Ars gratia artis

Non vi sembrano belle queste tre semplici parole dedicate all’arte? Non è forse dolce il termine gratia per definire quel certo turbamento, quell’indefinibile piacere che sfiora, prende, assale, avvolge e coinvolge la nostra mente, i nostri sensi e tutto il nostro “sentire”? A quale “stato di grazia” più intenso dell’emozione potremmo aspirare? Quale spazio più sconfinato dell’andare “altrove” vivendo un tempo dedicato alle nostre passioni?
Si può certo disquisire sul concetto di “arte”, sui dik-tat delle mode o sui corrispettivi venali di uno Star-system ormai planetario, ma mai, mai sul valore dell’ars gratia artis, del  concupire le muse dell’arte per un diletto privo di fini e refenzialità.
Il suo percorso potrebbe tuttavia presentare alcune pericolose insidie capaci di scombinare l’assioma e le sue sensibilissime dinamiche.

Autoritratto in gesso

Sulle varianti delle possibili conseguenze vorrei qui brevemente ricordare mio padre Mario Amstici, un artista che volle usare il suo talento sfidando le incognite della sorte.
Ottenuto il diploma al liceo artistico di Venezia, città d’origine di un suo bisavolo, e interrotti gli studi all’Accademia di Belle Arti, venne infatti preso da un insopprimibile furore per l’arte che non si placò nemmeno quando, per sopravvenute esigenze familiari, fu costretto ad accettare un impiego presso la sede dell’ lNAIL.
Sopportando il lavoro con spirito di dovere ed eroica costanza, egli sfruttò tutto il tempo libero per dedicarsi ai suoi interessi diversificati tra temerarie scalate in montagna e le creazioni svolte nello scantinato-laboratorio di casa.
La sua vita attiva e operosa sarebbe stata più che soddisfacente se non gli si fosse presentata un’occasione per mettersi in gioco e tentare la fortuna. Nel 1954 il Comune di Trieste indisse un concorso per un monumento mariano nella centralissima piazza Garibaldi di Trieste. Dalla presentazione dei bozzetti ne sarebbero stati scelti 5 per la successiva elaborazione delle opere secondo le modalità previste.
Con l’aiuto dell’amico-scultore Tullio Tamaro, Amstici creò la sua piccola madonna di gesso ricoprendola poi con sottili lamine dorate anticipando così l’effetto della scultura definitiva. Sia per la soavità dell’immagine che per l’inganno della sua lucentezza, la Madonna di papà riuscì a entrare nella cinquina delle finaliste.
Galvanizzato dall’insperato riconoscimento, organizzò il lavoro per creare la statua nell’altezza stabilita in ben 2,20 metri dal piedistallo.
Presa in affitto una serra in disuso, acquistò delle incredibili quantità di argilla, stucco, gesso, oli minerali e arnesi vari, iniziando la plasmatura con grande entusiasmo e indicibile fatica.

Le statue finaliste

Dopo un avventuroso trasporto nella palestra della scuola Manna di Roiano, i cinque candidi monumenti in gesso furono esposti per le valutazioni del sindaco Gianni Bartoli e del vescovo monsignor Santin. Nonostante la Madonna di papà fosse stata la più ammirata, forse per quel suo bel viso o per il tenero gesto delle braccia rivolte alla terra, venne scelta quella di uno scultore di origine polacca, Franco Atscho (italianizzato poi in Asco, 1903 – 1970) già conosciuto in città.
La sua moderna Madonna con le braccia al cielo fu poi ritrattata nel bronzo fuso, ricoperta d’oro zecchino e innalzata su un’altissima colonna dove rimase per l’eterna gloria.

Statua in gesso di Mario Amstici

Più che per il mancato compenso per mio padre la sconfitta fu talmente bruciante che non riuscì più a sopportare la vista della sua creatura plasmata con tanto fervore. E così, in un momento di sciagurata follia, la distrusse con violente martellate e i mille frammenti furono sepolti nell’intercapedine della cantina-laboratorio dove ancora giacciono.

Da allora decise di dedicarsi alle sue molte passioni secondo le ispirazioni e gli estri del momento senza nessuna finalità che non fosse quello dell’ars gratia artis.

Vent’anni dopo l’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo pubblicò nel libro “Carso triestino” (con i testi di Sergio Pirnetti, Ed. Lint, 1975) le belle foto di Mario Amstici scattate nei dintorni di Trieste con l’avvicendarsi delle stagioni.

lobianco785 La presentazione al Circolo della Stampa di tutta la serie di diapositive accompagnate dalla musica delle Quattro stagioni di Vivaldi emozionò moltissimo il pubblico che acquistò con piacere quel libro dedicato alla nostra amata città.
Fu un momento davvero felice per mio padre che, commosso, non disdegnò la gratificazione di quel successo.
Chissà se allora si fosse un po’ pentito della sua insensata furia su quella povera, innocente Madonna.

Le sue passioni creative furono perseguite anche nel corso della sua lunga malattia fino agli ultimi giorni di vita conclusasi il 17 marzo 1997.

La storia del monumento mariano è stata ricordata da Fabiana Salvador  sull’ Archeografo Triestino del 2015

e  su un articolo della rivista Conrad http://www.konradnews.org/madonnina-devota-allitalia/

In ricordo di Mario Amstici per i 100 anni dalla sua nascita.

Mario Amstici: volto di Cristo in gesso

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