Quando il ricco mercante maltese Giuseppe Ellul Germain acquistò nel 1836 il Giardino del Capitano, l’edificio settecentesco all’interno dell’area fu ristrutturato e in seguito sopraelevato di un secondo piano. Divenuta per opera di Giovanni Battista de Puppi un’elegante residenza neoclassica, nel 1883 venne adibita a Convitto Diocesano ma dopo trent’anni fu acquistata dal Comune con l’annesso giardino.
Eseguite alcune modifiche, il 21 aprile 1925 venne finalmente inaugurata la nuova sede del Civico Museo di Storia e Arte dove trovarono uno spazio idoneo tutte le collezioni archeologiche e storico-artistiche conservate fino allora nei ristretti ambienti di Palazzo Biserini (nell’attuale piazza Hortis) e comprendenti materiali preistorici, protostorici e romani e una notevole serie di reperti egizi, ciprioti, greci, etruschi e maya.
Solo dopo i lunghi e difficili lavori svolti sul colle di San Giusto negli anni Novanta e organizzati i nuovi assetti interni del Civico Museo tra il 2000 e il 2004 fu possibile accedere ai suoi due piani e ai depositi archeologici fino allora riservati ai soli studiosi.
Al pianoterra sono esposti quasi un migliaio di pezzi che giunsero nell’Ottocento nel corso dell’intenso traffico mercantile del porto triestino. Nelle due nuove sale – finanziate dalla famiglia Costantinides – si trovano i sarcofagi egizi e materiali greco-romani, copti e arabi che completano il panorama sull’antica civiltà dei faraoni. Accanto al sarcofago in granito rosa di Assuan (detto Panfili dal nome della famiglia che lo donò al Museo nel 1950) e a quello in pietra bianca di forma antropoide, spicca il sarcofago in legno stuccato e dipinto di Pa-di-Amon, vissuto a Tebe durante la XXI dinastia (1075-945 a.C.). Curiosamente all’interno non si trova più la mummia del sacerdote ma quella di un corpo femminile in parte manomesso nel bendaggio ma in eccezionale stato di conservazione e databile in un periodo compreso tra il 950 e il 663 a.C. In una saletta climatizzata e di suggestivo allestimento si trova lo splendido sarcofago di Pa-sen-en-Hor, portatore d’incenso nel tempio di Amon e vissuto tra il 1075-945 a.C. Il corpo mummificato e rimasto intatto nelle bendature giace nell’avello originale, completo di involucro in cartonnage, con il legno stuccato e magnificamente dipinto e la scrittura in caratteri geroglifici della richiesta di offerte rivolta agli dei.
Le collezioni egizie comprendono 4 vasi canopi d’alabastro (contenenti i visceri del defunto prima dell’imbalsamazione), quattro fogli di papiro appartenenti al Libro dei Morti, stele funerarie in omaggio al dio Osiride, un pyramidion in pietra, amuleti e statuine in bronzo raffiguranti le Divinità egizie.
Nella terza sala sono esposti reperti successivi all’era dei faraoni appartenuti a greci e romani che si stabilirono lungo le rive del Nilo. Di particolare bellezza il pettorale di una mummia inquadrabile nel periodo Tolemaico (III-I secolo a.C.) provenente da Tebe e alcune figure di terracotta di arte ellenistica che tuttavia preservano le stesse divinità egiziane mutandone il nome.
Di grande interesse sono anche le raccolte con il simbolo della croce che testimoniano la diffusione del Cristianesimo tra il IV e VI secolo d.C., una stola ricamata su lino proveniente dalla necropoli di Assuan, e le ceramiche islamiche risalenti al XII-XIV secolo rinvenute presso Il Cairo.
Il primo piano è dedicato alla Preistoria e Protostoria locale, alla ceramica greca e a quella Maya da El Salvador. Il percorso si snoda tra i reperti preistorici risalenti al 3000-2000 a.C. rinvenuti nelle grotte del Carso, i primi strumenti in pietra e osso del periodo Paleolitico (di 80-35000 anni fa) e quelli più evoluti forgiati in seguito all’ultima glaciazione datata tra l’8000 e il 5000 a.C. e definita era Mesolitica. Quella Neolitica (5-3000 a.C.) ed Eneolitica (3-2000 a.C.) attestano il progressivo passaggio all’economia produttiva, incentrata sulla coltivazione e l’allevamento del bestiame. Nella sezione della Protostoria definita anche del bronzo e del ferro compresa dal millennio fino alla romanizzazione tra il II e I° secolo a.C., i materiali rinvenuti sia nei castellieri (tipici centri fortificati insediati sulle alture) che nelle necropoli del Carso, hanno permesso di apprendere la cronologia, la descrizione dei luoghi e i contesti di provenienza.
Di grande interesse è l’esposizione dei corredi della necropoli di San Servolo (oggi sul confine est della Slovenia) che comprendono resti di tombe preromane e romane dalla seconda metà del I° secolo a:C. fino al I° d.C.: resti di cremazioni, accessori in argento, bronzo, ferro, oggetti di cosmesi e una grande quantità di utensili in vari materiali. Ricca di reperti è la sala dedicata allo straordinario sito di Santa Lucia di Tolmino (oggi in terra slovena) che ha restituito più di 7000 tombe a incinerazione e ricchissime di corredi funerari, databili tra il VIII e il IV secolo a.C.
Nelle altre Sale del Museo di storia e Arte sono esposte immense collezioni di vasi ciprioti, ceramiche corinzie, magnogreche, etrusche e i 2000 reperti provenienti dagli scavi di Taranto (parte dei quali donati nel 1886 da Giuseppe Sartorio) e acquistati dal Comune di Trieste dal mercante Vito Panzera. Splendido il rhyton (boccale per libagioni) in argento sbalzato e dorato e raffigurante la testa di un giovane cerbiatto e una scena mitologica, databile tra la fine del V secolo e gli inizi del IV, attribuibile a una bottega attiva nelle colonie greche sulla costa del Mar Nero.
(Marzia Vidulli Torlo, Il Civico Museo di Storia e Arte, Rotary Club Trieste)