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L’acquedotto romano di Borgo San Sergio

Tra il 1976 e 1977 durante gli scavi per la costruzione di nuove palazzine residenziali nella periferia di Borgo San Sergio (nota 1) emerse un tratto dell’ acquedotto romano proveniente dall’antro di Bagnoli, uno dei tre che serviva la Tergeste costruita tra il I° e II° secolo d.C.

La conduttura si trova a mezza a mezza costa della piccola collina sul versante a est della Val Rosandra, a 3,2 chilometri in linea d’aria dalla fonte Oppia, sorgente situata sotto il monte Carso e che all’epoca romana costituiva la principale fonte d’acqua.
Il segmento, lungo 216 metri con una pendenza dell’1,1 per mille a una quota di 74 metri s.l.m., era dotato di cinque pozzi posti ad una distanza variabile da 30 a 36 metri.

Intervenuta la Soprintendenza, fu provveduto a conservare una parte degli storici reperti in un locale protetto dagli agenti atmosferici titolato Antiquarium (nota 2). Qui sono visibili un tratto del canale ed uno dei cinque pozzetti di ispezione sulla volta della conduttura, nonché il materiale archeologico rinvenuto negli scavi.

Sul terrazzamento posto tra le abitazioni della zona, è tuttavia sempre visibile il segmento originario della conduttura romana (allora interrata) che è stato racchiuso in un parallelepipedo dalla base in cemento e ricoperto da lastre trasparenti.
Anche qui si può notare il piedritto costituito da blocchi irregolari di arenaria con la volta a sesto acuto che chiudeva il canalone e la malta idraulica sul fondo per permettere lo scorrimento delle acque.

Dagli studi seguiti a questa interessante scoperta venne stabilito che la lunghezza dell’acquedotto romano dovesse avere una lunghezza di ben 17 chilometri e mezzo di pendenza costante prima di giungere al fontanone collocato in zona Cavana.

Dai terrazzamenti di via Donaggio è visibile la collina dove recentissimamente sono stati scoperti i resti di una Tergeste romana risalente addirittura nel 178 a.C. e quindi precedente a quella sorta tra il I° e II° secolo d.C. intorno al colle di San Giusto di cui sono invece rimaste moltissime documentazioni.

Dagli studi eseguiti con il georadar su questo colle sono state individuate le strutture sepolte del principale campo militare di San Rocco e i forti più piccoli di Grociana piccola e Montedoro, forse edificati durante uno dei conflitti con gli Istri. (nota 3)
Per 2.200 anni i preziosissimi resti sono rimasti protetti in quelle zone talmente vegetate e battute dalla bora da essere usate solo per pascoli e che non sono state soggette a edificazioni che avrebbero compromesso la loro lunghissima sopravvivenza.

Note:
1. In via Donaggio n. 17

2. Visitabile il sabato mattina su richiesta alla Soprintendenza

3. Il campo grande si estendeva su 13 ettari, quanto 13 campi da calcio ed era strategicamente situato nei pressi della baia di Muggia, un porto naturale protetto.

Fonti:
– A.Halupca – L.Veronese – E. Halupca “Trieste nascosta”, LINT Editoriale, 2015, Trieste;
– “Il Piccolo” articolo del 16/3/2015;
– Musei del Friuli Venezia Giulia
– Archeocartafvg

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Val Rosandra

Questa valle di confine ha una storia millenaria di cui ne conserva ancora le tracce: da quelle rinvenute nelle sue caverne a quelle narrate in antichissimi libri che scrivevano di spietati cavalieri al servizio di vescovi e patriarchi, di ricchi signorotti assetati di potere e in perenne lotta con briganti e predatori.
Sembra impossibile che a un passo della città ci si trovi in un paesaggio di soli 2 chilometri e mezzo dove storia, natura e leggenda si sono armoniosamente fuse creando un paesaggio di straordinaria bellezza.
E sembra ancora più incredibile che proprio qui l’uomo preistorico possa aver lasciato le impronte del suo passato nelle moltissime caverne suborizzontali aperte sul versante destro della Valle chiamate “Grotte delle Gallerie” (o anche “delle Finestre”) che per la loro conformazione e il buon tiraggio permettevano l’accensione di fuochi. Gli scavi archeologici condotti verso la fine dell’Ottocento testimoniarono che le presenze umane fossero state addirittura continuative, seppure come rifugi stagionali o luoghi di transito verso la costa e il mare.

