Archivio mensile:agosto 2018

Antiche cappelle

li sviluppi architettonici e urbanistici hanno spesso sacrificato degli edifici storici per favorire i quartieri residenziali e la viabilità ma alcune strutture sono state risparmiate dalle ruspe e continuano a sopravvivere. Forse per rispetto dei credenti o per le tradizioni di un tempo, alcune antiche cappelle di città e dintorni sono state conservate e restaurate testimoniando le storie del loro passato.

Sul monte di San Pantaleone, quand’era ancora ricoperto dalle campagne, nel 1724 venne eretta una piccola chiesa nella proprietà di Anton Pietro de Giuliani e della consorte Elena. Nelle Reminiscenze storiche di Trieste lo storico Pietro Tomasin riporta che l’edificio fu dedicato alla Beata Vergine in memoria di una tremenda bufera avvenuta il 5 agosto del 1710 e dove in seguito si svolse una processione dei confratelli del Santissimo Sacramento.disegno

Soppressa nel 1785 per ordine di Giuseppe II, nel 1830 la chiesetta accolse le spoglie dell’ultimo erede della nobile famiglia.
Caduta in rovina fu restaurata nel 1969 e alla fine degli Novanta; ancora ai nostri giorni il 24 luglio, giorno di San Pantaleone, viene officiata una breve messa sul campo adiacente.

Nella foto l’antica cappella intestata alla Madonna della neveMaria delle nevi
La cappella di via Giarizzole com’è oggigiarizzole
Tra le case di Strada Vecchia dell’Istria e la Salita di Zugnano si trova la cappella dedicata a Sant’Anna (1) dove il 26 luglio, giorno della sua commemorazione, veniva celebrata una messa propiziatoria per le partorienti (2). Nello spazio esterno le popolane vendevano fiori e candele tra le musiche della banda di Raute-Kolonkovec per poi continuare la festa nell’attiguo cortile dov’erano offerti biscotti e cioccolate calde per i bambini e trippe con vino per gli adulti.corretta sepia

Dallo storico carmelitano Ireneo della Croce sono state tramandate alcune notizie dell’antichissima cappella San Canciano, martire di Aquileia, eretta sul promontorio di Grignano e di cui rimangono le mura in un angolo del parco di Miramare, vicino al Castelletto.
Nel Milletrecento la zona era interamente coperta di vigneti e apparteneva alla potente casata tergestina dei Ranfi; in seguito alla leggendaria congiura del Rettore Marco con la sua uccisione e la condanna a morte della sua famiglia, nel 1322 il figlio Pietro vendette le terre di Grignano al Vescovado. Nel 1365 il decano Alberti le affittò insieme alle case e agli orti a un certo Marino di Prosecco e l’anno successivo nella chiesetta risulterebbe officiata la prima messa.
Mancando notizie successive si dedurrebbe che nei secoli successivi la spartana vita tra quelle campagne fosse proseguita tranquillamente fino alla perdita delle vigne e al successivo crollo della cappella.
Quando a metà dell’Ottocento l’arciduca Massimiliano d’Asburgo acquistò tutto il promontorio di Grignano, volle mantenere gli antichi ruderi preservando la nicchia dell’altare dove in seguito fu aggiunto un Cristo sulla croce ricavata dal legno della sua leggendaria nave Novara.Canciano due

La piccola chiesa di Cavana, voluta per volere testamentario del vescovo Nicolò Aldegardis dedicata a San Sebastiano fu consacrata nel 1459 ma in seguito alle terribili epidemie di peste avvenute nella prima metà del Cinquecento fu demolita e sulle sue rovine venne ricostruita una nuova cappella con il nome aggiuntivo di San Rocco, protettore degli appestati.
Quando però nel 1602 fu eretta la nuova Chiesa in piazza Grande intitolata al santo, la cappella di Cavana venne sconsacrata dall’imperatore Giuseppe II, nel 1782 messa all’incanto e dopo essere sottoposta ad alcune modifiche sulla facciata fu riadattata ad abitazione privata.
Nel 1871 venne ereditata dalla contessa Nugent e nel 1951 l’ultima proprietaria della nobile famiglia la donò al Comune.
Caduta in rovina nei decenni successivi sono in tempi recentissimi è stata ristrutturata e affittata a un centro commerciale. san sebastiano

