Figlia del re del Belgio Leopoldo I di Sassonia-Coburgo, la principessa Charlotte nasce a Laeken il 7 giugno 1840 e vive un’infanzia felice fino ai 10 anni. Dopo la prematura scomparsa della madre Luisa d’Orléans subisce passivamente l’influenza religiosa e severa degli educatori che le infonderanno un opprimente senso del dovere oltre a quello già imposto dal suo titolo nobiliare.
Nella foto Carlotta vestita a lutto
Quando il 27 luglio 1857 si sposa a soli 17 anni con l’arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, il biondo e affascinante fratello dell’Imperatore Francesco Giuseppe, non si aspetta che uno splendido avvenire. Dopo il sontuoso matrimonio a Bruxelles tra il Gotha della nobiltà e un felice viaggio di nozze nelle capitali d’Europa, la nobile copia vivrà tra le residenze di Milano, Monza e Venezia dove Massimiliano assolveva con impegno l’incarico di governatore del Regno Lombardo-Veneto conferitogli dal fratello.
In seguito alle guerre per l’indipendenza delle province nel 1859 i giovani sposi saranno però costretti a fuggire. Sceglieranno così di vivere a Trieste dove Max attendeva il completamento del bianco castello a picco sul mare il cui progetto era stato affidato all’ingegnere austriaco Karl Junger fin dal 1855.
Dopo la permanenza in Villa Lazarovich sul colle di San Vito (1) e in seguito nel Gartenhaus del parco di Miramare, Massimiliano e Carlotta si trasferiranno al primo piano dell’incantevole castello. Ma proprio tra quelle sfarzose stanze l’arciduchessa vivrà i suoi primi tormenti in attesa dell’irrequieto marito sempre alla ricerca di interessanti progetti fra Vienna e Trieste.
Dopo soli tre anni di matrimonio la giovane Carlotta s’incupisce e abbandona il letto nuziale per motivi mai chiariti ma che hanno alimentato una serie di sospetti e illazioni sul comportamento libertino di Massimiliano. Certo è che non furono mai esternate critiche o lamentele, anzi, la nobile coppia dichiarerà sempre il reciproco affetto anche nel corso delle loro tragiche vicende. (2).
Così quando all’arciduca verrà proposta la corona del Messico, affronteranno apparentemente uniti l’ambizioso progetto dedicandovi tutte le loro giovani energie.
A nulla serviranno i moniti di re Lepoldo I, l’amorevole padre di Charlotte, che aveva intuito i pericoli incombenti sugli ambiziosi Imperatori: il 5 aprile 1864 alla presenza di Francesco Giuseppe l’arciduca sottoscriverà il suo testamento (3) e il 14 aprile si imbarcherà sulla fregata Novara alla volta del suo Impero.
(Nella foto la Corona del Messico)
Nessuno sarebbe mai riuscito a portare a buon fine quell’insensato compito in uno stato sconvolto dalle insanguinate battaglie interne e in pieno corso della guerra di secessione tra Stati Uniti e Stati Confederati, eppure fu ciò che accadde.
Dall’arrivo trionfale a Veracruz il 28 maggio 1864 alla drammatica conclusione di quell’impossibile regno, saranno scritte immani pagine di storia non certo gloriose per i regni dell’Europa che pur avevano puntato sulle colonie d’oltreoceano.
Qui ci limiteremo a considerare solamente che quando il subdolo Imperatore di Francia Napoleone III (1808 – 1873) costretto a scongiurare il pericolo di una disastrosa guerra con gli Stati Uniti stessi, ritirerà le sue truppe dal Messico, la sorte del giovane sovrano sarà ormai segnata.
Dopo essersi data anima e corpo alla causa di quell’assurdo impero, la povera Carlotta tenterà di chiedere un estremo aiuto alle corti d’Europa.
In seguito a un torrido viaggio da Veracruz a Parigi (4) e l’umiliante rifiuto di Napoleone III, il 28 agosto raggiungerà Miramare per riprendersi da un penoso sfinimento per poi ripartire piena d’angoscia già il 18 settembre alla volta di Roma affrontando l’incontro con papa Pio IX.
Sebbene nel drammatico colloquio del 27 settembre si fosse prostrata ai suoi piedi supplicandolo d’intercedere con l’imperatore di Francia, ricevette un irremovibile diniego. Disperata e sconvolta, tra l’imbarazzo di tutta la Curia, esploderà in una grave crisi nervosa e dopo una terribile notte in Vaticano trascorsa in stato di grande agitazione (5) il 18 ottobre 1866 sarà ricondotta a Miramare.
