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L’ultimo soggiorno di Carlotta a Miramare

Tra tutti i personaggi della Trieste di un tempo e particolarmente tra quelli della dinastia degli Asburgo, la principessa reale Marie Charlotte de Saxa-Coburgo-Gotha ha sempre avuto un ruolo marginale e comunque avvolto dall’ingenerosa fama della sua pazzia. Eppure la sua storia tormentata presenta degli aspetti controversi e più intriganti rispetto alla cognata Sissi, la celebratissima Elisabeth von Wittelbach, moglie del potente Francesco d’Asburgo-Lorena.
Se l’avventurosa vita di Massimiliano e le drammatiche vicende messicane sono state documentate e riportate in una bibliografia planetaria si trovano poche notizie su quelle vissute da Carlotta che pur condivise con lui dieci lunghi anni di storia.
Ma i gravissimi fatti accaduti, l’allontanamento forzato dal marito a cui è certo fosse legata da un grande affetto, la comprensibile delusione di un Impero per sempre perduto sarebbero sufficienti a scatenare la follia o avvenne qualcos’altro di ancora più drammatico della cinica indifferenza della corte asburgica, francese, spagnola e vaticana? E se pure la situazione fosse stata, come effettivamente è stata, così perversamente ostile alla nobile coppia da indurre Carlotta a un grave crollo di nervi, è credibile che non avesse potuto risollevarsi riacquistando il senso della realtà?
Addentrandoci nello specifico argomento si sono trovate diverse e come vedremo discutibili notizie sull’esordio della malattia ma quasi nulla su quanto veramente avvenne nei 10 mesi di reclusione al Gartenhaus di Miramare.Così alla Biblioteca di Storia e Arte ho trovato gli interessanti articoli che lo storico Oscar de Incontrera scrisse per la rivista La Porta Orientale (Anno VII, numeri 5 e 6 di maggio-giugno 1937) dal titolo:
L’ultimo soggiorno dell’Imperatrice Carlotta a Miramare secondo documenti inediti
Le sue pazienti ricerche sulle corrispondenze del Consolato di Spagna a Trieste, il Ministero degli Esteri di Madrid e sulle relazioni dei medici inviati sia da Massimiliano che dalla Corte del Belgio inducono a riflettere sugli inquietanti indizi raccolti dai personaggi vissuti ai tempi in cui si svolse il dramma di Carlotta.

Il lungo racconto è stato compreso in una serie di articoli che qui elenchiamo in ordine cronologico per una lettura più agevole:

– La cronologia https://quitrieste.it/carlotta-del-belgio-cronologia/  (18 gennaio)

– Le documentazioni https://quitrieste.it/lultimo-soggiorno-a-miramare-di-carlotta-del-belgio/  (23 gennaio)

– L’antefatto e il viaggio allo Yucatan https://quitrieste.it/carlotta-imperatrice-del-messico/   (27 gennaio)

– Il ritorno di Carlotta a Miramare: i fatti (Ia parte) https://quitrieste.it/il-ritorno-di-carlotta-a-miramare/  (4 febbraio)

– Carlotta a Miramare: i fatti (IIa parte) https://quitrieste.it/carlotta-a-miramare/ (10 febbraio)

– Massimiliano e Carlotta: l’epilogo https://quitrieste.it/massimiliano-e-carlotta/ (14 febbraio)

– Il testamento di Massimiliano d’Asburgo https://quitrieste.it/il-testamento-di-massimiliano-dasburgo/ (20 febbraio)

– L’addio di Massimiliano a Trieste https://quitrieste.it/laddio-di-massimiliano-a-trieste/ (22 febbraio)

Gabriella Amstici

Massimiliano e Carlotta

L’epilogo.

Il 31 luglio 1867 l’Imperatrice giunse al Castello reale di Laeken, dov’era nata e vissuta fino al giorno del matrimonio per raggiungere pochi giorni dopo il palazzo di Tervueren.