La conformazione della vallata fu dovuta a una grande frattura avvenuta negli strati calcarei e la piegatura di un lembo dell’altopiano verso l’altopiano di Beka-Ocisla formando lo spettacolare Crinale dalle pareti a strapiombo. Con il tempo tutta la saccatura si riempì di marne e arenarie che vennero poi lentamente erose dallo scorrere delle acque piovane e dalle numerose sorgenti carsiche formando una serie guglie e piccole torri intervallate da estese sassaie.
Le colline di Moccò e monte San Michele che chiudono la valle presentano invece un aspetto del tutto diverso mantenendo una serie di declivi ricoperti di prati e boschetti di roverelle che si susseguono fino al piccolissimo borgo di Bottazzo.

Nel corso dei millenni fu il torrente Rosandra, nato da piccole sorgenti a monte della frazione di Klanez (presso Cozina) a scavare il profondo alveo della vallata. Un tempo le sue acque erano molto più abbondanti rispetto ai nostri giorni e la con la loro irruenza formarono piccoli cañons dalle pareti alte fino a 60 metri.
Nel tratto mediano del suo percorso il torrente Rosandra precipita per una trentina di metri in una grande vasca formando una pittoresca cascata, fotografatissima quando gela e appare come una stalattite di cristallo.

Dagli strati calcarei alla base del Crinale sgorga la Fonte Oppia, la sorgente più abbondante del Rosandra sfruttata fin dal I° secolo d.C. per alimentare uno degli acquedotti romani che fornivano l’antica Tergeste.
Ancora oggi, nei pressi del rifugio Premuda, esistono i resti dell’eccezionale opera di ingegneria idraulica che si estendeva per circa 12 chilometri e alimentandosi lungo il percorso con altre sorgenti, raggiungeva il centro cittadino.
Fin d’allora tutta la vallata assunse così il suo valore strategico, tra l’altro testimoniato da precedenti opere di fortificazioni molto più antiche, come i Castellieri dell’età del bronzo rinvenuti sui monti Carso e San Michele.
L’acquedotto durò fino alla sua distruzione per opera dell’arrivo dei barbari nei secoli VI e VII d.C. provocando il libero scorrimento delle acque del Rosandra nel suo alveo naturale.
Per sfruttare la nuova morfologia della valle furono così creati i mulini idraulici che permettendo la macinazione delle granaglie rappresentarono un grande aiuto per il sostentamento della popolazione.
Il corso del Rosandra era infatti uno dei rari fornitori d’acqua con una portata che consentisse il movimento delle pale molitorie e in un documento di compravendita risalente al 1276 (conservato nell’Archivio Diplomatico) risultò l’esistenza di già 3 mulini.
Nel 1757, nel tratto di torrente tra Bagnoli e il mare si potevano contare addirittura 16 mulini, sebbene la loro attività fosse ridotta sia durante le siccità dei mesi estivi che per le formazioni di ghiaccio nei mesi invernali.

Per le sue caratteristiche morfologiche l’ampia vallata fu un’importante via di comunicazione con la vicina zona delle saline di Zaule con i cui commerci dipendeva in larga misura l’economia dell’antica Tergeste.
In epoca medievale i traffici aumentarono notevolmente e per garantire il controllo della Strada dei Carsi che si snodava lungo il vasto distretto di Moccò, vennero così edificati i castelli-fortezza di Funfenberg, all’imbocco della valle sopra l’abitato di Bottazzo (detto anche di Draga) e quello “de Mucho”, all’uscita della valle sulle pendici di monte San Michele.
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Questa vallata sopportò così assedi di fuoco e sanguinose battaglie, la distruzione delle case e dei boschi, fu tormentata da pestilenze, carestie e terremoti fino a diventare del tutto disabitata.
Riprese vita solo nel 1887 con la costruzione della linea ferroviaria Trieste-Erpelle progettata per favorire i collegamenti con l’Istria. Divenuta facilmente raggiungibile si trasformò in una meta di escursioni e arrampicate e nel 1929 in una Scuola di Roccia dei CAI fondata nel 1929 da Emilio Comici.

La Val Rosandra dopo aver cambiato più volte i suoi molteplici ruoli nel corso dei secoli rappresenta oggi uno dei più suggestivi e affascinanti scenari naturalistici di tutto il Carso.