L’acquedotto romano di Val Rosandra

IMG_0242L’acquedotto romano, risalente al I° secolo d.C., testimonia lo straordinario ingegno idraulico della florida civiltà romana che nell’antica Tergeste e intorno ai sui suoi territori ha lasciato reperti di grandissimo interesse archeologico.
La sua base era costituita da un conglomerato di pietre e malta sovrastato da due muri laterali di piccole pietre squadrate per una larghezza di circa 55 cm. che però variava a seconda dei tratti e della pendenza la cui media si attestava al 2%. A causa degli smottamenti dei detriti di falda non si è stabilito se l’acquedotto fosse un canale scavato o se corresse su delle arcate sopraelevate emerse in alcuni punti.
L’acqua veniva prelevata da una sorgente situata nel corso medio del torrente Rosandra, alla base del Crinale sotto il monte Carso, e dopo aver costeggiato monte San Michele riceveva un secondo ramo proveniente da San Dorligo (nota 1) e un terzo da quello dell’ Antro di Bagnoli (nota 2) (nota 3).

Da qui iniziava la condotta sotterranea che attraverso i 16 – 17 chilometri di lunghezza veniva convogliata in un fontanone pubblico nella zona di piazza Cavana fornendo l’approvvigionamento dell’acqua a tutta la colonia tergestina.
Tracce dell’acquedotto vennero trovate alla fine di via Bramante (nota 4) e in via Madonna del Mare dove, nel 1805, venne scoperta una galleria lunga 264 metri.
Questa importante opera idraulica romana fu descritta dallo storico Ireneo della Croce ((Trieste 1625 – Venezia 1713) nella sua Historia antica e moderna, sacra e profana della città di Trieste e in seguito studiata dal professor Girolamo Agapito (Pinguente d’Istria 1783 – Trieste 1844).

Quando nel 1815 l’architetto Pietro Nobile valutò che le acque trasportate nel canale sotterraneo potessero ammontare a ben 5.800 metri cubi nelle 24 ore, Domenico Rossetti volle propugnare il ripristino di quel notevole approvvigionamento e a seguito della terribile siccità verificatasi nel 1827 avanzò una richiesta ufficiale al governo austriaco.
Si presume che l’acquedotto romano funzionò fino al V o VI secolo quando, per la contrazione demografica, per il progressivo impoverimento della città e l’isolamento di tutto il territorio carsico, sarà abbandonato a sé stesso per lungo tempo.

Considerando che dalla fonte di Val Rosandra al fontanone di Cavana il dislivello è di soli 90 metri, l’acquedotto romano del nostro territorio fu un opera davvero straordinaria sia per l’accuratezza delle misurazioni che per la sua sopravvivenza a ben due millenni di storia.

NOTE:
1. Rinvenuto nel 1954 durante gli scavi alle fondamenta di una casa a Crogole;

2. Si ritenne che i tre rami dell’acquedotto convogliassero in una grande vasca di raccolta;

3. Nel 1976 a Borgo San Sergio venne rinvenuto un manufatto proveniente dall’acquedotto di Bagnoli lungo 216 metri e con una pendenza dell’1,1 per mille a mezza costa della collina (in una quota do di 74 metri) costituito da blocchi irregolari di arenaria legati con malta. Il segmento era dotato di cinque pozzi posti ad una distanza variabile da 30 a 36 metri;

4. Un segmento di 10,65 metri (a sezione quadrata) dell’acquedotto in pendenza verso via Bramante venne scoperto durante gli scavi del 1902.

FONTI:
Enrico Halupca, Le meraviglie del Carso, LINT Editoriale, 1998-2004, Trieste
Siti vari su Internet

http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/03/21/news/a-bagnoli-riaffiora-un-acquedotto-romano-1.11089881

 http://www.museifriuliveneziagiulia.it/scheda_museo.html?id=58

3 pensieri su “L’acquedotto romano di Val Rosandra

  1. Pingback: I mulini del torrente Lussandra | quitrieste

  2. Luca Cossutti

    scusate chi di voi mi sa dire se c’era una vecchia strada Romana che costeggiava l’acquedotto e raggiungesse Beka, Erpelle Cosina?

    Ho saputo che lungo la ex ferrovia da Altura a San Lorenzo-Basovizza c’era una strada, ancora percorribile.. come si chiamava? Era un ramo della Via Flavia il collegamento Flavia-Annia? Ricordiamo che la Via Annia da Aquileia percorreva un tratto di SS14 e poi Sr. Provinciale del Carso per ricollegarsi a Basovizza alla SS14. Da qui raggingeva Fiume, Sena e si dirigeva verso Gospic, Tenin, Sebenico, Spalato, Ragusa. Una strada, divenuta con Tito la Strada Maestra da Sena raggiungeva Sebenico lungo la costa (alternativa all’Annia).

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