Dopo lunghe peregrinazioni per le contrade d’Europa, il quarantasettenne Giacomo Casanova (Venezia 1725 – Dux, Boemia 1798) giunse a Trieste nel novembre del 1772 (nota 1) in attesa che gli amici veneziani gli procurassero la grazia dopo la sua rocambolesca fuga dai Piombi. (nota 2)
Pernottando una stanza nella centralissima Locanda Grande e contattato il bel mondo cittadino, s’innamorò seduta stante della giovanissima figlia dei nobili Leo incontrata vestita da Arlecchino a una festa di Carnevale. (nota 3).
Consapevole della differenza di età di ben trent’anni, si limitò a malincuore a manifestarle solo attenzioni per così dire “paterne” interessandosi nel contempo all’altrettanto avvenente a figlia del governatore di Trieste conte di Wagensberg ma pure rinunciando a concupirla per non rovinare i rapporti utili alla sua causa.
Una sera ritornando alla Locanda trovò una giovanissima carniolina nonché “amichetta” del conte Strasoldo che, pieno di debiti e povero in canna, aveva deciso di accettare un lavoro di “capitano circolare” in Polonia. Per niente intenzionata a seguirlo ma volendo recuperare gli stipendi dovuti la bella Lenzica raggiunse la Locanda Grande e implorando un aiuto si offrì spudoratamente al Casanova che ovviamente ne fu felice. Fu una notte meravigliosa così commentata nelle sue Memorie:
“Se fossi stato ricco, avrei messo su casa per tenerla al mio servizio”.
Essendo uomo di mondo ma anche di parola, il bel Giacomo riuscì a convincere il conte non solo a lasciare libera la carniolina ma pure a saldarle il debito e a consegnarle il bagaglio.
Appena fu certo della partenza del povero conte, si offrì a malincuore di accompagnare Lenzica fino alla strada verso Lubiana dove si sarebbe diretta con l’intenzione di sistemarsi dalla zia.
Lo Strasoldo raggiunse Leopoli ottenendo il lavoro ma disgraziatamente se ne approfittò a dismisura e dopo aver chiesto prestiti e accumulato altri debiti, mise mano sui pubblici denari. Accusato di peculato fu costretto a fuggire in Turchia dove camuffatosi da pascià, finì malamente strangolato.
Quanto al Casanova, il 10 settembre 1774 gli fu comunicata la tanto sospirata grazia ottenuta dal Consiglio dei Dieci di Venezia (nota 4) per aver ottenuto buone relazioni con il governo austriaco. (nota 5)
Così, dopo diciott’anni di lontananza ritornò a Venezia dove per sopravvivere si offrì prima come spia per gli stessi Inquisitori che l’avevano condannato, poi dedicandosi indefessamente ai suoi scritti.
Ma che Casanova sarebbe stato se non avesse ripreso la sua condotta libertina e spregiudicata? Infatti ricadde sotto il giudizio degli Inquisitori e nel 1783 fu costretto a un definitivo esilio.
Dopo essersi stabilito a Vienna, dal 1785 si rifugiò in Boemia dove lavorò come bibliotecario del conte von Waldenstein trascorrendo in solitudine gli ultimi anni della sua vita.
Il suo ultimo scritto fu pieno di amarezza:
“Sono abbandonato dalle donne e dai denti, crivellato dalle malattie e dai malanni, assediato dai ricordi e dai rimorsi, umilato da un triste presente”.
Morì 73enne nel castello di Dux il 4 giugno 1798.
Note:
1. Casanova giunse per la prima volta a Trieste nel 1753; nel 1772 soggiornò per 2 anni e ritornò nel 1776;
2. Fu condannato per “libertinaggio” e rinchiuso nelle carceri di Palazzo Ducale di Venezia nel 1755 (nella foto la cella dei Piombi);3. Presso il ridotto del teatro San Pietro;
4. Nelle sue Memorie Giacomo ci informa che in realtà fossero in 17: i Dieci + altri 6 consiglieri + eventualmente il Doge in persona;
5. Qui si interrompono le Memorie; Sull’ultimo trentennio della sua vita ci si deve avvalere di altre fonti e testimonianze varie, in particolare del ricco epistolario, dei suoi numerosi scritti e delle molte carte ritrovate nell’archivio di Dux (in Boemia)
Notizie tratte da:
Sergio degli Ivanissevich, Casanova a Trieste, Luglio Editore, Trieste, 2015;
Enciclopedia Treccani e Wikipedia