Da allora inizierà a rifiutare il cibo ritenendolo avvelenato, a percorrere turbata e confusa le stanze del castello o i viali del parco, aspettando sul molo della sfinge il ritorno del suo Max.
Condotta per volere dei medici al Gartenhaus, ufficialmente per essere protetta, verrà rinchiusa in assoluto isolamento tra porte e finestre sbarrate.(6)
La giovane sovrana sprofonderà così in un lento, progressivo deterioramento seppure alternato a momenti di lucidità in cui riemergeranno le passioni di un tempo e gli struggenti ricordi dei giorni felici.
Non venne informata sulla drammatica situazione di Massimiliano, della sua prigionia con la sentenza di morte e meno che mai dell’esecuzione avvenuta a Queretaro il 19 giugno 1867.
Sembra davvero incredibile che soltanto allora la famiglia reale di Bruxelles avesse saputo delle sue penose condizioni psico-fisiche e che per ricondurla al castello di al castello di Laeken (7), dov’era nata e vissuta fino al giorno del suo sventurato matrimonio, fosse stato necessaria l’autorizzazione di Francesco Giuseppe in persona.
Partita da Miramare il 29 luglio 1867, Carlotta non vi farà più ritorno.
Trasferitasi pochi giorni dopo al castello di Tervueren, solamente nel gennaio 1868 verrà informata della morte di Massimiliano.
Dopo l’incendio del 31 marzo 1879 sarà ancora la regina Marie-Enriette a soccorrere la cognata riportandola nuovamente a Laeken. Qui rimarrà fino all’ultimazione del castello di Bouchout (tra Bruxelles e Laeken), acquistato per lei dal fratello Leopoldo II.
In questa severa fortezza tardo-gotica, rinchiusa da altissime mura e circondata dall’acqua, la nostra Carlotta trascorrerà in solitudine il resto della sua lunga vita, trovando una certa tranquillità tra le letture, il riordino dei documenti portati dal Messico e le passeggiate nel parco. “Egli era così buono il mio Max! Tutti l’amano tanto…” ripeterà spesso ad alta voce. Ma si potrebbe supporre anche la consapevole rassegnazione al suo destino quando talvolta avvertiva i suoi interlocutori: “Non fate attenzione, signore, se si sragiona… Un grande matrimonio, signore, e poi la follia. Ma la follia è fatta dagli avvenimenti…”.
Il mondo crollerà attorno a lei ma tutte le vicende storiche, la fine dell’impero francese, la tragedia di Mayerling, (8), l’assassinio della cognata Elisabetta, dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo fino alla caduta degli Asburgo alla fine della Grande Guerra, si svolgeranno nella sua rassegnata indifferenza.
Alle 7 del mattino del 19 gennaio 1927, dopo un indebolimento generale, una paralisi alle gambe e un’agonia di 28 ore per una sopraggiunta polmonite, Carlotta raggiungerà finalmente la sua pace.
Il 22 gennaio la sua bara bianca circondata dai fiori attraverserà le tristi brume coperte di neve per essere tumulata nella cripta reale di Notre-Dame di Laeken.
Note:
(1) In via Tigor n. 23 (oggi molto rimaneggiata)
(2) I continui viaggi dell’Arciduca Massimiliano sono testimoniati dalle molte lettere inviate negli anni 1856 – 1859 riportate nel libro Mia cara, adorata Charlotte, M. Bolaffio Editore, 1987, Trieste
(3) Il testamento è riportato nel libro: Massimiliano da Trieste al Messico, Ed .LINT, Trieste, 1986
(4) Dal 13 luglio al 9 agosto 1866
(5) L’imperatrice Carlotta fu l’unica donna a soggiornare in Vaticano
(6) Ma qualcuno tra la servitù riportò delle voci…
(7) Accompagnata dalla cognata regina Marie-Enriette d’Asburgo-Lorena, moglie del fratello Leopoldo II divenuto re del Belgio nel 1865
(8) L’arciduca Rodolfo, nipote di Massimiliano, era sposato con la principessa Stephanie, figlia di Leopoldo II
Fonti tratte da:
Oscar de Incontrera, L’ultimo soggiorno dell’Imperatrice Carlotta a Miramare, Soc. Mutilati e Combattenti, Trieste, 1937;
Mia Kerckvoorde, Il tragico destino di un’Imperatrice, Edizioni Mursia, Milano,1993;
Provincia Ts: Massimiliano da Trieste al Messico, Ed. LINT, Trieste, 1986
Ad onor del vero,si il subdolo imperatore Napoleone III,ma bisogna anche osservare che egli pregò e scongiurò Massimiliano di ritirarsi insieme alle sue truppe,cosa che Max rifiutò.