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San Sergio: una chiesa, una via

Le prime tracce di una chiesa intitolata a San Sergio appare su un documento del 1278 dove il vescovo Arlongo concesse la sua costruzione in contrada Caboro. (1) (2)
Nel 1338 l’edificio risultò distrutto ma otto anni dopo fu trovata la notizia del ricevimento di un vessillo donato dalla chiesa di San Giusto e negli anni 1351-52 ebbero luogo 2 processioni.
Il 7 ottobre 1366 fu segnalata per la prima volta una festa con canti e musiche per celebrare la ricorrenza della condanna a morte del Santo, avvenuta in questo giorno d’ottobre dell’AD 303, tradizione rimasta nella Sancta Ecclesia Tergestina e rispettata ancora nei nostri giorni. (3)
La chiesa ubicata in Caboro (4) venne ancora menzionata in documenti del Codice Diplomatico Istriano datati 1414 e risultò ancora esistente nel 1494 (5) ma in seguito non vennero riportate altre notizie in merito.

Nella foto un settore dell’affresco di G.G. Cosattini (1678) conservato nel Battistero della Cattedrale di San Giusto (Cappella di San Giovanni)  con la mano di San Giusto sulla Tergeste medievaleimg320

Nel 1442 fu invece attestata la costruzione di un’altra chiesa dedicata al Santo in una zona ben lontana dalle mura che rinchiudevano la città e a quei tempi ricoperta dai boschi che dal colle di San Giusto si estendevano sino alle future vie del Bosco e Madonnina.
In quell’anno infatti fu depositato alla Sede vescovile di via Castello un atto testamentario sul quale per volontà del defunto signor Andrea Covaz venivano donate le sue 2 vigne proprio alla nuova chiesa di San Sergio, che sarebbe stata terminata 2 anni dopo.
Altre documentazioni sull’edificio proseguirono fino al 1494 ma ancora due secoli dopo i campi vicini venivano identificati con il nome del Martire come fu attestato su una pergamena conservata negli archivi comunali. (6)

La memoria storica venne comunque conservata mantenendo il nome come indicazione della zona dove si trovava l’antica chiesa e quando furono tracciate le nuove strade, nel 1835 fu deciso di intitolare al santo il tratto di congiunzione tra le vie del Bosco e Madonnina.

Un settore di una stampa ottocentesca dove si notano le zone verdi sotto il castello di San Giusto con la via Mulino a Vento in primo piano – sotto una mappa del 1850 stampa 1850

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Un tempo nella Cattedrale di San Giusto esisteva la Cappella di San Sergio con una mensa risalente al 1731 e in parte modificata nel 1769.

Nel 1835 venne inserita una pala di Giovanni Kandler (7) raffigurante il martire davanti all’imperatore Massimiano, opera in seguito perduta e documentata in un bozzetto presso i Civici Musei. (8)
Durante i lavori strutturali effettuati nella Cattedrale negli anni Venti l’altare fu però smantellato e portato nella chiesa di Lanischie (oggi Lanišće in Croazia).

Nella foto CMSA del luglio 1928 la cappella e l’altare di San Sergio prima della demolizioneimg319
Come dedica a San Sergio, nell’anticappella del Tesoro sulla navata sinistra di San Giusto, appare il grande dipinto di Carlo Wostry raffigurante il giovane santo e la scena della caduta dell’alabarda sul piazzale davanti il Propileo romano narrata nell’antica leggenda.

Nella foto (GA) il grande pannello di Carlo Wostry corr. 2

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Sulla parete sinistra della navata dell’Addolorata, limitrofa alla cappella di San Giovanni, è appeso il bel quadro di Benedetto Carpaccio (9) Madonna che allatta il Figlio tra San Giusto e San Sergio risalente al 1540 e sottoposto a un restauro nel 1913.  (10) Il nostro comprotettore appare qui vestito da soldato con in mano la lancia-alabarda riportata anche sul fondo rosso dello scudo.Madonna
Una statua di San Sergio in corazza con l’alabarda in pugno si trova anche in un camminamento del castellosss ss
Un altro San Sergio fu invece scolpito da Francesco Bosa nel 1842 ed è collocata tra gli altri cinque protettori di Trieste nell’attico della Chiesa di Sant’Antonio Nuovo. (11)trip advisor
In uno dei medaglioni appesi sulla navata della chiesa di Montuzza è custodito invece un dipinto di Pompeo Randi (Forlì 1827 – 1880). L’immagine di questo San Sergio guerriero è molto bella e mi ha colpito per un particolare ben visibile nell’ingrandimento e che, se mi si scuserà per l’ignoranza, non mi sarei proprio aspettata.sergio

