Il leggendario Pucinum

Superata dal mare la rocca del vecchio castello di Duino con l’inquietante sagoma della Dama Bianca, la scogliera declina in una zona pianeggiante dove i tre rami del Timavo scorrono verso l’Adriatico.
In epoche remotissime, trovandosi il mare più arretrato rispetto ad oggi e tutto il territorio ben più vasto e rigoglioso, esisteva il Lacus Timavi, formato dall’ansa di uno dei sette rami formati dalle vicine sorgenti del fiume. Protetto dall’ Insulae Clarae era sufficientemente profondo per essere usato come un porto sicuro per le navi e i i loro floridi commerci.
Su questi declivi coperti di fitti boschi e fertili campagne i Romani, nel corso dei secoli del loro impero, disseminarono vari edifici e splendide ville che si diramavano intorno alla lunghissima via Gemina, di cui ancora oggi rimangono alcune tracce. Purtroppo le brutali invasioni barbariche, che posero fine alla civiltà romana, distrussero completamente queste terre trasformandole in una landa acquitrinosa adattata poi per la coltivazione del riso.
Tra le molte perdite in questo bellissimo territorio non si può non menzionare il leggendario vino Pucinum rimasto nella storia per essere stato considerato un elisir di lunga vita dall’imperatrice Livia, consorte del potente Ottaviano Augusto.
Fu il prolifico studioso latino Plinio il vecchio a documentare nelle Naturales Historiae l’origine di questo nettare così speciale:
Nasce nel seno del mare Adriatico non lontano dalla sorgente del Timavo, su un colle sassoso; il soffio del mare ne cuoce poche anfore, medicamento che è superiore ad ogni altro. […] La vite del Pucino è di colore nerissimo. I vini de Pucino cuociono nel sasso”.
La fama delle sue qualità curative fu testimoniata anche dal medico romano Galeno e continuò nei secoli successivi: il vassallaggio marittimo che Trieste doveva a Venezia, solennemente rinnovato nel 1202 al doge Enrico Dandolo, veniva pagato con 50 orne di puro vino del territorio e quando Trieste nel 1382 sottoscrisse lo storico atto di dedizione all’Austria, s’impegnò a consegnarne fino a 100.
Ancora nel 1479 l’imperatore Federico III encomiò questo vino particolare con cui si curavano diverse malattie e prescrisse che il tributo dovesse essere pagato con le migliori produzioni d’annata. Con la preoccupazione di mantenere inalterate le sue pregiate caratteristiche, un decreto dell’arciduca Massimiliano emanato nel 1610 addirittura proibì l’introduzione nelle nostre terre di altre qualità di uva e vitigni.
Fu davvero una disdetta che successivamente alcuni storici fra cui l’Agapito, abbiano contribuito a creare una certa confusione identificando l’origine di questo celebre vino nei vitigni di Prosecco dove invece veniva coltivato un delizioso e frizzante vino bianco. Il Pucino era per certo un’ambrosia di colore rosso scuro, di bassa gradazione alcolica, fortemente astringente per l’alto contenuto di tannino e notoriamente usata per le dissenterie, allora endemiche, e le frequenti diarree causate dalla scarsità d’igiene.
Il famoso Terrano sarebbe invece una variante del più famoso Refosco, coltivato nelle più fertili terre d’Istria.
Dopo il 1880 tutti i vigneti del carso furono distrutti dalla pernospera, il terribile fungo parassita della vite introdotto in Europa dall’America. Dallo scempio si salvarono solo le viti coltivate più all’interno, intorno Aidussina, ma il loro successivo innesto su ceppi di vite americana che proteggeva il parassita inquinò la genuinità del corposo terrano limitandone la produzione.
Quanto al pregiato Prosecco, i vitigni furono portati nella zona di Conegliano e in Piemonte, dove vengono tuttora coltivati per la produzione di ottimi spumanti.

“Il vino della pace”

Vogliamo qui ricordare “La vigna del mondo”, una bella iniziativa sorta negli anni Ottanta nelle verdi valli del Collio dove in soli due soli ettari di terra sono coltivate ben 855 specie di viti provenienti dai cinque continenti.
Dalla vendemmia di questo specialissimo pot-pourri vinicolo fu ricavato il cosiddetto “Vino della Pace”, imbottigliato in serie limitata e recapitato a tutti i potenti della Terra. Il simbolico omaggio che proviene da zone colpite da tremendi conflitti, venne distribuito per la prima volta il 9 aprile 1986 dal suo ideatore Luigi Soini.
Come dimostrazione del desiderio di pacifica convivenza tra i popoli, sulla cima del colle di Medea sorge anche l’Ara pacis mundi, un’urna che raccoglie le zolle di terra provenienti da tutto il mondo come simbolo di una possibile speranza d’intesa tra le nazioni.

Fonti: Enciclopedia del FVG – Carlo Chersi, Itinerari del Carso Triestino – Dante Cannarella, Guida del Carso Triestino

2 pensieri su “Il leggendario Pucinum

  1. Roberto Maiola

    Pagine interessantissime,mi complimento con voi e gradirei seguirvi…Cordiali saluti…
    Mi ha colpito particolarmente la tragica scomparsa del veliero Beethoven con 25 cadetti triestini a bordo per svariati motivi…anch’io ho frequentato l’Istituto Nautico di Trieste e mi sono sempre interessato all’isola di Pittcairn dopo aver visto un documentario alla TV…

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  2. salvatore cicala

    Il Doge “veniva pagato”? Con 50 orne di vino?Ma quel Veneziano taglieggiava perchè non dirlo?Era il capo dei ricattatori veneziani a cui i Triestini si ribellarono spesso..e l’imperatore Austriaco?Cosa aveva fatto per meritarsi le 100 orne ?Niente….l’Austria dal 1382 fino al 1719 non fece nulla per Trieste …la storia parla chiaro. Lo faccio presente.

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