Nel frattempo la salma di Massimiliano, rimasta in Messico fino il novembre del 1867, dopo lunghe trattative che assunsero tutto l’aspetto di un ignobile ricatto, fu imbarcata sulla fregata “Novara” al comando di Guglielmo de Tegetthoff .
Partita il giorno 26 assieme alle fregate “Adria”, “Radetzky” “Schwarzenberg” e alla cannoniera “Velebit”, giunse a Trieste alle ore 18 del 15 gennaio 1868 fra una fitta nebbia.
Il giorno dopo al suono di 21 colpi di cannone cui risposero le batterie di tutte le navi nel porto, il feretro coperto da un drappo di velluto nero con sopra la corona imperiale messicana e una croce in metallo venne issato sul catafalco di un carro funebre trainato da 6 cavalli neri delle scuderie imperiali.
Al suono delle campane di tutta la città con al seguito le truppe di mare e di terra, il vicepodestà con il Consiglio della città, gli Arciduchi d’Asburgo con le autorità civili e militari della Corte di Miramare, i rappresentanti del re Vittorio Emanuele, il mesto corteo salutato da un’enorme folla, attraversò il centro di Trieste per raggiungere il treno speciale verso Vienna.
Massimiliano venne tumulato il 18 gennaio nella cripta di Ferdinando I nella chiesa dei Capuccini con la ghirlanda d’alloro di Francesco Giuseppe e la scritta:
“Al valoroso eroe, al vero cristiano, all’indimenticabile fratello”.

Carlotta rimase al castello di Tervueren fino al 3 marzo 1879, quando un violento incendio lo distrusse. Solamente a gennaio del 1868 venne informata dalla regina Maria Enrichetta  della sorte di Massimiliano, notizia che almeno nei primi tempi ebbe per lei un effetto benefico.

Il fratello Leopoldo II acquistò così per lei il castello di Bouchout collocato tra Laeken e Bruxelles. In questo maniero in stile gotico circondato da un parco lussureggiante, da ruscelli e alberi secolari  l’Imperatrice Carlotta riuscì a trovare una sua pace. Tra passeggiate e letture invecchiò con i suoi mille ricordi: “Si sale, si sale e si sparisce dietro alle torri” le piaceva dire, senza dimenticare l’uomo con cui aveva diviso un tempo la gloria e l’amore: “Egli era così buono il mio Max! Tutti l’amavano tanto!”

L’unico referto medico rimasto nella storia fu pubblicato nella “Gazette” di Bruxelles il 20 gennaio 1927 e parlava di segni di una demenza senile sopraggiunta a quella precoce che alternava stati di agitazione, di incessante e incoerente loquacità, alternati a quelli di mutismo e apatia.
Dopo un indebolimento generale, una paralisi alle gambe, un’improvvisa polmonite e un’agonia di 28 ore, Carlotta morì alle sette del mattino del 19 gennaio 1927.

La sua bara accompagnata tra una fitta nevicata dai Reali del Belgio, dai principi Orleéans e Bonaparte, fu tumulata nella cripta reale della chiesa di Notre Dame di Laeken accanto ai sarcofagi dei genitori Re Leopoldo I e Regina Luisa d’Orléans.

(Foto: Stampa dello sbarco delle navi con le spoglie mortali di Massimilano – il castello di Bouchout in Belgio – Foto d’epoca del funerale di Carlotta)

Note aggiuntive

Giovanni de Incontrera, nonno di Oscar, autore delle notizie qui riportate, entrò a servizio di Rodolfo d’Asburgo e dopo la tragedia di Mayerling a quello dell’Imperatrice Elisabetta fino alla sua morte nel 1898. Morì a Trieste nel 1910.
Domenico Aramic, l’ultimo servitore di Massimiliano, rimase come guardiano al Castello di Miramare fino al 1927.
Antonio Grill partito dal Messico con la moglie Elisa Pertot pochi giorni prima che la fregata Novara con le spoglie dell’imperatore partisse da Veracruz per Trieste, fu nominato fu nominato dall’Imperatore Francesco Giuseppe custode del castello di Miramare, passato nel frattempo tra i beni della corona, con l’incarico di provvedere alla pulitura e sistemazione degli ambienti che non erano stati ancora ultimati. Con il decreto del 10 settembre 1972 fu elevato poi a Ispettore alle mense imperiali ed adibito al servizio dell’Imperatrice Elisabetta alla corte di Vienna abbandonando così per sempre il castello. Morì il 25 dicembre 1902 e fu sepolto a Sant’Anna. La moglie Elisa assieme a Ludmilla, figlia di suo fratello Antonio Pertot, si stabili a Trieste nella casa natale di Barcola portando con sé in ricordo un album di fotografie della famiglia imperiale.

