Archivio tag: Eleonora Duse

L’Hotel de la Ville

Litografia da un disegno di M. Moro del 1854img643
Oltre al nuovo nome l’Hotel mutò anche nell’aspetto: sulla facciata principale vennero postati dei bassorilievi, fu tolta la pesante tettoia dell’ingresso per permettere la sosta dei nuovi Omnibus diretti in Stazione e nel 1884 fu installato all’interno un ascensore “Stieger” che trasportava sino a 4 clienti per volta.

Foto CMSA anno 1880 img609Un menù del 1887img610

Nella foto CMSA 1895 la Riva allargata con il tram a cavalliimg706

Nel 1901 tutti i locali vennero rinnovati e 9 anni dopo fu introdotto il riscaldamento centrale.

Sul fronte mare scomparvero il bagno galleggiante Maria, attivo dal 1858 al 1911, e le barche a disposizione dei clienti, via via sostituite con i primi motoscafi che nel 1932 troveranno una collocazione nel vicino Idroscalo.

Al Grand Hotel sostarono illustri personaggi delle Case Regnanti, del Governo, l’èlite del commercio, dell’industria, della finanza, famosi musicisti e attori. Rimase nelle cronache di città il soggiorno del 1902 di Eleonora Duse, impegnata con le recite al teatro Verdi, e di Gabriele D’Annunzio che vennero festeggiati con un sontuoso banchetto di artisti organizzato da Attilio Hortis, Riccardo Pitteri e Giulio Caprin seguito da un discorso del Vate riportato entusiasticamente da “Il Piccolo”.

Nel 1913, tra una folla incredibilmente entusiasta, sul lato sinistro della facciata dell’Hotel fu posta una lapide commemorativa per il centenario della nascita di Giuseppe Verdi, che qui soggiornò nel 1850 presentando per la prima volta la sua opera “Stiffelio”.
Temendo subbugli l’avvenimento fu presidiato dalla polizia che infatti eseguì degli arresti ma non riuscì a evitare le grida di “Viva Verdi” le cui lettere, come riporta la storia cittadina, inneggiavano a Vittorio Emanuele Re d’ Italia.biancoenero

Dopo gli anni di guerra e la requisizione militare l’albergo venne completamente revisionato nei sistemi idrico-sanitari e di ventilazione aggiungendo alle camere, riarredate con mobili nuovi e carte da parati assortite, antibagni, spogliatoi, armadi a muro e apparecchi telefonici; gli ascensori furono restaurati con l’aggiunta di montacarichi su tutti i piani.
Nell’ammezzato, ma con un ingresso indipendente dall’albergo, fu allestito un raffinatissimo ristorante aperto al pubblico come il Caffè – Sala da thè predisposto sul lato di via Mazzini.

Nella foto C. Wernigg 1935 img613
Passato in proprietà dell’ Unione Austriaca di Navigazione ancora nel 1911, l’edificio venne ristrutturato nel 1932 e ancora nel 1955 rimanendo in attività sino al 1975.

Foto del 1955img614
Dopo ulteriori modifiche, lo storico albergo dal 1985 al 2004 fu acquisito dalla Banca Popolare per passare poi alla direzione della Fincantieri.

Notizie tratte da: Silvio Rutteri, l’Hotel de la Ville a Trieste, Arti grafiche Smolars, Trieste, 1955

Cronache storiche di Trieste

Giacomo Casanova (Venezia 1725 – Dux 1798) giunto a Trieste il 15 novembre 1772 dopo una lunga e avventurosa permanenza in Polonia, pernottò una stanza nella Locanda Grande di Trieste.
Preso subito contatto con le cortigiane e i cicisbei del bel mondo cittadino, lo sfrontato cavaliere veneziano ricevette però il rifiuto alle sue avances da una bellissima giovane di nome Zanetta. Ormai 47enne, il Casanova dovette accontentarsi di una contadinella goriziana senza però rinunciare, da buon avventuriero, a ingraziarsi le autorità locali con ogni sorta di traffici e sotterfugi.
Nell’attesa della grazia da parte del Consiglio dei Dieci di Venezia dopo la sua avventurosa fuga dai Piombi, era costretto a scrivere indefessamente cercando di procurarsi del denaro con cui vivere. Ma la grazia non giunse affatto e nell’autunno del 1774 abbandonò Trieste continuando la sua odissea esistenziale fino alla morte.
(Rivista La Bora, Trieste, 1978)

