I primi piroscafi a vapore

Nel periodo delle tre occupazioni francesi avvenute tra il 1797 e il 1812 le agevolazioni del Porto Franco furono soppresse e la moneta ebbe una repentina svalutazione provocando una battuta d’arresto in tutti i traffici commerciali.
Dopo il ritorno del dominio austriaco il 13 ottobre 1813 con il ripristino del Porto Franco, l’Impero dovette affrontare la ricostruzione della marina mercantile e il riadattamento delle navi devastate dai corsari che avevano imperversato l’Adriatico.
Il porto si estendeva allora dal molo San Carlo (nota 1) fino al Molo Teresiano (nota 2) di Campo Marzio e comprendeva anche il Canal Grande (nota 3) dove potevano stazionare anche 30 bastimenti.
Nelle stampe l’imbocco del Canal Grande alla fine del Settecento e il ponte-levatoio in legno dipinto di rosso all’inizio dell’Ottocento: Autocertificazione 2065

Autocertificazione 2066Mentre in altri stati marittimi la navigazione a vapore aveva già un notevole sviluppo, l’Austria non possedeva ancora un solo piroscafo in grado di viaggiare contro corrente.
Nel novembre del 1817 il governo di Vienna diramò allora l’invito a organizzare una linea di navigazione con la garanzia di un esercizio esclusivo ed esente da dazi.
Tale opportunità fu colta da John Allen, un americano di Filadelfia stabilitosi in quegli anni a Trieste, che deciso a iniziare un regolare servizio con Venezia, commissionò allo squero Panfili un battello con l’alimentazione a carbone.
Dopo un anno, il 2 novembre del 1818, avvenne il varo del primo piroscafo a vapore al quale fu dato il nome di “Carolina” in onore dell’imperatrice Carolina di Baviera, IV consorte dell’imperatore Francesco I (1768-1835).
Autocertificazione 2061Nel primo viaggio di prova molti assistettero al giro in mare del “prodigioso vascello” come allora fu definito, ma pochissimi ebbero il coraggio di salirvi. Quando la sicurezza del mezzo fu certa, la seconda uscita in mare accolse una sessantina di passeggeri entusiasmati dalla velocità di quel mezzo capace di percorrere 18 miglia in 2 ore.
Poco dopo iniziò il regolare servizio con Venezia e nel 1821 un socio di John Allen fece allestire un secondo piroscafo di maggiore dimensione e rivestito in rame, con una portata di 100 tonnellate e lo spazio per trasportare 4 carrozze. (nota 4)
Nonostante la durata dei viaggi da Trieste a Venezia fosse di ben 11 ore e mezza, la linea ebbe uno strepitoso successo e i collegamenti furono via via più frequenti.

Nella stampa l’antico molo San Carlo dove attraccavano sia navi mercantili che passeggeri
Autocertificazione 2063Il Canal Grande con il Ponte Rosso che fu ricostruito in ferro nel 1832
Autocertificazione 2069Nella prima metà dell’Ottocento, oltre all’ innovativa linea passeggeri, la marineria triestina trasse un forte impulso da quattro diverse circostanze legate ad avvenimenti di grande portata che tratteremo nel prossimo articolo.

Note:

1. Molo San Carlo fu costruito tra il 1743 e il 1751 sopra la carcassa della fregata San Carlo rimasta incagliata davanti le rive nel 1737; allora il molo misurava solo 95 metri di lunghezza; nel 1778 venne allungato di 19 metri e tra il 1860 e il 1832 di ulteriori 132, raggiungendo quindi complessivamente 246 metri;

2. Il Molo Maggiore fu costruito nel 1751 e venne chiamato Teresiano in onore dell’Imperatrice d’Austria e Molo della Lanterna dopo la sua entrata in funzione nel 1833;

3. Il canale fu scavato per ordine di Maria Teresa nel 1754 sui fondi delle antiche saline;

4. Con molta fantasia il nuovo piroscafo fu chiamato “Carolina II”; disponeva di una camera provvista di letti per il riposo delle signore, una grande stanza con i sofà per gli uomini e una sala più economica con sole sedie. Il pachebotto provvisto di 2 caldaie navigava per mezzo di due ruote esterne fornite di 8 palette simili a quelle dei mulini.

Notizie e foto da: Enciclopedia monografica del FVG

3 pensieri su “I primi piroscafi a vapore

  1. salvatore cicala

    Cito un probabile discorso in vernacolo.. tra i marittimi e i portuali del tempo.”Ciò te ga sentì? Cossa cossa…sti mona i vol far una nave de fero..-de fero ?No posso creder,ma no i sa che el fero va fondo?No te me dirà che ne toca a noi bubez dirghelo ai ingegneri?