Dopo lo scoppio della grande guerra , Francesco Giuseppe convocò a Miramare una commissione di esperti con l’incarico di salvare quanto fosse possibile. Il 24 novembre 1915 vennero così spediti su un treno speciale mobili, quadri, preziose suppellettili e la biblioteca di Massimiliano.
Tutto l’inventario datato 29 novembre 1915 e firmato dal Soprintendente di Corte servì quando nel 1924 il castello passò al Demanio Italiano e il nostro Governo reclamò all’Austria la restituzione di ogni cosa.
A Miramare rimasero gli atti della costruzione del castello con una ricca documentazione fotografica mentre gli atti amministrativi fino al 1918 vennero conservati nell’Archivio di Stato. L’archivio politico e privato di Massimiliano d’Asburgo, compreso quello messicano, spedito all’inizio dell’anno 1867 furono archiviati nella conservatoria di Vienna.

Fonte: Oscar de Incontrera, L’ultimo soggiorno dell’Imperatrice Carlotta a Miramare secondo document inediti, estratto dalla rivista “La Porta Orientale” maggio-giugno 1937 conservato ai Civici Musei Storia e Arte di palazzo Gopcevich.

L’ultimo soggiorno a Miramare di Carlotta del Belgio

Documentazioni

Dopo lunghe ricerche presso il Regio Consolato di Spagna a Trieste Oscar de Incontrera trovò l’ interessante carteggio di Gaetano J. Merlato (1) che dal 1838 fu cancelliere del console don Sebastiano Vilar, viceconsole di don Adolfo Guillemard de Aragòn negli anni 1857-1865 e successivamente di don Joaquin Garcìa Miranda, console dal 1865 al 1868 e poi trasferitosi nello Stato Pontificio.
Per le documentazioni che riguardano l’ultimo soggiorno dell’Imperatrice Carlotta a Miramare  e stilate in seguito da Garcìa Miranda, il Merlato si avvalse anche dalle relazioni con personaggi dell’entourage dell’Imperatrice fra cui alcuni dei delegati che nel 1864 offrirono a Massimiliano d’Asburgo la corona del Messico (2).
Su alcuni fatti che effettivamente avvennero durante i 10 mesi di segregazione di Carlotta a Miramare, Oscar de Incontrera riporta pure alcune notizie tramandate in famiglia dal nonno Giovanni, chef de cuisine alle dipendenze di Massimiliano d’Asburgo e che fu accanto a Carlotta nel suo drammatico viaggio da Veracruz, diventando quindi uno dei testimoni del suo ultimo soggiorno triestino prima della sua partenza per il Belgio.
Saranno via via riportati gli altri documenti ufficiali sui quali Oscar de Incontrera cercherà di analizzare i motivi che hanno spezzato la mente di una così giovane sovrana, fino allora apprezzata per la vivace intelligenza, la finezza della sua cultura, la passione per le letture con una grande versatilità nelle lingue e una sorprendente manualità artistica.

Note:

(1) Gaetano Merlato, nato a Trieste il 3/2/1807, dopo aver soggiornato a Venezia (dove si diplomò all’Accademia di Belle Arti) e Milano, ritornò nella città natale ricoprendo inizialmente il ruolo di segretario- bibliotecario di a Domenico Rossetti (1774 – 1842). Successivamente si dedicò alla carriera diplomatica e per la sua profonda conoscenza della lingua spagnola fu anche interprete giurato presso il Tribunale di Trieste. Nel 1840 si sposò con Lucia Kandler, sorella di Pietro, da cui ebbe due figli.
In memoria del cognato lo storico-archeologo Pietro Kandler (Trieste 1805 – 1872) scrisse un testo sulla  sua vita e il grande operato prima di spegnersi il 31 dicembre 1873.
(Da B.M. Favetta, Famiglie triestine nella vita della città, Atti dei civici musei di storia e arte, Trieste, 1975).