 

Napoleone Bonaparte (Ajaccio 1769 – Isola di Sant’Elena 1821) ventottenne e già generale del Corpo d’armata fu di passaggio a Trieste il 29 e 30 aprile 1797.
Dallo storico balcone di palazzo Brigido (attualmente in via Pozzo del Mare, 1) affacciato su Piazza Grande (oggi dell’Unità) assistette a un’improvvisata parata militare in suo onore con un terribile mal di denti.
Già di pessimo umore si offese moltissimo quando ricevette in dono dalle autorità municipali un cavallo lipizzano poiché la larga e possente schiena della pregiata razza equina non gli avrebbe permesso una dignitosa monta a causa della sua altezza (1,55 m.) e delle sue gambe troppo corte. Durante la brevissima permanenza in città ebbe comunque modo di compiacersi osservando le fortificazioni costiere erette da Maria Teresa d’Austria.
(Halupca-Veronese, Trieste nascosta, Lint, 2009)

René de Chateaubriand (Saïnt-Malo 1768 – Parigi 1848) l’illustre precursore del romanticismo francese, giunse a Trieste a mezzanotte del 29 luglio 1806.

Alloggiato nella centrale Locanda Grande contattò il console Louis Maurice Séguier per trovare una nave diretta a Smirne.
Durante la sua breve permanenza Chateaubriand ebbe comunque modo di conoscere la borghesia triestina (fu ospite del Governatore austriaco e di Pietro Sartorio) e di visitare San Giusto omaggiando la tomba delle figlie di Luigi XV, rifugiate a Trieste nel 1799 dopo la fuga da Parigi.
Il letterato visconte partì all’alba del 2 agosto: il suo viaggio sarebbe durato un anno. (La Bora)

Stendhal, ovvero il grande romanziere Henry Beyle (Grenoble 1783 – Parigi 1842) arrivò a Trieste il 25 novembre 1830 con la nomina di console di Francia.

Pernottato l’albergo “Zum schwarzen Adler” (oggi in via San Spiridione 2), lo sconosciuto ospite fu però subito notato dalla polizia asburgica che con serrati pedinamenti rese alquanto sgradevole il suo soggiorno. A peggiorarlo contribuirono anche le sferzanti folate di bora, i mancanti successi amorosi con la cantante Carolna Ungher e madame Goeschen e inoltre le non apprezzate tradizioni culinarie servite a suo dire da camerieri “levantini”. Il soggiorno di Stendhal durerà comunque solo tre mesi e dopo aver ricevuto la nomina di ambasciatore partì per Civitavecchia il 24 dicembre 1830. Da qui, dopo un’altra cocente delusione, deciderà di tornarsene ai suoi quartieri parigini.
(Trieste nascosta, ibid.)

Eleonora Duse (Vigevano 1858 – Pittsburg 1924) appena diciottenne ma già animata dal furor sacro della recitazione, nel 1876 venne scritturata a Trieste come seconda attrice nella compagnia di Adolfo Drago.

Tutt’altro che avvenente e troppo enfatica per il gusto del tempo, la Duse raccolse un amaro fiasco per di più rafforzato dai rimbotti del regista e dei colleghi. Nel 1884, già affermata come attrice, ritornò a Trieste con un ingaggio per tutta la stagione di prosa ma continuò a essere contestata da una parte del pubblico per la sua recitazione e le sue pose ancora eccessive. Con apprezzabile autocritica la Duse seppe tuttavia correggere le sue impostazioni troppo marcate e in seguito riuscì a trasmettere grandi emozioni attraverso i personaggi dell’ Adriana Lecouvreur e de La Locandiera. Quando due anni dopo ritornò con la Compagnia della Città di Roma, esplose anche a Trieste il più sfrenato entusiasmo consacrando Eleonora Duse alla sua fama immortale.
(La Bora)

Giosuè Carducci (Valdicastello 1835 – Bologna 1907) organizzò un furtivo viaggio a Trieste assieme a Lina (Carolina Cristofori), sua musa ispiratrice e moglie di un funzionario statale di Rovigo nonché madre di 3 figli.

