Bosco Pontini e via Bramante

Conosciuta per aver ospitato in una delle sue case l’illustre scrittore James Joyce (nota 1), la via Bramante vanta un’antichissima origine. Sulle sue tracce esisteva infatti una trafficata strada che dal portale della cinta muraria ancora, ancora oggi visibile dalla via San Giusto, s’incurvava verso l’attuale via Tiepolo per proseguire, attraverso murature difensive, verso l’Istria.
La relazione dei ritrovamenti archeologici sugli “Scavi del Bosco Pontini” (un tempo molto più vasto rispetto all’odierno giardino Basevi), illustrati da Pietro Sticotti nel 1908 (nota 2), rivelarono l’esistenza di un florido quartiere romano sotto le case limitrofe alla scala Joyce di via Bramante. Gli studi dell’architetto Cornelio Budinis stabilirono che lì si trovasse un’officina per la lavorazione del ferro divisa in due distinti locali: l’uno rivestito dal pavimento in mosaici bianchi e neri, l’altro in lastrico di pietra con un tetto sostenuto da 4 pilastri.
Accanto ai locali del fabbro ferraio c’erano quelli del pistorium, granaio d’approvvigionamento delle legioni romane, provvisto di un forno a volta e una finestrella per l’uscita dei fumi. Lo stanzone era dotato di macine a mano, conche per mondare il grano e un bancone per le vendite, manufatti che nel corso dei secoli si sono sorprendentemente salvati. Nella corte adiacente furono rinvenuti il pavimento di arenaria, frammenti della muratura bianca con una striscia decorativa dipinta in rosso e di lato le cantine scavate nella roccia per un’ottimale conservazione delle scorte. L’acqua era assicurata dai vicini due pozzi ciascuno con il canale di scolo diretto verso il mare.
Altri resti sparsi nella zona testimonierebbero l’esistenza di altre officine ma verso il III secolo l’operosità di questo antico borgo venne meno fino a ridursi in rovine usate poi come luoghi sepolcrali privi di nome.

Poco a poco l’area venne del tutto abbandonata e in tutte le zone limitrofe si sviluppò una consistente massa boschiva che lambiva la piana sottostante (corrispondente alla nostra Barriera) estendendosi fino all’attuale via del Bosco.
Nel Medioevo la famiglia patrizia del barone de Fin entrò in possesso di quei vasti e alberati terreni dove costruirono una ricca dimora aggiungendovi nel 1631 una cappella dedicata a Santa Maria Maddalena con un officiatura ecclesiastica protratta fino al 1770.
Passata per un certo periodo in proprietà di un certo Buhelin, fu poi acquistata dal negoziante di borsa Pontini con il cui nome venne identificata la zona boschiva sulle mappe catastali anche quando, nel 1825, passò al signor Pepeu.

Con il progressivi sviluppo della città il Comune decise di tracciare dei nuovi percorsi tra il colle e il rione di Barriera, collegati fino alla fine del Settecento con un tortuoso vicolo inerpicato attraverso l’attuale piazza Vico.
Agli inizi dell’Ottocento vennero così costruite le vie del Bosco e Madonnina (che allora si prolungava fino alla via Bramante) entrambe delimitate dal Bosco Pontini mentre la villa rimase confinata alla Scala Dublino, costruita per collegare il rione della Barriera con quello di San Vito. (Nota 3)

Nel 1839 la tenuta venne acquistata dal deputato triestino al Parlamento di Vienna cav. Giuseppe Basevi che ne affidò la ristrutturazione e l’ampliamento all’ingegner Eugenio Geiringer.
Trasformata in un castello di stampo medievale, nel 1898 l’edificio fu donato al Comune di Trieste.
Ceduto in locazione nel marzo 1898 al governo austro-ungarico l’importante struttura fu adibita a Osservatorio Zentralanstalt für Meteorologie und Geodynamik dotato di un sismografo di tipo Rebeur-Ehrlet e di un potente telescopio astronomico.
In seguito la villa-castello, collocata tra la via Tiepolo e Segantini, divenne sede dell’ Osservatorio Astronomico triestino.

Nel corso del Novecento la zona sotto il Castello di San Giusto ebbe un notevole sviluppo e nell’ultimo tratto di via Madonnina fu abbattuta una parte boschiva per costruire la via Bramante (dal nome dell’architetto Donato) le cui case vennero erette sulle antiche rovine romane sopradescritte.

Qui, al II° piano della casa al numero civico 4, dall’ottobre 1913 alla fine di maggio del 1915 abitò il celebre scrittore James Joyce con la moglie Nora Barnacle e i figli Giorgio e Lucia.

Al numero 10, proprio vicino allo storico cortile del fabbro ferraio, nella casa contrassegnata con il numero civico 10, sorse un’officina per la lavorazione artistica del ferro, divenuta poi famosa per aver costruito la statua alata che ancora oggi svetta sul Faro della Vittoria sul colle di Gretta. (nota 4)

Oggi l’area si estende su livelli diversi in continua pendenza; uno degli accessi al piccolo parco è situato a metà della scala Dublino. Attraverso una cancellata in ferro lavorato si accede ad uno dei viali dove si passeggia all’ ombra dei grandi alberi ed arbusti.
Di aspetto romantico e suggestivo, il giardino si presenta attualmente un po’ “dimenticato” nonostante rappresenti un polmone verde in questa zona di grande traffico.

NOTE:

(1) Una targa posta sulla casa di via Bramante n.4 ricorda che qui fu scritto il primo episodio del suo più famoso romanzo

(2) Pietro Sticotti (Dignano 1870 – Trieste 1953) dal 1898 ricoprì la carica di Direttore del Museo Civico dell’Antichità e la direzione dell’ “Archeografo triestino” fino al 1952;

(3) Negli archivi comunali è riportata la descrizione del parco: “Un magnifico portone a cancelli in ferro dorati” che immette “sotto le volte di antica pergola tra due campi….a un viale di pioppi fino alla casa”. La casa, a due piani, presenta al piano terra un’ampia sala che d’inverno funge da serra. Sono descritti i pergolati con colonne in pietra, un “boschetto opaco” con “annose querce”, noci, olmi e abeti, fiori profumati, “labirintici viali” e un cippo sepolcrale.

(4) Sul modello ideato da Giovanni Mayer, la Vittoria Alata (h. 7 metri) fu sbalzata in rame dall’abile artigiano Giacomo Sreboth che la completò pochi mesi prima della sua morte avvenuta nel gennaio del 1928.

FONTI:
Silvio Rutteri, TRIESTE Spunti dal suo passato, E. Borsatti Editore, Trieste, 1950;
Biblioteche Comune di Trieste.

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