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La Società Operaia Triestina (seconda parte)

Via Tarabochia 3Nel 1908 un notevole numero di iscritti alla Società Operaia Triestina organizzarono una trasferta a Milano per partecipare a un corteo che reclamava maggiori diritti per la classe operaia ma perorando nel contempo la causa dell’annessione di Trieste all’Italia.
Le autorità austriache, già allertate dall’espansione del consorzio e dalle sue mire nazionalistiche, si infuriarono per quella manifestazione pubblica e senza appurare chi ne fossero gli organizzatori indussero il governatore di Trieste principe Konrad Hohenlohe (nota 1) a sciogliere l’organizzazione minacciando di incamerarne i beni.
I dirigenti della S.O.T., pur minacciando di ricorrere al Ministero dell’Interno e alla Suprema Corte, decisero di apportare alcune modifiche all’istituzione con il cambio nel nome in Associazione Operaia Triestina pur continuando a mantenere la sede di via del Tintore e le stesse organizzazioni sociali.

Trascorso un periodo di relativa tranquillità, la situazione precipitò alla vigilia della Grande Guerra.
Dopo il periodo di neutralità l’Italia entrò in guerra il 20 maggio 1915 avanzando sulle linee di confine dell’impero.
Alle ore 16 del 23 maggio 1915 sul poggiolo della Luogotenenza apparve lo stendardo imperiale e immediatamente una turba di filoaustriaci assaltò le sedi del giornale “Il Piccolo”, della Lega Nazionale e della Ginnastica Triestina appiccandovi il fuoco; Caffè, negozi, sedi istituzionali e irredentiste furono distrutte o devastate.

Nella foto CMSA l’incendio alla sede de “Il Piccolo”: 905b9fa6dd894472a67372f7809ee3fbL’incendio alla Società Ginnastica Triestina (foto CMSA):download
L’Austria iniziò a mobilitarsi richiamando negli eserciti commercianti, professionisti, studenti e gli iscritti dell’Associazione, molti dei quali scelsero poi di passare nell’Esercito Nazionale seguendo l’esempio del loro direttore Emo Tarabocchia arruolatosi tra i primi nelle trincee del Carso (nota 2).

Con la rapida svalutazione della moneta, il progressivo calo di lavoro in porto e di tutti i traffici commerciali, l’Operaia si trovò di fronte allo spettacolo della disoccupazione che cresceva di mese in mese e per mantenere i suoi servizi, assicurare i medicinali, le rette ospedaliere e le modeste sovvenzioni, fu costretta a grandi economie ricorrendo anche ai fondi di riserva.

Trieste visse i 41 estenuanti mesi di guerra come una città perseguitata e sotto assedio, costretta a vivere miseramente tra i resti dell’Impero, priva di comunicazioni con il mondo esterno con la sola speranza della vittoria e del raggiungimento della libertà.
Gli uomini più rappresentativi dell’Operaia furono iscritti nelle liste di proscrizione e mandati ai campi di internamento mentre per i pochi rimasti ci furono penose restrizioni dei sussidi.

Quando la guerra giunse al suo epilogo con l’abrogazione dei decreti imperiali e l’arrivo il 3 novembre delle navi italiane tra l’entusiasmo collettivo, l’Operaia riprese il suo nome originario e tutte le attività sospese.
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Alla fine della guerra il lavoro da affrontare era immenso: dovevano essere ristabilite le linee ferroviarie e di navigazione, riattivati gli stabilimenti industriali e tutti i commerci di magazzini e negozi ormai ridotti allo stremo.
Incoraggiata dal governatore Petitti di Roreto la rinata Società Operaia Triestina riprese le sue funzioni nel pieno rispetto delle leggi italiane.
img014Con la direzione di Gustavo Comici la Società raggiunse in pochi mesi oltre 3.700 iscritti.
Vennero riavviati i corsi di falegnameria, di taglio e cucito, di modisteria, le lezioni di storia, scienze e igiene, rinacque il Segretariato del popolo e la Lega degli inquilini.
Nella foto (dell’Archivio della Società Triestina) i giovani allievi al lavoro nella classe di falegnameria: Autocertificazione 2375

Iniziarono poi le trattative con i vari Ministeri per i risarcimenti dei danni di guerra, per le ricostruzioni dei Cantieri, delle Caserme, del Palazzo di Giustizia, delle ferrovie e delle strade; per riattivare l’attività delle industrie e dei commerci vennero ripristinate le Fiere Campionarie.

Nella foto (dei Civici Musei) l’ingresso della Fiera Campionaria del 1920 in via Campo Marzio:img015
Iniziato un periodo di pace, la Società Operaia Triestina (nota 3) riorganizzò le attività lavorative per i numerosi iscritti del lungo sodalizio mantenendo le sue prospettive di concordia e fratellanza delle classi lavoratrici supportandone le difficoltà e ispirandosi ancora al motto dei suoi inizi: “Uno per tutti, tutti per uno”.

Note:

1. Il principe Hohenlohe-Waldenburg-Schillingfürst ricoprì la carica di Governatore dal 1904 fino alla sua destituzione nel 1915;

2. Già quarantenne e sofferente di cuore, Emo Tarabocchia (nato a Trieste nel 1874) volle arruolarsi all’avamposto sulle trincee del Carso: “Se devo imbracciare il fucile voglio farlo per la causa d’Italia, per la mia causa, non per l’Austria” annunciò alla partenza. Nelle prime battaglie del 1915 perse la vita sul monte Podgora.

3. In onore del direttore Emo Tarabocchia la via del Tintore fu intitolata a suo nome.

Fonte:

Giulio Cesari, Sessant’anni di vita italiana 1869-1929: Memorie della Società Operaia Triestina, Trieste, 1929

Il presente articolo ha volutamente omesso le complesse vicende dell’Irredentismo trattate nel testo sopracitato.