I due amanti giunsero il 7 luglio 1878 occupando in incognito una stanza dell’albergo “Buon Pastore” (attuale “Hotel Continentale” di via San Nicolò). Ma già il giorno dopo vennero scoperti da un cronista del giornale “L’Indipendente” e la notizia della loro presenza si sparse in un battibaleno. Accompagnati da Attilio Hortis e Giuseppe Caprin, la coppia visitò la città sempre applauditi da una folla festante e chiassosa che non li entusiasmò affatto. Dopo soli quattro giorni il Carducci senza dar a vedere la sua contrarietà partì fra i gioiosi arrivederci dei triestini, ma a Trieste non ritornò mai più.
Il grande poeta in occasione della sua visita a Miramare omaggerà però il fascino del suo bianco castello e la memoria del “puro, forte, bel Massimiliano” nella stupenda elegia delle Odi barbare “Miramar” (1878).
(Trieste nascosta, ibid.)

 

 

James Joyce (Dublino 1882 – Zurigo 1941) l’eccentrico scrittore irlandese arrivò a Trieste nel 1905 facendo immediatamente notare la sua presenza alla polizia. Appena sceso dal treno con la sua fedele Nora Barnacle, nel giardino della stazione centrale s’imbatté casualmente in una zuffa tra marinai inglesi e austriaci e pensando bene di aiutare i suoi compatrioti si buttò nel mucchio. Joyce trascorrerà così la sua prima notte a Trieste in galera mentre Nora attenderà pazientemente il suo ritorno seduta in una panchina.
(La Bora).

Rainer Maria Rilke (Praga 1875 – Val-mont 1926) L’inquieto e tormentato poeta boemo approdò a Trieste nel 1910 come ospite della principessa Marie Thurn und Taxis nel Castello di Duino.
Per quanto la memoria storica dei suoi lunghi soggiorni triestini vanti l’ispirazione delle sue Elegie duinesi alle suggestive atmosfere delle bianche falesie e al fascino dell’antico castello sul mare, Rilke non lo amò mai veramente apprezzandone piuttosto la ricca biblioteca e le frequentazioni dei suoi coltissimi salotti dove poteva incontrare il fior fiore dei letterati. In una lettera del marzo 1912 a Lou Salomé, sua ex-amante e divenuta poi una sincera e affettuosa amica, Rilke si lamentava infatti della desolazione che lo opprimeva e del pessimo clima della zona, incolpandolo (ma ironicamente compiacendosene) dello stato della sua salute. “Questa costante alternanza di bora e scirocco non fa bene ai miei nervi e perdo le forze nel subire ora l’una ora l’altra” scriveva nella lettera a Lou. E ancora: “È vero, Duino non mi ha mai fatto bene, quasi ci fosse qui troppa elettricità dello stesso segno che mi sovraccarica, proprio il contrario della sensazione che sento al mare”(1). Nella sua vita errabonda Rilke, ormai gravemente ammalato, troverà la sua pace nel clima mite e secco del Vallese (Svizzera), recluso nel suo castelletto-fortezza di Muzot.
Dopo però aver concluso la lunga e sofferta stesura delle Die Duineser Elegien e consapevole della sua imminente morte, pieno di riconoscenza per la dolce e romantica principessa Marie che tanto generosamente lo aveva ospitato e sostenuto, le donerà la proprietà del manoscritto (attualmente conservato nell’Archivio di Stato di Trieste) con una dedica che apparirà su tutte le edizioni dell’opera.
Fonte: R. M. Rilke e Lou Andreas Salomé, Epistolario 1897-1926, La Tartaruga edizioni, Milano, 1975

Gossip storici a Trieste

Giacomo Casanova (Venezia 1725 – Dux 1798)

lobianco767Giunto a Trieste il 15 novembre 1772 pernottò una stanza nella Locanda Grande di Trieste. Preso subito contatto con le cortigiane e i cicisbei del bel mondo cittadino, lo sfrontato cavaliere veneziano ricevette però il rifiuto alle sue avances da una bellissima giovane di nome Zanetta. Già anziano e malato, il Casanova dovette accontentarsi di una contadinella goriziana senza però rinunciare, da buon avventuriero, a ingraziarsi le autorità locali con ogni sorta di traffici e sotterfugi. Nell’attesa della grazia da parte del Cosiglio dei Dieci di Venezia dopo la sua avventurosa fuga dai Piombi, scriveva indefessamente cercando di procurarsi del denaro con cui vivere.