(2) La cerimonia di consegna della corona del Messico a Massimiliano si svolse il 3 ottobre 1863 nella camera da letto della coppia arciducale, situata al piano terra del Castello: a quella data, infatti, il primo piano di rappresentanza non era ancora terminato.
È lo stesso Massimiliano che, dalle pagine del suo diario del 1863, ci informa che il pittore “triestino” Cesare Dell’Acqua è giunto da Bruxelles per assistere alla cerimonia. In realtà, il pittore avrebbe dipinto la tela anni dopo nel suo atelier di Bruxelles, portando quasi certamente con sé una fotografia degli astanti, data la fedeltà al vero che traspare dai singoli volti dei personaggi rappresentati. Oltre al futuro imperatore Massimiliano, raffigurato davanti al tavolino in scagliola nera donato da Pio IX alla coppia arciducale e attualmente esposto nella sala dei regnanti, nel dipinto sono ritratti, da sinistra a destra, Josè Maria Gutierrez de Estrada che tiene in mano il documento di nomina a imperatore, padre Francisco Javier Miranda, Joachim Velasquez de Léon, Ignazio Aguilar y Marocho, Josè Manuel Hidalgo, Adrian Woll, Conde de Valle, Antonio Arango y Escandon, Angel Iglesias y Dominguez, Josè Maria Landa.
L’opera assume grande importanza per il suo valore documentario.Quadro di Cesare dell’Acqua dall’archivio dei Musei di Storia e Arte