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Così questo personaggio combattente ma così tanto devoto cristiano da divenire un martire e per di più un nostro protettore, mi ha incuriosito e ho cercato la sua storia che riproporrò in sintesi nel prossimo articolo.

Note:
1. Notizia tratta da triestestoria.altervista
2. Secondo Silvio Rutteri su carte del Quattrocento il luogo indicato come “soto Sancti Serci” sarebbe collocabile tra la via Rota e la via dell’Ospitale dove un certo Paris Pellegrini possedeva dei fondi
3. Da Diocesi di Trieste
4. Il Caboro fu anche identificato come la zona sul fianco sottostante al Castello, nome che poi rimase sulla via lungo la collinetta di Montuzza
5. Notizia riportata da Luigi de Jenner
6. Notizia riferita da Silvio Rutteri
7. Soprannominato Nane, fu fratello dello storico-letterato Pietro Kandler, Trieste 1805-1865
8. Da Atlante dei Beni Culturali
9. Figlio del più famoso Vittore, Venezia 1500 – Capodistria 1560
10. Il dipinto fu realizzato per la sala del Consiglio Maggiore di Trieste, esposto sotto il portico della Torre del Porto, in seguito nella chiesa San Pietro di piazza Grande e dopo la sua demolizione nel 1870 affidato alla Cattedrale di San Giusto
11. La statua di San Sergio, caduta durante il terremoto del 1976, venne restaurata nel 1988

Notizie tratte da: Silvio Rutteri, Trieste Storia e Arte tra vie e piazze, Ed. LINT, Trieste, 1981 – Trieste – Spunti dal suo passato, Ed. LINT, Trieste, 1971;
Marzia Vidulli Torlo, San Giusto, ritratto di una Cattedrale, Civici Musei di Storia e Arte, Trieste, 2003;
Articolo sulla Rivista “la Bora”, 1979 – Triestestoria.altervista – Wikipedia – Wikisource

Il barone Pasquale Revoltella

Tra tutte le note biografiche del barone Pasquale Revoltella vorremmo riportare le notizie tramandate dal nostro Carlo Wostry (Trieste 1865 – 1943) nel suo scanzonato libro-memoriale Storia del Circolo Artistico di Trieste (pubblicato nel 1934) dove, fra una goliardata e l’altra dei giovani artisti, sono descritti con leggerezza e humor alcuni aspetti della vita del nostro importante benefattore.
Come riferisce lo stesso Wostry, le informazioni provenivano da Augusto Tominz, intimo amico del barone e da Carlo Marussig, procuratore della sua ditta.
Il nostro illustre concittadino venne al mondo a Venezia nel 1795 in un’umile famiglia di macellai, divenuta poverissima quando il padre prematuramente morì.
La vedova Domenica allevò quindi fra gli stenti il piccolo Pasquale assicurandogli una buona istruzione e un forte, reciproco legame affettivo che si perpetuò fino alla sua morte avvenuta il 25 novembre 1830.
Trasferitosi a Trieste nei primi anni dell’Ottocento, Pasquale Revoltella si impiegò nell’impresa commerciale del console svizzero Teodoro Necker. Dotato di un singolare talento per gli affari il futuro barone riuscì in breve tempo ad aprire una ditta export-import di granaglie e legnami che si affermò rapidamente permettendogli di avviare una seconda attività di finanziere come azionista delle Assicurazioni Generali.