La chiesetta gotica di lato alla Cattedrale di San Giusto risale al XII secolo ma divenne proprietà del Capitolo della Cattedrale nel 1328 (3). Dedicata a San Michele Arcangelo con l’appellativo “al Carnale” fu la cappella dell’antico cimitero cattolico e usata anche per la raccolta dei resti dei defunti che venivano gettati attraverso le 3 finestre rotonde sul lato dell’edificio per essere raccolte in un ossario comune sotto la cripta.
Quando nel 1784 l’imperatore Giuseppe II emanò il decreto di abolizione di tutte le sepolture delle chiese e dei cimiteri minori della Madonna del Mare, San Francesco, Santi Martiri e di San Nicolò, quello della Cattedrale fu ampliato rimanendo l’unico cattolico della città fino al suo smantellamento avvenuto nel 1825 per l’entrata in funzione del Campo santo di Sant’Anna.
San Michele al Carnale divenne così una cappella mortuaria usata fino al luglio del 1924; con le ristrutturazioni del 1929 venne riportata all’aspetto originario del Milletrecento quando iniziò la sua storia secolare.Carnaleal carnale
Note:
1. Sant’Anna, madre della Vergine Maria, è invocata come protettrice delle donne incinte che si rivolgono a lei per ottenere un parto felice, un figlio sano e il latte per poterlo allevare;
2. L’usanza continuò fino agli anni Cinquanta:
3. Il Capitolo Cattedrale di San Giusto Martire è la più antica istituzione ecclesiastica della Diocesi ed è costituita dal Vescovo e da un insieme di clerici per l’assistenza della chiesa e la conservazione dei documenti.

Notizie tratte da: Pietro Tomasin, Reminiscenze storiche di Trieste – dal IV al IXI sec., Tip. G. Balestra, Trieste, 1900 – Civici Musei di storia e Arte, San Giusto, ritratto di una Cattedrale, Stella Arti grafiche, Trieste, 2003 – Atlante dei Beni Culturali – Enciclopedia Treccani

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La Passio di San Giusto

In un articolo pubblicato nel 1972 sull’ “Archeografo Triestino” il professor Giuseppe Cuscito riporta i suoi studi sulle origini cristiane di Trieste asserendo che i primi cristiani della colonia tergestina non fossero affatto soliti a radunarsi all’interno delle mura cittadine in quella casa di Eufemia e Tecla dove in seguito al loro martirio sorse l’oratorio e poi la chiesa di San Silvestro come venne sempre riportato nella storiografia.
Secondo il testo Tergeste, scritto nel 1951 dallo storico V. Scrinari, fu supposto che i primi devoti al cristianesimo usassero invece raccogliersi e pregare in luoghi esterni alle mura, lì dove avvenivano i supplizi e le sepolture dei martiri e dove in seguito sarebbero sorte le prime chiese.
Le notizie riguardanti il processo e la morte di Justus, il Patrono di Trieste San Giusto, furono riportate nella Passio, la più importante documentazione dell’epoca raccolta in 3 manoscritti medievali (1), senza però specificare l’anno (2) e il posto preciso in cui il corpo sarebbe stato tumulato.
Nonostante un errore sulle datazioni relative agli imperi romani, venne in seguito accertato che l’anno di riferimento del martirio fosse il 303, coincidente con quello dell’editto per la persecuzione dei cristiani emanato dall’imperatore Massimiano a cui seguì l’uccisione in terre siriane di San Sergio come riportato nel precedente articolo.
Nella Tergeste del III secolo D.C. l’esecuzione del decreto fu affidata al prefectus Mannacius che dando seguito alle denunce di alcuni cittadini fedeli all’Impero romano, convocò il giovane Giusto, reo di aver palesato il segno della croce, imponendogli di abiurare la sua fede cristiana e di offrire dei sacrifici agli dei pagani.
Dopo un deciso rifiuto e secondo l’osservanza delle procedure, Giusto fu rinchiuso in carcere per indurlo alla riflessione ma poiché continuò a ignorare le proposte del magistrato romano, fu flagellato e alla fine condannato a morte per annegamento (3). Avvolto dalle corde e con il cappio al collo fissato da una pietra fu gettato in mare al largo della costa.

Nella foto il Martirio di San Giusto dipinto nel 1900 da Carlo Wostry e conservato in Cattedrale nella navata della Pietà.img383La notte stessa in cui il suo destino fu compiuto il martire apparve in sogno al presbitero Sebastiano e rivelando il luogo dove giaceva il suo corpo gli chiese che quando fosse riemerso dalle profondità del mare di seppellirlo in un luogo nascosto dalle pubbliche autorità. (4)
I fedeli cristiani si recarono così verso quel tratto di costa e rinvenuto il corpo prodigiosamente libero da corde e piombi lo cosparsero di aromi avvolgendolo in tele pregiate.
La Passio riportò solo che i fedeli lo seppellirono non lontano dal luogo del ritrovamento (5) ma tutti gli studi successivi identificarono nell’antica area cimiteriale che si trovava tra l’attuale riva Grumula e il palazzo Revoltella nella zona identificabile dei SS. Martiri.