I tormenti di Carlotta del Belgio

Figlia del re del Belgio Leopoldo di Sassonia-Coburgo, la principessa Charlotte nasce a Laeken il 7 giugno 1840 e vive un’infanzia felice fino ai 10 anni. Dopo la prematura scomparsa della madre Luisa d’Orléans subisce passivamente l’influenza religiosa e severa dei suoi educatori che le infonderanno un opprimente senso del dovere in aggiunta a quello già imposto dal titolo nobiliare.
Quando nel luglio 1857 sposa a soli 17 anni l’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, il biondo e affascinante fratello dell’Imperatore Francesco Giuseppe, ella non si aspetta che uno splendido avvenire tra la corte austriaca e l’amatissima Italia.
Dopo il provvisorio alloggiamento al Gartenhaus, il castelletto nel parco di Miramare, i giovani sposi si trasferiranno nel bianco, incantevole castello sul mare. Ma proprio tra quelle sfarzose stanze l’arciduchessa vivrà i suoi primi tormenti in attesa dell’irrequieto marito sempre alla ricerca di interessanti progetti fra Vienna e Trieste. Dopo soli tre anni di matrimonio la giovane Carlotta s’incupisce e abbandona il letto nuziale per motivi mai chiariti ma che hanno alimentato una serie di sospetti e illazioni sul comportamento libertino di Massimiliano. Certo è che non furono mai esternate critiche o lamentele, anzi, la nobile coppia dichiarò sempre il reciproco affetto anche nel corso delle loro tragiche vicende. Così quando all’arciduca verrà proposta la corona del Messico, affronteranno apparentemente uniti l’ambizioso progetto dedicandovi tutte le loro giovani energie.
Ma nessuno sarebbe mai riuscito a portare a buon fine quell’insensato compito che incombeva su Massimiliano, inadatto al comando eppur designato Imperatore in uno stato sconvolto dalle insanguinate guerriglie interne. Quando l’imperatore di Francia Napoleone III per scongiurare il pericolo di una guerra con gli Stati Uniti, ritirerà le sue truppe dal Messico, la sorte del giovane sovrano è ormai segnata.
Dopo essersi data anima e corpo alla causa di quell’assurdo impero oltreoceano, la povera Carlotta tenterà di chiedere un estremo aiuto alle corti d’Europa. Dopo un torrido viaggio da Veracruz a Parigi e l’umiliante rifiuto di Napoleone III, il 25 settembre 1866 giunge a Roma febbricitante e piena d’angoscia. Dopo essersi prostrata ai piedi di papa Pio IX supplicando l’intercessione con l’imperatore di Francia e ricevuto l’irremovibile diniego, sfinita e disperata esploderà nella prima grave crisi nervosa. Dopo una terribile notte in Vaticano trascorsa in stato di grande agitazione, il 9 ottobre 1866 farà ritorno a Miramare con la mente ormai sconvolta. Inizia a rifiutare il cibo ritenendolo avvelenato, ha crisi di riso convulso, vede gli spettri dei Cavalieri dell’Apocalisse (ricordo del pauroso disegno del Dürer riprodotto in varie edizioni a casa del padre a Laeken), abbandona i suoi svaghi prediletti, percorre turbata e confusa le stanze del castello, corre nei viali del parco o sul moletto della sfinge aspettando l’arrivo del suo Max. Condotta al Gartenhaus (la prima residenza dei giovani sposi) viene rinchiusa in assoluto isolamento tra porte e finestre sbarrate. Per volere dell’imperatore Francesco Giuseppe tutta la corte di Miramare viene sciolta e collocata altrove.
La giovane sovrana sprofondò così in un lento, progressivo deterioramento che appassì il suo ancora giovane corpo reso probabilmente sterile da una malattia contratta da Massimiliano nei primi anni di matrimonio, quando furono evidenti i suoi comportamenti libertini. Con il tempo le crisi di Carlotta tuttavia si attenuarono concedendole dei momenti di lucidità in cui riemergevano le passioni dei tempi felici.
Dopo quei tristissimi mesi di prigionia, ai primi di giugno del 1867 il giornale “L’Osservatore Triestino” riporta due gravissimi fatti: la condanna a morte di Massimiliano e il suicidio di Amalia Stöger, la 33enne moglie separata del tappezziere di Corte e dama di compagnia di Carlotta, impiccatasi in una stanza del castello con 8 giri di laccio intorno al collo. Immediatamente circolarono voci sul suo folle amore verso Massimiliano e il ritrovamento di alcune lettere da lui stesso inviate ne dimostrerebbero la corresponsione. Ancora più inquietante fu l’ipotesi che la Stöger fosse tormentata dai rimorsi per aver somministrato all’imperatrice un veleno che minò la sua ragione. Comunque dopo questo terribile fatto alcuni medici che cercavano di curare la malattia di Carlotta, presero in considerazione l’ipotesi di un possibile avvelenamento avvenuto prima della sua partenza dal Messico. Fu menzionato il “toloache” o “toloatzin” (datura stramonium) oppure il terribile “veleno dei Vaudoux”, una particolare droga del tutto insapore capace di disgregare progressivamente la psiche. Le crisi d’angoscia alternate a uno spasmodico bisogno di solitudine, il rifiuto del cibo e l’ossessione dell’avvelenamento, tutti sintomi manifestati da Carlotta, erano infatti le conseguenze di quella sostanza estremamente tossica. La tesi dell’avvelenamento fu sostenuta dall’illustre neurologo dott. Bolkens, inviato a Miramare dal re Leopoldo II, e dal medico austriaco Riedel, come risulta da un rapporto firmato da Joaquin Garcia Miranda conservato a Madrid e nell’archivio del Consolato di Spagna a Trieste.
Del resto non mancherebbero le supposizioni per spiegare l’inumano trattamento riservato all’infelice imperatrice, forse destinata a essere allontanata dall’abulico e irresoluto Massimiliano per aver intuito le cospirazioni ordite (e forse pagate) dal governo degli Stati Uniti. Meno attendibili sarebbero invece le implicazioni di natura sentimentale, indubbio diversivo del ricco arciduca, e la presunta gravidanza segreta di Carlotta la cui diagnosticata sterilità fu semmai una delle sue afflizioni.
Le notizie del pietoso stato della povera imperatrice giunsero comunque alla famiglia reale di Bruxelles solo dopo la fucilazione di Massimiliano. Sarà però necessario l’intervento di Francesco Giuseppe per ottenere l’autorizzazione a ricondurla al castello di Laeken dov’era nata e vissuta fino al giorno del suo sventurato matrimonio. Partita da Miramare il 29 luglio 1867, Carlotta non vi farà più ritorno. Solamente nel gennaio1868 verrà informata della morte del marito ma dopo un’inaspettata reazione benefica ripiomberà nella demenza.
Il 31 marzo 1879 un nuovo fatto sconvolge la famiglia reale belga: un terribile incendio avvolge le stanze del castello di Tervueren proprio durante un soggiorno della trentanovenne imperatrice. Fu la regina Marie-Enrichette a soccorrere la sorella riportandola nuovamente a Laeken. Qui rimarrà fino all’ultimazione del castello di Bouchout (tra Bruxelles e Laeken) che il fratello Leopoldo II aveva acquistato per lei.
In questa severa fortezza tardo-gotica, rinchiusa da altissime mura e circondata dall’acqua, la nostra Carlotta trascorrerà in solitudine il resto della sua lunga vita, trovando una certa tranquillità tra le letture, il riordino dei documenti portati dal Messico e le passeggiate nel parco. “Egli era così buono il mio Max! Tutti l’amano tanto…” ripeterà spesso ad alta voce. Ma si potrebbe supporre anche la consapevole rassegnazione al suo destino quando talvolta avvertirà i suoi interlocutori: “Non fate attenzione, signore, se si sragiona… Un grande matrimonio, signore, e poi la follia. Ma la follia è fatta dagli avvenimenti…”.

