Archivio mensile:gennaio 2013

Crolla l’Impero austro-ungarico

Alla vigilia della Grande Guerra la crescita marittima e industriale di Trieste sembrava inarrestabile. I traffici del porto tra il 1900 e il 1912 erano cresciuti del 118%, il maggior tasso di crescita del Mediterraneo e il secondo in Europa dopo Le Havre. Il mercato austriaco assorbiva la maggior parte delle merci ma anche l’Ungheria, la Germania meridionale, la Svizzera, parte della Bosnia-Erzegovina e il Regno d’Italia si servivano dei porti triestini così come le compagnie di navigazione dalmate Tripcovich, Martinolich e Gerolimich.
Il Lloyd Austriaco gestiva le linee passeggeri e di posta veloce con Venezia e con le città della Dalmazia e i suoi bastimenti arrivavano fino al Mar Nero e all’Estremo Oriente.
La linea Austro-Americana dei Fratelli Cosulich si era aggiudicata il mercato degli emigranti verso le Americhe, sue erano le ammiraglie della flotta mercantile asburgica, la Martha Washington e la Kaiser Franz Josef, varate nel Cantiere Navale Triestino di Monfalcone creato dagli stessi Cosulich e la Navigazione Libera Triestina con le sue “navi vagabonde” effettuava dei servizi merci in tutto il mondo.
Tutte le attività portuali godevano di forti sovvenzioni statali e particolari tariffe ferroviarie.
Nell’anno di grazia 1913 fu fondata la Società Pilatura del riso e iniziò a operare la Raffineria petroli di San Sabba con forniture di greggio proveniente dai giacimenti di Galizia e Romania, eppure proprio in quell’anno iniziarono a spirare i venti di guerra. Le guerre balcaniche vennero ritenute delle vicende marginali invece i nuovi confini di Grecia, Montenegro, Romania e Bulgaria erano stati ridefiniti proprio a ridosso di quelli dell’Impero.
Una delle cause che originò il disastroso conflitto mondiale fu la nomina di un nobile tedesco, Wilhelm zu Wied, sul trono dell’Albania, creata nel 1813 per bloccare la possibile espansione serba e russa verso l’Adriatico. I subbugli che esplosero dopo pochi mesi costrinsero il debole re a rifugiarsi in Germania e il governo austriaco a controllare le manovre militari in Bosnia. Per quella rischiosa missione fu incaricato l’erede dell’impero austro-ungarico arciduca Francesco Ferdinando che salpato da Trieste assieme alla moglie Sophie Chotek sulla prestigiosa corazzata “Viribus Unitis”, il 28 giugno 1914 sfilò in gran parata per le vie di Sarajevo ritrovandosi in un corteo pieno di terroristi serbi. I proiettili del giovane Gavrilo Princip seguiti al lancio di una bomba che provocò diversi feriti, causarono la morte immediata dei nobili Asburgo.

Trieste: Corteo funebre di Francesco Ferdinando d’Asburgo e Sofia Chotek

La storica nave con le loro salme risalì le coste dalmate e istriane per sbarcare sul molo San Carlo tra una folla sbigottita.
Le conseguenze politiche sembravano tuttavia limitate tra Vienna e Belgrado ma le trattative fallirono per le pressioni austro-tedesche che il 21 luglio spinsero la corte di Vienna alla dichiarazione di guerra contro la Serbia provocando a sorpresa l’immediata mobilitazione della Russia.
Ogni tentativo di fermare il conflitto si rivelerà vano: l’Europa si avviava verso una guerra disastrosa che avrebbe causato un’enormità di morti, stragi, violenze e dittature.
La neutralità dell’Italia proclamata il 31 luglio non durò che pochi mesi.
Nell’aprile dell’anno successivo il presidente del Consiglio Antonio Salandra e il ministro degli Esteri Giorgio Sonnino siglarono a Londra un patto segreto secondo il quale l’Italia si impegnava a entrare in guerra a fianco dell’Intesa (Francia, Inghilterra e Russia) ottenendo in caso di vittoria il Tirolo fino al Brennero, il Trentino, l’Istria, parte della Dalmazia, un protettorato sull’Albania più le città di Gorizia e Trieste. La futura frontiera sarebbe stata fissata da monte Nevoso al mare con l’esclusione di Fiume.

