Lady Burton “la timorata di Dio”

Dopo la morte del console Sir Richard Francis Burton, di cui abbiamo scritto nell’articolo precedente, accaddero dei fatti che non solo fecero molto discutere sul comportamento della moglie Isabel Arundell, ma anche per l’irreparabile perdita di documenti e traduzioni di grande valore storico, antropologico e linguistico.
La devota e cattolicissima Isabel, dopo aver vissuto un intenso e morboso legame con l’agnostico consorte, volle riscattare – a suo modo – i suoi molti “peccati” impartendogli negli ultimi istanti di vita una sorta di battesimo con preghiere e un po’ d’acqua. “Se solo potessi salvare l’anima di Dick!” aveva spesso confidato agli amici intimi. Non solo, ma adducendo la sua segreta conversione in fin di vita, convocò un prete costringendolo a impartirgli l’Estrema Unzione a morte già avvenuta.
Organizzati un sontuoso funerale a Trieste con gli alti cerimoniali impartiti dal Vescovo e una sepoltura altrettanto cattolica in patria, la pia Isabel si chiuse nella villa di San Vito per mettere mano sull’archivio dell’illustre coniuge. Il pietoso riscatto religioso in sua memoria sarebbe anche stato dimenticato se costei non avesse attuato l’irreparabile scempio sui moltissimi carteggi inediti distruggendoli con un accanimento agghiacciante.
Non mostrare mai lavori incompleti alle donne e agli sciocchi” scrisse Burton sugli appunti dei Carmina di Catullo ritenendo che la scelta di tradurre e pubblicare antichi testi censurati per secoli nelle parti ritenute scandalose rispondeva al suo irrefrenabile impulso di divulgarli senza però valutarne i rischi connessi.
Così il prezioso manoscritto The Scented Garden, il suo ultimo lavoro tradotto integralmente dall’arabo e già predisposto per le stampe, fu bruciato e riscritto togliendo i passaggi più “spinti” e le parole più “impudiche”. “Non posso ingannare Dio Onnipotente che tiene l’anima di mio marito nelle sue mani” ritenne la timorata Lady Burton, rinunciando alla grossa cifra offerta da un editore londinese.
Ritenendosi dunque tenutaria di un’inconfutabile verità ebbe anche il coraggio di asserire che fu Richard stesso ad “apparirgli” chiedendole di distruggere il testo del Giardino Profumato e che “dopo” le sarebbe riapparso “in un fascio di luce e di pace”.
L’isterico comportamento di Isabel irritò non solo gli editori interessati ma anche i familiari e la vasta cerchia di amicizie che ritenendola bigotta e bugiarda la disconobbero come depositaria dell’ingente eredità storiografica del poliedrico personaggio che, del tutto assorbito dalle sue passioni, evidentemente sottovalutò l’aspetto violento e vendicativo di quella moglie tanto devota.
Sul colle di San Vito fu dunque acceso un grande falò dove, a due settimane dalla sua dipartita, tutti gli inediti e preziosi scritti di Burton nel corso di cinquant’anni di studi, esplorazioni, ricerche ed eccezionali avventure vennero gettati tra le fiamme. Le furiose scintille aizzate dalla bora arsero per giorni e giorni nel bel giardino di villa Economo, ultimo testimone di quelle pagine che raccontavano una mitica e straordinaria vita che nessuno potrà raccontare. Né fu tenuta in considerazione la corposa biografia The Life of Sir Richard F. Burton che l’ossequiosa vedova scrisse su 1200 pagine piene di esaltazioni quanto di fandonie.
Sicuramente però le sofferte amicizie con ambigui personaggi maschili e le meticolose analisi di sfondo sado-masochistico praticate nel bordello di Karachi indussero a considerare che l’eccentrico console fosse tormentato da una latente omosessualità, tematica all’epoca ancora più scandalosa dell’erotismo bisessuale.
Ma a onor di verità si potrebbe tuttavia constatare che Isabel, dotata di una personalità forte e combattiva, non si piegò mai alle dissolutezze del famoso consorte, trovando un autonomo modus-vivendi dedicato alle letture impegnate e allo studio delle lingue.
Andrebbero anche rivalutati alcuni spunti di un femminismo ante-litteram che persino stupisce:
Ho la sensazione che noi donne non facciamo altro che nascere, sposarci e morire. Chi sente la nostra mancanza? perché non dovremmo avere una vita utile ed attiva? Perché, dotate di spirito, cervello ed energie, noi donne dobbiamo esistere per fare lavori sprecati e tenere i conti della casa? Tutto ciò la dà la nausea e non lo farò”: frase riportata sul libro di W.H: Wilkins, The Romance of Isabel Lady Burton che ci piace ricordare in questa storia così intrigante.

Lady Burton al lavoro nel salotto di Villa Economo (Collezione degli Ivanissevich)

(Le notizie sono state tratte dal libro di Corinna Valentini “L’esilio del leone”, Mgs Press, Trieste, 1998)

Gabriella Amstici

Un pensiero su “Lady Burton “la timorata di Dio”

  1. salvatore Cicala

    Ancora una volta si nota il danno incredibile svolto dalla chiesa(o da i suoi adepti) nei confronti della civile umanità.

    Replica

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