Alle 7 del mattino del 19 gennaio 1927, dopo un indebolimento generale, una paralisi alle gambe e un’agonia di 28 ore, Carlotta raggiungerà finalmente la sua pace.
Il 22 gennaio la sua bara bianca circondata dai fiori attraverserà le tristi brume coperte dai fiocchi di neve per essere tumulata nella cripta reale di Notre-Dame di Laeken.

(Oscar de Incontrera “L’ultimo soggiorno dell’Imperatrice Carlotta a Miramare” 1937, Biblioteca di Storia e Arte, Palazzo Gopcevich, Trieste) 

 

E’ in preparazione un articolo più dettagliato di cui si forniscono le documentazioni  

Dopo lunghe ricerche presso il Regio Consolato di Spagna a Trieste Oscar de Incontrera trovò l’ interessante carteggio di Gaetano J. Merlato (nota 1) (Trieste 1807 – 1873) bibliotecario-segretario di Domenico Rossetti (1774 – 1842), dal 1838 cancelliere del console don Sebastiano Vilar, viceconsole di don Adolfo Guillemard de Aragòn negli anni 1857-1865 e successivamente  di don Joaquin Garcìa Miranda che fu console dal 1865 al 1868 per poi trasferirsi nello Stato Pontificio.

Per le documentazioni che riguardano l’ultimo soggiorno dell’Imperatrice Carlotta e stilate poi da Garcìa Miranda, il Merlato si avvalse anche dalle relazioni con personaggi dell’entourage dell’Imperatrice fra cui alcuni dei delegati che nel 1864 offrirono a Massimiliano d’Asburgo la corona del Messico.

Su alcuni fatti che effettivamente avvennero durante i 10 mesi di segregazione di Carlotta a Miramare, Oscar de Incontrera si avvalse anche dalle notizie riportate in famiglia dal nonno Giovanni, chef de cuisine alle dipendenze di Massimiliano d’Asburgo e che seguì Carlotta nel suo drammatico viaggio da Veracruz, divenendo uno dei testimoni del suo ultimo soggiorno triestino fino alla sua partenza per il Belgio.

Già dopo l’inutile inutile colloquio a Parigi con Napoleone III e il momentaneo ritorno di Carlotta a Miramare sfinita dalla stanchezza, il viceconsole Merlato comprese la gravità della situazione e convinse il console Garcìa Miranda, giunto a Trieste da soli 4 mesi, a riferire i fatti alla Regina di Spagna. Isabella II però ritenne di non dare alcun incarico al consolato limitandosi a ringraziare per gli accurati i rapporti che le erano pervenuti.

 

Ma questi fatti pur gravissimi sommati all’allontanamento forzato dal marito a cui è certo fosse legata da un grande affetto e poi da uno struggente rimpianto in aggiunta alla comprensibile delusione di un Impero per sempre perduto, potrebbero essere sufficienti a ritenere davvero pazza la sfortunata regnante, o avvenne qualcos’altro di ancora più drammatico della cinica indifferenza della corte asburgica, francese, spagnola e vaticana? E se pure la situazione fosse stata, come effettivamente è stata, così perversamente ostile alla nobile coppia da indurre Carlotta a un grave crollo di nervi, è credibile che non avesse potuto riprendersi recuperando il senso della realtà? Se esistono diverse e come vedremo discutibili notizie sull’esordio della malattia nulla invece fu riferito di quanto veramente avvenne nei 10 mesi di reclusione al Gartenhaus se non illazioni e pettegolezzi, ritenendo quindi che le pazienti ricerche di Oscar de Incontrera sulle relazioni del consolato spagnolo e dei medici inviati da Massimiliano stesso inducano a riflettere su alcuni inquietanti indizi.