Il 23 maggio 1915 venne dichiarata l’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa contro Austria-Ungheria-Germania e a Trieste scoppiò il finimondo. Sul palazzo della Luogotenenza verrà innalzata la bandiera imperiale gialla con l’aquila bicipite nera e le tutte le sedi sospettate di attività irredentiste saranno saccheggiate o bruciate provocando le violente sommosse dei facinorosi liberal-nazionalisti che aizzavano la popolazione sconvolta da quell’odio improvviso e devastatore.
Commercianti, impresari, lavoranti di origine italiana abbandonarono Trieste e molte famiglie sospettate di nazionalismo furono deportate in campi austriaci assieme a quelle provenienti dall’Istria, Fiume e Dalmazia.

Il 23 giugno iniziò la prima violenta battaglia sull’Isonzo. L’esercito italiano comandato dall’inflessibile generale piemontese Luigi Cadorna era costretto ad azioni suicide lottando con l’asprezza del terreno e la mancanza d’acqua: i monti Sabotino, Podgora e San Michele diverranno tristemente famosi per l’enorme perdita di vite umane a cui si sommeranno quelle causate da un’epidemia di colera manifestatasi durante un autunno eccezionalmente piovoso.
Dopo altri 4 sanguinosi attacchi sulle linee del fiume e nonostante l’esercito fosse decimato e provatissimo furono conquistati il massiccio del Pasubio e i monti Nero, Vrata, Polonik e raggiunto l’altopiano di Doberdò.
Dall’inizio della guerra le perdite italiane conteranno 246.400 tra morti e feriti.
Nei primi mesi del 1916, dopo la quinta battaglia dell’Isonzo, le truppe austro-ungariche riusciranno a conquistare le posizioni attorno Oslavia, davanti Gorizia avanzando lentamente verso il Trentino.
Fu un inverno durissimo. I soldati dovevano marciare su cime, forcelle d’alta quota e sentieri ghiacciati o colmi di neve fresca, allestire scale, passerelle, baracche di fortuna e scavare piccole caverne per proteggersi dal gelo. Continue tempeste di neve e slavine paralizzavano le operazioni belliche causando uno spaventoso numero di morti per assideramento.
Le offensive e controffensive svoltesi tra giugno e luglio su Arsiero e Asiago saranno sferrate fra i due eserciti ormai decimati.
Ben peggiori furono però i combattimenti sul fronte del Carso dove il 29 giugno le truppe italiane subiranno un vile attacco notturno con gas asfissianti perdendo 6000 soldati.
Finalmente ad agosto nelle trincee devastate giunsero nuove reclute e armi d’artiglieria e si riusciranno a conquistare i monti San Michele e Sabotino mentre la Terza Armata, condotta da Emanuele Filiberto d’Aosta, occuperà Gorizia costringendo alla ritirata l’esercito nemico.
Dal 14 settembre il generale Cadorna ritenendo favorevoli le circostanze per la liberazione di Trieste ordinerà nuovi attacchi dalle colline del Carso ma alla fine di ottobre saranno sospese ulteriori azioni per l’alto numero di caduti.
Intanto nel castello di Schönbrunn il 21 novembre 1916 dopo quasi settant’anni di regno moriva a 86 anni Francesco Giuseppe. Quando la corona di Imperatore d’Austria e Re d’Ungheria passò al nipote ventinovenne Carlo I vennero proposte delle trattative di pace ma il 31 dicembre gli stati dell’Intesa le rifiutarono categoricamente.
Nella riunione dello Stato maggiore degli Imperi Centrali nel gennaio 1917, il generale Konrad propose una nuova offensiva contro l’Italia: 23 divisioni avrebbero operato nel Trentino, 19 sul Carso.
In aprile sarà combattuta l’ennesima offensiva su tutto il fronte dell’Isonzo, a luglio Cadorna chiederà l’invio di 40 cannoni, ulteriori 10 divisioni di soldati e di truppe del corpo degli alpini, ma alla fine di agosto, quando l’altopiano di Bainsizza a nord di Gorizia verrà conquistato a prezzo di grandi sacrifici, le operazioni sul Carso saranno improvvisamente sospese.
Ma una dolorosa pagina della nostra storia doveva ancora essere scritta con il sangue dei nostri soldati sparso nell’umiliante sconfitta di Caporetto.
La controffensiva austro-ungarica venne affidata al generale prussiano Otto von Below che dopo aver scoperto il tentativo di armistizio avanzato dall’imperatore Carlo I, la organizzò con precisione e la massima segretezza.
L’attacco fu sferrato all’alba del 24 ottobre davanti Tolmino con penetrazioni oblique e lanci di gas asfissianti che sorpresero le prime linee provocando oltre 10.000 morti e una drammatica ritirata dell’esercito residuo ridotto allo stremo delle forze.
Il 1° novembre tutte le unità saranno adunate alla destra del Tagliamento.
Rimosso Luigi Cadorna, l’esercito italiano con l’apporto di reparti alleati fu affidato al generale napoletano Armando Diaz che in tempi rapidissimi ricostituì la dotazione bellica e riorganizzò l’esercito con postazioni di difesa sul Piave più profonde e scaglionate.
Tra il 14 e il 15 giugno 1918 inizierà la battaglia del Solstizio su un fronte di 100 chilometri lungo tutta la linea del Piave. Dopo alterne vicende e una prima vittoria, a luglio l’esercito riuscirà a conquistare il monte Grappa e Vittorio Veneto costringendo alla resa le forze nemiche il 31 ottobre.