Alloggiato in casa Fontana in piazza del Sale (attuale piazza Cavana) commissionò all’architetto berlinese Hitzig il celebre palazzo a due piani affacciato su piazza Giuseppina (divenuta poi piazza Venezia). L’inaugurazione avvenne nel 1858 con un sontuoso ballo al quale partecipò, oltre all’elite triestina, anche l’arciduca Massimiliano d’Asburgo, allora governatore della Lombardia.Autocertificazione 2371Come massimo finanziatore di tutti gli artisti, Carlo Wostry ne fa una descrizione entusiasta: “Fu un instancabile animatore della vita culturale, un impareggiabile suscitatore di energie” scrisse nella Storia del Circolo Artistico, ed effettivamente Pasquale Revoltella aiutò e valorizzò letterati, scienziati, pittori e scultori con la generosità che contraddistinse tutta la sua filantropica vita. Ebbe sempre parte attivissima come presidente nelle esposizioni annuali della Società di Belle Arti, fondò con Francesco Gossleth  (nota ) la Scuola Triestina di disegno e costruì, a sue spese, il Teatro Armonia, lo stabilimento Tecnico Triestino e la fabbrica della birra Dreher.
Nel suo palazzo si succedevano grandiosi ricevimenti e balli alternati con una sorta di fiere a pagamento il cui ricavato era poi devoluto all’Istituto di Beneficienza di via Pascoli (oggi divenuto Ente Assistenziale Privato) di cui fu uno dei fondatori.
Nei luculliani pranzi a Palazzo Revoltella, serviti nei saloni di rappresentanza da eserciti di camerieri, venivano portati giganteschi vassoi con le primizie più rare e costose presentate con raffinato gusto dal master-chef francese Antoine Delorme e il suo stuolo di cuochi, sottocuochi fornai e pasticcieri. Alla fine dei déjeneurs non mancavano mai le deliziose fette d’ananas provenienti dalle fornitissime serre nel parco al Cacciatore dove il ricco barone possedeva un rustico chalet  per i week-end e le battute di caccia. Autocertificazione 2374

Durante i ricevimenti serali le più belle ed eleganti signore della città venivano sempre omaggiate con raffinati doni ricambiati con la loro adorante e affettuosa dedizione.  In una delle sale del palazzo, occupata poi dal pittore Alfredo Tominz, per anni solerte direttore del futuro Museo, il Gossleth aveva costruito delle grandi bacheche per esporre i principeschi cadeaux acquistati dal Revoltella nel corso dei suoi innumerevoli viaggi: oggetti d’oro, argento, avorio e arte cinese. Negli armadi venivano conservati costosi scialli e tagli di seta mentre nelle scintillanti vetrine di cristallo erano esposti ricami, merletti e i preziosi pizzi di Valenciennes, Chantilly e d’Idria. Come allegramente riferisce Carlo Wostry le cronache cittadine dell’epoca riportavano maliziosamente che il sovrabbondante assortimento di doni offerti dal generoso barone fosse in continua concorrenza con quello profferito dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo nei suoi altrettanto sontuosi ricevimenti.

Quando esplose lo scandalo delle forniture nella guerra d’Italia del 1859 e sorto un sospetto sulla sua correità, venne arrestato e processato nel Tribunale di Vienna ma fu assolto per mancanza di prove e un anno dopo nominato barone.

Sebbene Pasquale Revoltella non fosse riuscito a diventare podestà di Trieste, ruolo a cui forse aspirava, fu davvero molto generoso con la città che lo arricchì a dismisura. Alle chiese di Trieste donò ostensori, arredi sacri, lampadari d’argento, organi e pavimentazioni in marmo, finanziò l’Ospedale infantile, il Civico Ospedale, l’Hotel de la Ville, fu azionista nella costruzione del Tergesteo, della Villa Ferdinandea e della Scuola Superiore di Commercio, divenuta in seguito Regia Facoltà di Scienze Commerciali.
Com’è noto la sua più importante impresa fu la partecipazione al progetto della faraonica costruzione del canale di Suez a capo dell’ingegnere francese Ferdinand de Lesseps (1805-1894) su progetto tecnico del trentino Luigi Negrelli. Nominato vice Presidente della Compagnia Universale vi partecipò diplomaticamente tramite la nomina di Presidente della camera di Commercio.