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  2. davide lippolis

    Buongiorno, trovo questo bellissimo racconto nel saggio edito da Laterza “Libri per tutti” di Luca Clerici che a sua volta cita “L’atlante criminale” di Luigi Guarnieri purtroppo senza bibliografia.
    Non riesco a verificare la notizia.
    “…Ad alimentare giardini zoologici e mostre itineranti provvede una fitta rete di importatori di animali feroci, e pioniere di questo commercio su scala industriale è un italiano, Ulisse Cabria, che trasporta fiere dal Continente africano in Europa (il figlio Giovanni sarà il maggiordomo tuttofare di Lomborso). Non di rado le condizioni proibitive del viaggio decimano le bestie e provano gli uomini, come capita al trasporto di animali organizzato da Ulisse nel 1872 dalla Nubia ad Amburgo, via Trieste.
    Cabria firma a Dresda – dove ha appena consegnato al locale giardino zoologico 2 leoncini, 3 jene e una grossa collezione di scimmie – un contratto di esclusiva con lo zoo di Amburgo per la fornitura di animali di grossa taglia: elefanti, giraffe, leoni e rinoceronti. Nel luglio successivo porta dalla Nubia ad Amburgo un carico di 4 elefanti, 12 leoncini, 65 jene, 43 leopardi, 51 antilopi, 39 gazzelle e 28 struzzi – nonché una partita di avorio che comprende 304 zanne d’elefante del peso complessivo di kg. 3.347,400, ricevuta per contratto dal re dello Scioa Menelik in cambio di 50.000 fucili Remington a tre fascette, con 200 cartucce a fucile e lo stemma dello stesso Menelik inciso sulla canna, da fornire gradualmente nell’arco di 10 anni. Nel giugno del 1874, assieme al personale della sua compagnia, raduna nel cortile di un albergo di Suez 80 gabbie piene di leoni, leopardi, pantere, jene, sciacalli, scimmie, giraffe, bufali, cicogne, struzzi, rinoceronti e marabù. Si tratta del carico più impegnativo e rischioso della sua carriera, un progetto faraonico che deve garantirgli il salto di qualità negli affari, quello in cui ha impegnato tutte le sue risorse imprenditoriali e finanziarie. Senonché tutto va storto fin dall’inizio.
    Il viaggio in treno da Suez ad Alessandria, con 56 gradi all’ombra, si rivela un calvario. Un’ora dopo la partenza il primo vagone del carro bagagli s’incendia. Il macchinista ferma il treno in una stazioncina semiabbandonata, stacca la metà dei vagoni – compresi quelli con gli animali di Ulisse Cabria – e riparte per Alessandria. Ulisse Cabria si ricorda che l’ispettore del Reale Serraglio di Schonbrunn (proprio quello tanto amato da Lombroso) gli ha fornito un certificato della Corte Imperiale di Vienna, sul quale spicca un grosso sigillo dorato. Lo presenta al capostazione, un arabo baffuto che mastica un pessimo francese e che tenta di farsi assumere da Cabria spacciandosi per domatore di serpenti. Ulisse Cabria gli regala 200 dollari e l’arabo telegrafa al Cairo per chiedere il permesso di attaccare ai vagoni una locomotiva supplementare. Dodici ore dopo, con gli animali che rischiano di morire di fame e con 14 scimmie in preda alla diarrea, arriva una motrice con un nuovo macchinista praticamente orbo, che fa deragliare il treno alla periferia di Alessandria scaraventando ai lati dei binari decine di gabbie piene di sciacalli, marabù e rinoceronti terrorizzati. Il 23 giugno, alle 5 di mattina, cominciano le lunghe e complesse operazioni di imbarco degli animali sul vapore Urano, in partenza per Trieste. Tutti gli animali, dagli elefanti alle jene, vengono imbarcati con delle cinghie e poi sollevati a mezz’aria fino al ponte della nave da una gru a vapore. Una volta a bordo, per sciogliere l’imbracatura delle giraffe si rende necessario addirittura coricarle sul fianco: il socio tedesco di Cabria, un certo Karl Bassler, viene colpito da un calcio in piena fronte e muore sul colpo. Durante la traversata il cargo viene speronato da un mercantile greco e affonda miseramente nel giro di pochi minuti a 30 miglia dal porto di Trieste, dove una folla enorme – più di 4.000 persone – è accorsa a seguire le operazioni di sbarco del più grande trasporto di animali mai realizzato fino ad allora in tutta la storia del commercio europeo”

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    1. Gabriella Amstici Autore articolo

      Molte grazie per questo interessante anche se drammatico evento storico! Riterrei veri questi fatti perché a Trieste arrivava davvero di tutto!Era l’epoca delle importazioni di qualsiasi cosa, dei sarcofagi e persino delle mummie nelle piramidi egizie, preziosi manufatti poi venduti a commercianti straricchi o a raffinati collezionisti come fu anche Massimiliano d’Asburgo, fratello dell’imperatore Francesco Giuseppe, che avrebbe voluto conservare i suoi “ricordi di viaggio” in un padiglione del parco di Miramar (poi il tutto, meno che la sfinge sul porticciolo, fu portato a Vienna).
      Un disegno della folle impresa da lei riportata è pubblicato sul Web con questa didascalia: Digital riproduzione migliorata, lo scarico di una diffusione di animali africani dalla nave Urano in Trieste, per lo zoo, Ausladen einer Sendung afrikanischer Tiere aus dem Schiff Urano in Trieste, für den Zoo, da una stampa originale del XIX secolo.
      Grazie ancora e cari saluti

      Gabriella Amstici

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