Gi austriaci abbandonano Trieste

Il 3 novembre sarà firmato l’armistizio a villa giusti a Padova, il 4 novembre cesseranno tutte le ostilità.
L’Impero austro-ungarico è crollato.

Già dalla mattina del 30 ottobre a Trieste iniziarono a correre voci dell’arrivo di navi italiane sulla costa istriana. Nonostante la città fosse ancora sotto il rigido governo del Lungotenente e presidiata da pattuglie austriache, a mezzogiorno un gruppo di giovani invase Piazza Grande sventolando la bandiera bianca, rossa e verde. Dopo pochi istanti le strade saranno invase da una marea di bandiere, fiori e martelli per abbattere le aquile imperiali dagli uffici pubblici.
Alle 19.30 sarà ufficialmente comunicata la liberazione di Trieste.
Il 3 novembre si profileranno all’orizzonte le navi della Marina Militare. Dal cacciatorpediniere “Audace”, attraccato per primo sul molo San Carlo, scenderà il generale Carlo Petitti di Roreto destinato ad assumere la carica di governatore della Venezia-Giulia.
Pochi giorni dopo un enorme tricolore e la bandiera rossa con l’alabarda bianca sventoleranno sui piloni di piazza Unità d’Italia tra la folla in delirio.

Civici Musei di Storia e Arte: Festa dell’annessione, Carlo Wostry 1921

(Enciclopedia monografica del Friuli Venezia Giulia130 anni, Il Piccolo, 2012)

