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L’Orto Lapidario e il Giardino del Capitano

Il primo progetto di un museo con lapidario risale al 1813 su idea dell’architetto Pietro Nobile che intendeva riunire le antichità di Trieste e delle terre istriane nell’ex convento francescano adiacente alla Chiesa di Sant’Antonio Vecchio in Piazza Lipsia (oggi piazza Hortis). Alcuni anni prima Domenico Rossetti aveva proposto di innalzare un degno monumento in memoria di Johann Joachim Winckelmann, l’illustre archeologo assassinato nella “Locanda Grande” di Trieste. L’occasione si presentò quando in seguito all’apertura del nuovo cimitero di Sant’Anna (1925) negli spazi inutilizzati dell’area sepolcrale di San Giusto venne eretto il cenotafio del celebre archeologo, inizialmente protetto da una nicchia. Dieci anni fu così realizzato da Pietro Kandler l’Orto Lapidario in cui furono riunite le lapidi di tutta la regione e del Litorale istriano.

Nel 1873 venne approvato dal podestà lo statuto del Museo Civico d’Antichità con la direzione di Carlo Kunz e in seguito da Alberto Puschi (dal 1898) e Pietro Sticotti (dal 1934) che nel corso degli anni apportarono ulteriori lavori.

La vastissima collezione di pietre incise e sculture proveniente da Aquileia venne conservata in un tempietto di stile corinzio dove nel 1934 fu sistemato anche il cenotafio di Winckelmann. Altri reperti di storia locale furono collocati nel romantico Giardino del Capitano fino alle impegnative ristrutturazioni effettuate negli anni Novanta dalla Sopraintendenza e dal Comune.

Nel giugno del 2000 con il nuovo allestimento dell’Orto Lapidario i reperti aquileiesi, istriani e triestini di carattere sepolcrale e onorario sono stati protetti in moderni espositori che ripetono il disegno delle nuove cancellate di piazza della Cattedrale, accanto alla chiesetta di San Michele.

Il percorso si avvia poi con la discesa al Giardino del Capitano, esteso davanti la facciata del Civico Museo di Storia e Arte. Di pertinenza ai capitani Imperiali residenti nel Castello di San Giusto veniva un tempo chiamato “Lustgarten” ed era delimitato da un quadrilatero di mura turrite addossate al muraglione che sosteneva l’antica area sepolcrale. Gli scavi archeologici iniziati nel 1927 e proseguiti a fasi alterne fino al 1971 hanno portato alla luce reperti databili agli inizi del II secolo d.C. e delle mura a speroni che hanno indotto a ritenerle opere di terrazzamento al pendio del colle con una possibile scalinata di accesso alla zona monumentale, vera acropoli della città imperiale romana.

Nel Giardino del Capitano è conservata anche una particolare lapide proveniente dall’area magrebina con un’iscrizione funeraria araba che riporta un versetto del Corano e il nome del proprietario, morto nel 509 (data islamica corrispondente al 1115) e un’iscrizione del 1769 che ricorda le opere dell’imperatrice d’Austria Maria Teresa.

Nell’angolo del muraglione a sostegno del sagrato della Cattedrale si apre un cunicolo sotterraneo che porta al basamento del suggestivo propileo romano già in parte visibile nel campanile di San Giusto.

I complessi lavori condotti dalla Sopraintendenza e dal Comune hanno assicurato la tutela dei reperti esposti e la salvaguardia dell’ambiente restituendo alla città la romantica atmosfera del luogo.

(Marzia Vidulli Torlo, L’Orto lapidario, Rotary Club Trieste, 2005)