Ottenuta la grazia arrivò nel novembre del 1774 riuscì a ritornare a Venezia ma dopo essere stato definitivamente esiliato nel 1783, continuò la sua odissea esistenziale fino alla morte, avvenuta nel castello di Dux in Polonia nel 1798.

(Da un articolo della rivista La Bora, Trieste, 1978 – Foto da Casanova a Trieste, Luglio Editore, Ts 2015)

 

Napoleone Bonaparte (Ajaccio 1769 – Isola di Sant’Elena 1821)

Napoleone[1]Ventottenne e già generale del Corpo d’armata fu di passaggio a Trieste il 29 e 30 aprile 1797. Dallo storico balcone di palazzo Brigido (attualmente in via Pozzo del Mare, 1) affacciato su Piazza Grande (oggi dell’Unità) assistette a un’improvvisata parata militare in suo onore con un terribile mal di denti. Già di pessimo umore si offese moltissimo quando ricevette in dono dalle autorità municipali un cavallo lipizzano poiché la larga e possente schiena della pregiata razza equina non gli avrebbe permesso una dignitosa monta a causa della sua altezza (1,55 m.) e delle sue gambe troppo corte. Durante la brevissima permanenza in città ebbe comunque modo di compiacersi osservando le fortificazioni costiere erette da Maria Teresa d’Austria.

(Tratto da: Halupca-Veronese, Trieste nascosta, Lint, Trieste,2009)

René de Chateaubriand (Saïnt-Malo 1768 – Parigi 1848)

François-René_de_Chateaubriand_by_Anne-Louis_Girodet_de_Roucy_Trioson[1]L’illustre precursore del romanticismo francese, giunse a Trieste a mezzanotte del 29 luglio 1806. Alloggiato nella centrale Locanda Grande contattò il console Louis Maurice Séguier per trovare una nave diretta a Smirne. Durante la sua breve permanenza Chateaubriand ebbe comunque modo di conoscere la borghesia triestina (fu ospite del Governatore austriaco e di Pietro Sartorio) e di visitare San Giusto omaggiando la tomba delle figlie di Luigi XV, rifugiate a Trieste nel 1799 dopo la fuga da Parigi. Il letterato visconte partì all’alba del 2 agosto: il suo viaggio sarebbe durato un anno.

(Da un articolo della rivista La Bora, 1978)

Stendhal, ovvero il grande romanziere Henry Beyle (Grenoble 1783 – Parigi 1842)

Stendhal_par_Ducis_en_1835[1] Giunse a Trieste il 25 novembre 1830 con la nomina di console di Francia. Pernottato l’albergo “Zum schwarzen Adler” di via San Spiridione 2, lo sconosciuto ospite fu però subito notato dalla polizia asburgica che con serrati pedinamenti rese alquanto sgradevole il suo soggiorno. A peggiorarlo contribuirono anche le sferzanti folate di bora, i mancanti successi amorosi con la cantante Carolna Ungher e madame Goeschen e inoltre le non apprezzate tradizioni culinarie servite a suo dire da camerieri “levantini”. Il soggiorno di Stendhal durerà comunque solo tre mesi e dopo aver ricevuto la nomina di ambasciatore partì per Civitavecchia il 24 dicembre 1830. Da qui, dopo un’altra cocente delusione, deciderà di tornarsene ai suoi quartieri parigini.

(Trieste nascosta, ibid. – Foto di un ritratto di Louis Ducis, 1835)

Eleonora Duse (Vigevano 1858 – Pittsburg 1924)

mostra_d3[1]Appena diciottenne ma già animata dal furor sacro della recitazione, Eleonora Duse venne scritturata nel 1876 come seconda attrice nella compagnia di Adolfo Drago. Tutt’altro che avvenente e troppo enfatica per il gusto del tempo, la Duse raccolse un amaro fiasco per di più rafforzato dai rimbotti del regista e dei colleghi. Nel 1884, già affermata come attrice, ritornò a Trieste con un ingaggio per tutta la stagione di prosa ma continuò a essere contestata da una parte del pubblico per la sua recitazione e le sue pose ancora eccessive. Con apprezzabile autocritica la Duse seppe tuttavia correggere le sue impostazioni troppo marcate e in seguito riuscì a trasmettere grandi emozioni attraverso i personaggi dell’Adriana Lecouvreur e de La Locandiera. Quando due anni dopo ritornò con la Compagnia della Città di Roma, esplose anche a Trieste il più sfrenato entusiasmo consacrando Eleonora Duse alla sua fama immortale.

