I tempi delle diligenze

Verso la metà dell’Ottocento c’era una grande attività nella vecchia piazza della Dogana (1) da cui partivano i carri delle merci e le diligenze per le consegne della posta o per i lunghissimi viaggi della ricca borghesia triestina.

Piazza della Dogana (da Edizioni Brezza)img236

Nell’indaffaratissimo piazzale cittadino il vociferare degli stallieri e le canzonacce che uscivano dalle vicine e maleodoranti taverne si mischiavano ai rumori degli zoccoli ferrati sul selciato, agli improperi dei vetturini impazienti e alle sonagliere dei cavalli che si apprestavano a partire.

Nella foto (collezione Luciano Emili) un particolare di piazza della DoganaDogana
I carrozzoni di vecchia data erano destinati a trasportare le mercanzie importate dall’Oriente e avviandosi per la strada di Opicina s’incrociavano con le carrette trainate da ansanti giovenche o con le aristocratiche carrozze guidate da impettiti cocchieri.

Foto da Enciclopedia Monografica del FVG Strada nuova per Opicina

Carr

Allora i viaggi erano considerati delle inquietanti incognite talmente piene di pericoli e disagi che il nostro Ricciardetto asseriva che prima di ogni partenza era consuetudine ascoltare messa e farsi il segno della croce prima di salire sulle diligenze: “Sepolti tra scatole, scatoline e scatoloni delle madame, pigiati come acciughe tra tabacconi e fumatori di pipa, sferzati dal freddo oppure oppressi dalla canicola, il viaggio non finiva mai”.

Se per raggiungere Gorizia s’impiegavano 8 ore per arrivare a Vienna servivano dagli 8 ai 15 giorni, insomma un vero supplizio. Già le carrozze direttissime chiamate – si fa per dire – “le veloci”, dovevano cambiare i cavalli ogni 15 chilometri, immaginarsi poi l’allungamento dei tempi in caso di incidenti come le rotture di ruote o gli sbandamenti nei fossati!
A volte qualche ricco quanto impaziente passeggero osava sferzare malamente i cavalli, tanto che venne proibito portare con sé fruste e bastoni ma in seguito si verificarono invece problemi con i “postiglioni”, cocchieri, vetturini o come dir si voglia, che se non ricevevano opportuni oboli per ungere le ruote dei calessi o per dissetare le loro fauci nelle bettole lungo la strada, allungavano a dismisura le partenze provocando cori di lamentele… Poi magari riprendevano il viaggio correndo a briglia sciolta terrorizzando i malcapitati e se qualcuno avesse osato protestare erano capaci di redarguirlo di non possedere un biglietto valido e persino di scaricarlo in aperta campagna!
Come se tutto ciò non bastasse, considerato che le diligenze viaggiavano anche di notte, si verificavano pure gli assalti di impavidi briganti che provvisti di maschere e tromboni arraffavano borse, valige e quanto trovassero all’interno.

Insomma che stress tremendo dovevano essere quei viaggi! Ma presto sarebbero arrivate delle grandi novità…

Nota 1: Poi Piazza delle Poste e in seguito Piazza Vittorio Veneto  

Fonte: Articolo “Il Piccolo” del 25 aprile 1915 – Riccardo Gurresch (Ricciardetto), Vecchia Trieste, Anonima Libraria Italiana, Trieste, 1930

2 pensieri su “I tempi delle diligenze

  1. salvatore Cicala

    Sarebbe estremamente interessante sapere se i viaggiatori potevano chiedere di fermarsi al postiglione,per una eventuale esigenza fisica!

    Replica

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