lavoro al Consolato Britannico, Sir Burton si dedicò con la sua indomita passione agli studi linguistici, ai resoconti dei suoi viaggi e a numerose annotazioni su Trieste e i fenomeni carsici, sul libero porto e i rapporti con l’Impero Austro-Ungarico. Interessatosi al misterioso percorso del fiume Timavo, si immergerà più volte nelle tumultuose acque delle risorgive rischiando di rimanere assiderato.
Molto considerati furono i suoi studi sui castellieri delle nostre colline e un trattato sulle antiche Terme romane di Monfalcone, recentemente ristrutturate.
Trasferitosi nel 1883 nel bel Palazzo Economo sul colle San Vito (in Largo Promontorio), il nostro poliedrico ospite portò a termine la traduzione del libro Le Mille e una notte, iniziato vent’anni prima, del mitico Kama Sutra, L’Arte indù dell’amore e lo scandaloso manuale di erotologia araba Il Giardino Profumato.
Le traduzioni integrali dei testi con un notevole apparato di note, creeranno a Burton degli infiniti problemi di censura, talvolta aggirati con il ricorso a case editrici fasulle o quantomeno esterne all’Inghilterra. Gli ultimi anni della sua esistenza saranno amareggiati da queste contestazioni da lui ritenute ottuse e dalla sua salute pesantemente compromessa da una serie di operazioni per asportare masse tumorali.
Assistito nell’agonia dalla devota e cattolicissima moglie Isabel con cui divise un legame intenso e morboso, Sir Richard Francis Burton morì all’alba del 20 ottobre 1890.
Durante il suo solenne funerale l’amico Attilio Hortis pronunciò un discorso pieno di riconoscenza e commozione invitando Trieste a esporre le bandiere a mezz’asta.
Non fu altrettanto partecipata la cerimonia in memoriam svoltasi alcune settimane dopo a Londra che pur avendo seguito le imprese del suo illustre concittadino, non gli perdonò la vita amorale e quell’ossessione della sessualità carnale e promiscua. La stessa moglie che subì in silenzio i tratti perversi della sua complessa personalità bruciò moltissimi dei suoi scritti fra cui l’ultima traduzione del The Scented Garden che assieme al Kama Sutra ebbero sempre la fama di testi pornografici. (3)
NOTE:
(1) Sull’impresa di Burton e Speke nel 1990 fu girato il film “Le montagne della luna” di Bob Rafelson.
(2) La ricerca delle sorgenti del Nilo continuerà a essere discussa negli anni a venire. Le piene del fiume si verificano infatti nel corso della primavera e dell’estate mentre la stagione delle piogge ingrossa i laghi Vittoria e Tanganica durante l’autunno e l’inverno. Le “Montagne della luna” quelle falsificate sulle mappe di Speke, saranno individuate nel 1934 sull’altopiano del Burundi (a 45 km. dal Tanganica) da Burckart Valdecker. (fonte Wikipedia)
(3) “E mentre farisei e filistei possono o possono fingere di restare scioccati e inorriditi dalle mie pagine, il sano buon senso di un pubblico che lentamente ma sicuramente si sta emancipando dalle pudibonde e pruriginose reticenze e dalle impudenti e immorali modestie della prima metà del XIX secolo, in breve tempo mi renderà, ne sono convinto, piena e ampia giustizia.”
(R. F. Burton, Love, War ad Fancy)
Le notizie sono state tratte dal libro di Corinna Valentini, “L’esilio del Leone”, MGS PRESS, 1998)