(Da La Bora, ibid)

Giosuè Carducci (Valdicastello 1835 – Bologna 1907)

00208430[1]Il celebre poeta organizzò un furtivo viaggio a Trieste assieme alla sua musa ispiratrice Lina (Carolina Cristofori in Piva, madre di 3 figli e moglie di un funzionario statale di Rovigo). I due amanti giunsero il 7 luglio 1878 occupando in incognito una stanza dell’albergo “Buon Pastore” (attuale “Hotel Continentale” di via San Nicolò). Ma già il giorno dopo vennero scoperti da un cronista del giornale “L’Indipendente” e la notizia della loro presenza si sparse in un battibaleno. Accompagnati da Attilio Hortis e Giuseppe Caprin, la coppia visitò la città sempre applauditi da una folla festante e chiassosa che non li entusiasmò affatto. Dopo soli quattro giorni il Carducci senza dar a vedere la sua contrarietà partì fra i gioiosi arrivederci dei triestini, ma non ritornò mai più a Trieste.

Il grande poeta in occasione della sua visita a Miramare omaggerà però il fascino del suo bianco castello e la memoria del “puro, forte, bel Massimiliano” nella stupenda elegia delle Odi barbare “Miramar” (1878).

(Trieste nascosta, ibid.)

James Joyce (Dublino 1882 – Zurigo 1941)

crop-e1397934768850[1]L’eccentrico scrittore irlandese arrivò a Trieste nel 1905 facendo immediatamente notare la sua presenza alla polizia. Appena sceso dal treno con la sua fedele Nora Barnacle, nel giardino della stazione centrale s’imbatté casualmente in una zuffa tra marinai inglesi e austriaci e pensando bene di aiutare i suoi compatrioti si buttò nel mucchio. Joyce trascorrerà così la sua prima notte a Trieste in galera mentre Nora attenderà pazientemente il suo ritorno seduta in una panchina. (Da La Bora, ibid)

Rainer Maria Rilke (Praga 1875 – Val-mont 1926)

helmut-westhoff-portrait-of-rainer-maria-rilke-1901[1]L’inquieto e tormentato poeta boemo approdò a Trieste nel 1910 come ospite della principessa Marie Thurn und Taxis nel Castello di Duino. Per quanto la memoria storica dei suoi lunghi soggiorni triestini vanti l’ispirazione delle sue “Elegie duinesi” alle suggestive atmosfere delle bianche falesie e al fascino dell’antico castello sul mare, Rilke non lo amò mai veramente apprezzandone piuttosto la ricca biblioteca e le frequentazioni dei suoi coltissimi salotti dove poteva incontrare il fior fiore dei letterati. In una lettera del marzo 1912 a Lou Salomé, sua ex-amante e divenuta poi una sincera e affettuosa amica, Rilke si lamentava infatti della desolazione che lo opprimeva e del pessimo clima della zona, incolpandolo (ma ironicamente compiacendosene) dello stato della sua salute. “Questa costante alternanza di bora e scirocco non fa bene ai miei nervi e perdo le forze nel subire ora l’una ora l’altra” scriveva nella lettera a Lou. E ancora: “È vero, Duino non mi ha mai fatto bene, quasi ci fosse qui troppa elettricità dello stesso segno che mi sovraccarica, proprio il contrario della sensazione che sento al mare” (nota 1).

Nella sua vita errabonda Rilke, ormai gravemente ammalato, troverà la sua pace nel clima mite e secco del Vallese (Svizzera), recluso nel suo castelletto-fortezza di Muzot. Ma conclusa la sofferta stesura delle mitiche “Die Duineser Elegien” e consapevole della sua imminente morte, pieno di riconoscenza per la dolce e romantica principessa Marie che tanto generosamente lo aveva ospitato e sostenuto, le donerà la proprietà del manoscritto (attualmente conservato nell’Archivio di Stato di Trieste) con una dedica che apparirà su tutte le edizioni dell’opera.

lobianco266(1) Fonte Epistolario 1897-1926, La Tartaruga edizioni, Milano,2002