Il caso Winckelmann

La tragica morte dell’insigne archeologo Johann Joachim Winckelmann (nato il 9 dicembre 1717 a Stendal in Prussia) avvenne a Trieste l’8 giugno del 1768 per una serie di sciagurate coincidenze.

Dopo gli studi classici e artistici nelle università di Halle, Jena e Dresda, Winckelmann si convertì al cattolicesimo e si stabilì a Roma entrando in amicizia con alte personalità della Chiesa tra cui il cardinale Alessandro Albani, nipote del papa Clemente XI, ambasciatore d’Austria e residente nella celebre villa con parco tra le vie Salaria e Nomentana, fornita di un inestimabile patrimonio storico-artistico e di una preziosissima biblioteca. Nominato Soprintendente l’archeologo effettuò numerosi viaggi nell’Italia centro-meridionale dedicandosi con passione allo studio e alla scrittura di importanti trattati sull’arte antica greca e romana.

Dopo un breve viaggio in Prussia fu accolto con onori e medaglie d’oro zecchino alla corte dell’Imperatrice Maria Teresa a Vienna. Ripartito per Trieste da dove si sarebbe dovuto imbarcare per Ancona, Winckelmann fu ospitato alla Locanda Grande nella centralissima piazza San Pietro (chiamata anche Piazza Grande, divenuta poi dell’Unità ) dove il I° giugno 1768 occupò per la settimana d’attesa la stanza 10 del II piano. Per infausto caso nella camera accanto la sua abitava un certo Francesco Arcangeli, uno sguattero di Campiglio (Pistoia) giunto da Vienna dopo avervi scontato 4 anni di lavori forzati per la condanna di un furto. L’archeologo ritenne di occupare buona parte del suo tempo con il bel giovane senza rendersi conto quanto costui fosse interessato ai suoi denari e alle medaglie d’oro. Dopo le dieci di mattina dell’8 giugno, quando già pronto per la partenza Winckelmann era seduto alla scrivania, l’Arcangeli gli gettò un laccio intorno al collo tirando forte. Come l’archeologo cercò di difendersi cadendo a terra, il giovane gli sferrò una serie di colpi con il pugnale e scappò con il bottino. Winckelmann sopravvisse per ancora 7 ore, si comunicò nominando suo erede il cardinale Albani. Deceduto alle 4 del pomeriggio, fu sepolto nella fossa comune del Cimitero di San Giusto mentre la polizia si metteva sulle tracce dell’assassino. Catturato, 42 giorni dopo Francesco Arcangeli salì sul palco della morte allestita davanti la Locanda Grande alla stessa ora del delitto; fu legato ad una grande ruota dai denti di ferro dove ruotò fino allo smembramento del corpo.

Sulla violenta morte di Winckelmann si ipotizzò anche un delitto di natura omosessuale ma le modalità con cui si svolse lasciarono dei dubbi non del tutto chiariti.

Per certo l’influenza dell’eruditissimo archeologo, grande studioso di storia, arte antica e di estetica si manifestò anche sulla poesia neoclassica e su quanto potesse rappresentare il “gusto del tempo”.

Fonte: Enciclopedia Treccani – Enciclopedia tematica FVG

Il cenotafio a Winckelmann

Solo nel 1933, a 65 anni dalla tragica morte dell’illustre archeologo Johann Joachim Winckelmann (Stendal, Prussia 1717 – Trieste 1768), per volere del procuratore civico Domenico Rossetti e una pubblica sottoscrizione, venne eretto un monumento onorario nell’ex area sepolcrale di San Giusto, trasformata dieci anni dopo in Orto Lapidario.

Il celebre cenotafio (monumento funebre senza il corpo del defunto) fu creato dallo scultore Antonio Bosa dopo l’approvazione di Antonio Canova e si compone di un angelo disteso con aria afflitta sul sarcofago e appoggiato sull’immagine dello studioso tedesco. Nel rilievo della base un filosofo addita le antichità alle personificazioni delle Arti seguite da Storia, Critica, Filosofia e Archeologia. Inizialmente coperto da una grande nicchia in pietra, nel 1874 il bel monumento marmoreo venne sistemato con altre preziose lapidi romane in un tempietto neo-classico di forma quadrangolare e con un piccolo pronao sostenuto da 4 colonne corinzie.

Dall’anno 2000, dopo consistenti ristrutturazioni e l’aggiunta di sculture greche e romane che costituiscono il nucleo più antico delle collezioni civiche, il tempietto eretto in onore del grande Winckelmann è divenuto una gliptoteca (dal greco: esposizione di pietre incise o scolpite).

Nella foto la stampa inserita da Domenico Rossetti nel suo volume Il sepolcro di Winckelmann in Trieste pubblicato nel 1823 per incrementare le sottoscrizioni per il monumento.

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Fonte: Marzia Vidulli Torlo, L’Orto Lapidario, Rotary Club Trieste, 2005

Un pensiero su “Il caso Winckelmann

  1. Mario Previtera

    Nella camera numero 9 si trovava da qualche giorno prima che arrivasse da Vienna Winckelmann un Toscano, Francesco Arcangeli, cuoco, nato in Campiglio di Cireglio il 18 maggio 1737, proveniente da Venezia dove era andato ad abitare con la moglie Eva Rachaelli circa un anno prima quando era stato rilasciato dal carcere Gnaden Stock Haus di Vienna dove aveva passato tre anni alle opere pubbliche essendo stato condannato nel ’64 a quattro anni per furto in casa del Conte Cataldi nella quale serviva. Gli anni gli furono ridotti a tre per il matrimonio del figlio dellaRegina d’Austria e Francesco Arcangeli fu dimesso il 14 maggio 1768, ma perpetuamente bandito dall’Impero. Nell’agosto 1767 Arcangeli era già stato nell’Osteria Grande per due settimane e aveva puntualmente pagato il conto. Attenzione: Arcangeli era tutt’altro che un bel giovane avendo in faccia anche i segni dell’acne (“faccia vaiolata” nella descrizione ufficiale ) dunque forse persino ripugnante a uno come J.J. Winckelmann. Sta di fatto che per una settimana i due si comportarono come amici. Gli atti del processo criminale sono stati pubblicati da Longanesi nella Collezione Olimpia , volume 25, 1971.

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