Trascorsero però molti secoli trascorsero prima di avere un riscontro di quanto riportato sulla Passio poiché solo nel 1963 in seguito agli scavi sulla via Madonna del Mare fu rinvenuta una Basilica Paleocristiana dalla pianta a forma di croce contenente delle iscrizioni databili tra la fine del IV secolo e l’inizio del VI e che di fatto costituirono i primi documenti della più antica comunità cristiana.
Sul presbiterio elevato rispetto all’aula e sotto il piano dell’altare venne scoperto un loculo in pietra per le reliquie che si ritenne avesse contenuto le ossa di San Giusto dopo la sua prima sepoltura.

Foto da Atlante dei Beni CulturaliPresbiterio Madonna del Mare
Dopo l’editto di Costantino del 313 si estese la libertà di culto che sotto la “Sancta Ecclesia Tergestina” proseguì fino all’epoca delle invasioni barbariche quando per il pericolo delle loro razzie profanatrici fu necessario trasferire i beni sacri entro le mura della città.
Nel V° secolo il culto cristiano si trasferì così sulla sommità del colle dove vicino alle rovine dei tempi pagani di Giove, Giunone e Minerva sorse la Basilica di Santa Maria Assunta.

Le reliquie di San Giusto vennero traslate nel IX secolo nella chiesa adiacente (6) dove rimasero fino agli inizi del Milletrecento quando per volere del vescovo Rodolfo Pedrazzani i due edifici vennero uniti in unica chiesa a 5 navate (7) con successivi adattamenti eseguiti dal vescovo Enrico von Wildenstein che nel 1385 la consacrò con un nuovo altare maggiore.
La preziosa urna in lamina d’argento sbalzato e dorato (8) sarà rinvenuta dopo la ricognizione sotto l’altare effettuata nel 1624 dal vescovo Rinaldo Scarlicchio; lo splendido dipinto del Santo con la simbolica palma del martirio sarà invece rinvenuta assieme le reliquie di San Servolo nel luglio del 1825.

Nella foto (di Marino Jerman) la capsella di San Giusto istoriata con girali di vite e un piccolo crocifisso risalente al Milleduecentoimg389

L’immagine del giovane Justus con il prezioso velo in seta di reminiscenza bizantina datato alla metà del Trecento e attribuito a un pittore itinerante tra Creta e Venezia. (foto M. Jerman) img388

Nel 1650 la custodia delle reliquie dette il Tesoro del Santo furono sistemate dietro una splendida cancellata nella cappella di Sant’Antonio Abate, eretta nel 1364, in seguito dotata di un grande armadio ligneo a 18 nicchie sovrapposto a un altare commissionato dal vescovo Pompeo Coronini.

Foto CMSAimg391

 

I bellissimi affreschi affreschi del XIV secolo con le Storie di San Giusto saranno apposti sulla parete della Cappella di San Giovanni con l’antico Battistero del IX secolo.img390
Come scritto alla fine della Passio il martirio di San Giusto e il ringraziamento per il ritrovamento del suo corpo sarà ricordato il 2 novembre di tutti gli anni, data che dal 1931 sarà spostata al giorno successivo per consentire la Commemorazione di tutti i Defunti.

Note:
1. La Passio, che comprende anche quelli scritti su Vienna e Venezia, fu editata da G. Van Hooff nel 1879;
2. Venne invece stabilita la data del 2 novembre;
3. Per le crudeli imposizioni delle leggi romane di allora i credenti cristiani venivano in massa bruciati vivi ma per evitare che fossero venerate le loro ceneri, erano legati con corde e pietre e gettati in mare.
4. Recollige et sepeli me cum diligentia in occulto loco propter tyrannorum illusionem ut decendit in profundum maris, mox funes ipsi cum plumbo dirupti sunt ad litius huius tergestinae civitatis, priusquam in occasum sol declinaret”
5. “Sepelierunt eum (Justum) non longe ad eodem litore, ubi inventum est sancti martyris corpus”
6. Nell’architettura cristiana la chiesetta o cappella costruita con particolari caratteristiche e destinazioni devote era chiamata “Sacello”.
7. Tra il 1302 e il 1320;
8. Il reliquiario ad urna di bottega cividalese fu ritenuto risalire al XIII secolo.

Notizie tratte da:
Giuseppe Cuscito, San Giusto e le origini cristiane a Trieste, estratto dall’Archeografo Triestino Serie IV, 1969-70
Marzia Vidulli Torlo, SAN GIUSTO Ritratto di una Cattedrale, Civici Musei di Storia e Arte, Trieste, 2003