I PORTI DI TRIESTE

Nasce l’Emporio Trieste

Le fortune commerciali di Trieste iniziarono con l’istituzione del “Consiglio Commerciale” avvenuto a Graz nel 1715 per volere dell’Imperatore austriaco Carlo VI e finalizzato alla realizzazione di una marina austriaca per rilanciare i traffici mercantili. La “Magna carta” del 1717 liberalizzò la navigazione nell’Adriatico e lo statuto del 16 marzo 1719 abolirà i dazi per sbarchi, imbarchi, trasbordi o giacenze a terra non superiori ai 9 mesi nella marina compresa tra il futuro molo San Carlo e Campo Marzio.
Secondo i disegni imperiali la nuova Compagnia Orientale avrebbe promosso i traffici e le esportazioni di materie prime e manufatti delle province austriache transalpine ma il controllo della potente Serenissima boicottò le mire espansionistiche dell’imperatore Carlo VI costringendolo a togliere per qualche tempo le bandiere di navigazione.
Trieste aveva però iniziato la sua ascesa per divenire il grande porto che fu nonostante il regime di porto franco rimanesse confinato entro i suoi magazzini e le vie di comunicazione con l’interno fossero ancora carenti.
Dopo la morte di Carlo VI nel 1740 salirà al trono imperiale Maria Teresa d’Austria che comprese subito la necessità di organizzare un porto attrezzato per i traffici verso il Mediterraneo.
Nel 1748 verrà istituita l’Intendenza Commerciale per la nuova “Provincia mercantile del litorale” controllata da un “Supremo direttorio del commercio” grazie al quale saranno eliminati i dazi sulle merci in transito con grande beneficio per l’economia di Trieste.
Dall’anno 1751 inizieranno gli abbattimenti delle mura medievali e gli scavi sulle vecchie saline gettando le basi di riva Mandracchio e del Borgo teresiano.
L’anno successivo sarà aperto il Canal Grande e completato il molo San Carlo, sorto sul relitto dell’omonima nave misteriosamente affondata nel 1843.
Conclusa nel 1755 la guerra dei sette anni combattuta tra le potenze europee e la conseguente recessione economica, a Trieste scoppiarono tumulti tra il Supremo Direttorio e il Consiglio Comunale. Dotata di grande abilità amministrativa Maria Teresa appianò i conflitti con la fondazione della Borsa Commerciale (1764) e l’estensione dei privilegi del porto franco non solo a tutta la città ma anche al territorio compreso fra Santa Croce e Zaule con il controllo di un “Capitano” e dopo il 1776 di un “Governatore” con pieno potere economico.
Sotto la potestà del conte Carlo de Zinzerdorf la nuova compagnia Orientale Asiatica per il rilancio di Trieste avrà però vita breve per la progressiva industrializzazione dell’Europa e per la frattura dei rapporti con le Indie Orientali e la Cina.
Dopo la morte di Maria Teresa (29/11/1780) il figlio Imperatore Giuseppe II trovò una disastrosa situazione finanziaria causata dai consistenti esborsi dell’ambiziosa imperatrice.
Mentre le sorti del porto dovevano ancora essere ridefinite, Trieste languiva tra modeste attività industriali e commerci di piccola entità che istigavano i contrabbandi e le deliquenze.
Una pietra miliare nella storia della città si ebbe nel 1789 con l’edificazione dello “Squero Panfilli” nel nuovo Borgo Teresiano che finalmente permetterà uno scalo funzionale per le imbarcazioni incrementando quindi traffici e affari.
Con Leopoldo II, succeduto nel 1780 a Giuseppe II, le condizioni sociali sarebbero sensibilmente migliorate se il 22 marzo 1797 non fosse giunto il commissario francese Campana latore di una lettera di Napoleone Bonaparte in cui intimava la resa della città. Due giorni dopo il generale Dugua con 230 dragoni irruppero a Trieste avanzando la richiesta di 2.600.000 lire torinesi in nome della “libertà rivoluzionaria”. Dopo la cacciata del generale austriaco Casimir e l’arrivò di Napoleone in persona si creò una gran confusione fra la popolazione, divisa tra le mire di diversi poteri e costretta a pagare l’alto costo del suo sviluppo mercantile, tra l’altro messo a dura prova per i continui conflitti austro-inglesi-francesi.
Dopo ulteriori rivalse dell’esercito austriaco e la successiva pace sancita a Vienna nel 1809, Napoleone riprese il dominio su Trieste che fu nominata sede di governo delle “Province illiriche”.
Il 10 settembre 1813 l’offensiva dell’esercito austriaco costrinse alla resa i francesi ormai asserragliati nel Castello di San Giusto. Il 23 luglio 1814 il Congresso di Vienna stabilì l’annessione all’Austria di tutte le Province illiriche e il controllo sulla città con la concessione dei privilegi di “porto franco”.
Risolte le velleità napoleoniche, Trieste era destinata a divenire il primo emporio dell’Europa centrale e punto strategico per i traffici con l’impero e la costa adriatica. I commercianti aumentarono potere e ricchezze con spericolate mediazioni e abili capitalizzazioni favorite dalle esenzioni doganali.
Nel 1818 Leopoldo II concesse all’americano John Allen la gestione della linea di navigazione Trieste-Venezia che ebbe inizio con la “Carolina”, il primo “pachebotto a vapore” a cui seguì una lunga serie di battelli. Qualche anno dopo fu interrato il tratto di mare presso Cittavecchia per creare riva Grumula e riva Pescatori (oggi NazarioSauro).
Saranno così riavviati tutti i settori commerciali che in gran parte convoglieranno nelle azioni delle “Assicurazioni generali” sorte nel 1831 ed estese dopo solo un anno con ben 21 agenzie distribuite sui territori sia dell’Impero che della penisola italiana.
Con la nomina imperiale di Ferdinando I nel 1835 il mercato triestino continuerà a crescere: saranno fondati il Lloyd Austriaco di Navigazione (2/8/1836) con le linee per Venezia e Costantinopoli, la Riunione Adriatica di Sicurtà (1838) e lo “Squero San Marco” nella baia di Muggia (1840) fondato da Gaspare Tonello già direttore dello “Squero Panfilli” in Borgo Teresiano.
Anche nel decennio successivo non mancheranno le iniziative a supporto dell’emporio Trieste: nel 1846 i fratelli tedeschi Strudhoff daranno vita a una grande officina navale creando i primi impianti del futuro Cantiere San Marco.
Nel corso dello stesso anno verrà istituita la Camera di Commercio e il Governo Centrale Marittimo.
Sorgono i due grandi porti di Trieste