Afflitto da una progressiva malattia renale il barone si avviò lentamente verso la morte, avvenuta con grande sofferenza nella sua prediletta villa al Cacciatore la sera dell’8 settembre 1869 (nota 2), nove giorni prima della sfarzosa inaugurazione del canale di Suez.Autocertificazione 2364
Allestita la camera ardente nella sala del secondo piano di Palazzo Revoltella per l’ultimo saluto all’amato benefattore, i solenni funerali furono seguiti da una folla commossa e riconoscente.
Oltre ai generosi lasciti per opere di beneficienza a Trieste e a Venezia, egli lasciò al Comune l’eredità del suo palazzo con tutti gli arredi, le collezioni di quadri, sculture, libri e medaglie più un ingente capitale che sarebbe stato gestito da un apposito curatorio per la continuità di un Museo di Belle Arti, così come ancora oggi ci appare nel suo fascino immutato e pieno di emozioni.Autocertificazione 2365

HPIM0468Nelle foto il testamento con le volontà per la sepoltura e la sua tomba nella cripta della chiesa San Pasquale Baylon di Villa Revoltella.

Note:

(1) Francesco Gossleth oltre alla mobilia di palazzo Revoltella, costruì per commissione di Massimiliano d’Asburgo alcuni arredi per il castello di Miramare;

(2) Testimonianza riportata sul citato libro di Carlo Wostry;

Fonte: Carlo Wostry, Storia del Circolo Artistico, E. Svevo, Trieste, 1991 – foto da collezione personale

Il Civico museo Sartorio espone i disegni di Giambattista Tiepolo

A 95 anni dalla loro acquisizione da parte del ricchissimo collezionista d’arte barone Giuseppe Sartorio (Trieste 1838 – 1910), il 17 dicembre 1988 vengono finalmente esposti al pubblico i primi 100 disegni e bozzetti vari di Giambattista Tiepolo (Venezia 1727 – Madrid 1770), parte di una raccolta di 254 fogli lasciata in eredità al Civico Museo di Storia e Arte di Trieste con il lascito testamentario del nobile filantropo.

L’incredibile storia del loro reperimento è stata narrata da Carlo Wostry (pittore di notevole talento e spregiudicato faccendiere) nella sua “Storia del circolo Artistico di Trieste” (Edizioni Svevo, Trieste, 1991).

Sembra che il prezioso malloppo fosse racchiuso assieme a vecchie cartacce in un baule ritirato dal commerciante triestino Pietro Zanolla dopo la dipartita di un certo Viviani, di professione incisore a Isola d’Istria. La scoperta della geniale mano del maestro veneziano fu il colpo di fortuna del sig. Conti, sconosciuto scultore dell’epoca, che per la distratta sventatezza dello Zanolla, riuscì a impossessarsi in gran fretta e per pochi soldi di tutti i pregiatissimi disegni. Intendendo ovviamente arricchirsi, iniziò a venderli a singoli raccoglitori d’arte finché il barone Sartorio, informato della dispersione di cotanto tesoro, incaricò l’amico Carlo Wostry di recuperarlo con i massimi rialzi di prezzo.

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L’inestimabile collezione raccolta entro il 1893 e custodita con la massima cura fino alla morte del generoso benefattore, ricopre tutto l’arco della produzione artistica di Giambattista Tiepolo e comprende i bozzetti di soggetti rintracciabili in affreschi di palazzi veneziani, chiese, residenze reali e opere esposte in diversi musei.

I restauri dei vetusti e fragili fogli (per la maggior parte a penna con ombreggiature acquerellate ma anche a matita sanguigna, gessetto e inchiostro metallo) sono stati eseguiti dal Centro Studi e Restauro di Gorizia con effetti di straordinaria freschezza.

Al Comune di Trieste venne donata anche la storica villa residenziale dei Sartorio completa di arredi e di una collezione di 2.379 oggetti di grande valore antiquario.

Fonti:

Civico Museo Sartorio“, Rotary Club di Trieste, 1997

Carlo Wostry, Storia del Circolo Artistico di Trieste, Edizioni Svevo, Trieste, 1991

 

Gabriella Amstici