Dopo l’abdicazione per malattia di Ferdinando I, il 2 dicembre 1848 verrà nominato imperatore il giovanissimo nipote Francesco Giuseppe (Schönbrunn 1830 – 1916).
Sotto il suo governo Trieste vivrà dei lunghi anni di benessere e ricchezza: nel 1853 verrà posta la prima pietra all’Arsenale del Lloyd e nel 1857 completata la Südbahn (Ferrovia Meridionale) per il collegamento diretto con Vienna.
Dopo il 1859 l’Impero dovrà però affrontare le mire nazionalistiche dell’Italia esplose con le guerre d’Indipendenza. Il territorio triestino rappresentava un’ambita meta di conquista ma nel 1866, terzo atto del conflitto italo-austriaco, quando sembrava ormai certo l’arrivo di Giuseppe Garibaldi, l’Ammiraglio Wilhelm Tegetthoff vinse la violentissima battaglia di Lissa giungendo trionfante al molo San Carlo. Dopo i temporeggiamenti del generale piemontese Alfonso La Marmora e l’armistizio dell’esercito di Raffaele Cadorna, Trieste continuò ad essere dominata dall’Austria a sua volta costretta a difenderla dai crescenti movimenti irredentisti quanto alle rivendicazioni slovene.
Parallelamente alle aspirazioni liberali di una certa parte della popolazione, la ricchissima borghesia triestina lavorava per incrementare i suoi commerci. Fu il suo più illustre esponente barone Pasquale Revoltella a collaborare attivamente alla colossale opera ingneristica di Lesseps per l’apertura del Canale di Suez, finanziato dalla Camera di Commercio e dal Lloyd Austriaco e inaugurato il 17 novembre 1869. Non dunque a caso le prime navi che valicarono i 162 chilometri delle sue chiuse furono le navi “Pluto”, “Vulcan” e “America” battenti la bandiera della storica compagnia di navigazione.
Nonostante le grandi aspettative riposte per la nuova via marittima, Trieste soffriva però di un certo invecchiamento strutturale del suo emporio e soprattutto della concorrenza con lo scalo di Fiume, favorito dal nuovo Regno di Ungheria.

L’approntamento di nuove strutture portuali divenne così improcastinabile. La poderosa impresa del Porto Nuovo fu decisa e finanziata dalla Società della Ferrovia Meridionale che fin dal 1863 incaricò l’ingegnere francese Paulin Talbot a progettare uno scalo sul modello di quello marsigliese. I lavori avrebbero dovuto essere conclusi nel 1878 ma la vastità della superficie da solidificare fece slittare la consegna dopo cinque anni.
Finalmente nel 1884 i primi piroscafi gettarono le ancore nello sterminato porto che dalle sponde del Canal Grande si sviluppava su un rettilineo di 2.600 metri sotto la collina di Gretta per raggiungere la costa di Barcola.
Sistemati i fondali per accogliere navi di grande tonnellaggio, furono ricavati quattro grandi bacini compresi fra 5 moli con superfici da 210 a 230 m. di larghezza fino a 300 m. di lunghezza, dotati di ormeggi e protetti da una diga a scogliera lunga 1.200 metri e larga 20.
Per ancora un decennio proseguirono gli allestimenti dei piazzali intermedi, degli hangars per le merci in transito, dei magazzini di stoccaggio a più piani e della centrale idraulica per la movimentazione delle gru.
Tutte le strutture portuali sarebbero state controllate dalla Camera di Commercio e gestite dall’Azienda dei Magazzini Generali.

Tra il 1880 e il 1890 i traffici dell’emporio Trieste ebbero un incremento del 33% e la sua popolazione salì a 157.466 abitanti ma l’improvvisa decisione della corte austriaca di togliere i benefici di “porto franco” causarono un sensibile aumento dei prezzi e il malcontento in buona parte della città. Ma già quattro anni dopo, nell’ottica di nuovi progetti mercantili, Vienna promulgò degli sgravi fiscali favorendo il commercio del caffè e del carbone inglese aumentando ancora il traffico portuale che all’inizio del Novecento ammonterà a un milione e 902 mila tonnellate.
Sempre nel 1900 la Compagnia di navigazione Cosulich inaugurerà le linee per il Nord-America con regolari trasporti di merci e passeggeri e saranno avviati i lavori per il grande “Porto Francesco Giuseppe” in Campo Marzio, portato a termine nel 1910 con un costo di 53 milioni di fiorini.

Nello stesso periodo saranno realizzati il molo della Sanità, gli impianti di Sant’Andrea e il “porto dei legnami” sotto la collina di Servola mentre il completamento della ferrovia dei Tauri, seconda linea di collegamento con l’interno dell’Europa, incrementerà ulteriormente il traffico nei due porti.

Divenuta un riferimento per il Centro Europa e al culmine della sua floridezza economica a Trieste iniziarono i conflitti tra i liberali italiani e i nazionalisti sloveni talvolta istigati dallo stesso governo austriaco per frenare i crescenti movimenti irredentisti. In aggiunta ai problemi politici sorsero anche quelli sindacali, spinti dalle correnti socialiste appoggiate dal Regno Sabaudo.
Dopo la sconfitta elettorale del partito liberal-nazionale nel 1907, il voto amministrativo del 1913 sancì invece la sua vittoria con gravi ripercussioni sull’ordine pubblico scosso da frequenti atti di violenza tra italiani e sloveni.
In questo clima di tensioni e attriti, il 28 giugno 1914 giunse la notizia dell’assassinio a Sarajevo dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede delle corone d’Austria e Ungheria, seguita dalla dichiarazione di guerra alla Serbia emanata dalla corte di Vienna il 12 luglio.
Tutti gli scali dei porti divennero così attracchi per le navi da guerra e Trieste visse le nuove dolorose pagine della sua lunga storia riscritta dopo quella guerra combattuta con il sangue fratricida sparso sulle sue stesse terre.

Fonti:

(Enciclopedia monografica del Friuli Venezia Giulia – Silvio Rutteri, Trieste Spunti dal suo passato, Borsatti Ed., Trieste, 1950 – Trieste raccolta, Fondo Weiss, 1996)