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VITO TIMMEL

Figlio del nobile tedesco Raphael von Thümmel e della contessa friulana Adele Scodellari, Vito Timmel nacque a Vienna il 19 luglio 1886. Ricevuta una cospicua eredità la sua famiglia si trasferì a Trieste dove la madre gestirà un negozio di moda.
Superata una malattia che fu definita come meningite, a soli sette anni di età il piccolo Vito iniziò a dipingere con gli acquerelli dimostrando un precoce talento che in seguito lo indurrà a iscriversi alla sezione di Pittura e decorazione della scuola per Capi d’Arte con Eugenio Scomparini come insegnante. Attratto dal movimento austriaco dello Jungenstil, frequentò per 4 anni l’Accademia di Belle Arti a Vienna – dove assorbirà l’impronta dell’Art Nouveau – e successivamente quella di Venezia, poi abbandonata per dissidi con uno dei professori.
Durante gli anni di studio eseguirà i primi paesaggi ripresi dai luoghi dove villeggiava rappresentandoli con riflessi di luce e contrasti di colore di gran limpidezza. Risalgono a questo felice periodo gli splendidi Plenilunio sul mare, Sole cadente, Tramonto e dei romantici scorci di Arzene (tra gli anni 1900-1906). A 18 anni partecipò al concorso indetto dalla Fondazione Rittmayer con Ritratto di donna, Pausa e La dormiente ma fu escluso dalla borsa di studio per il suo scandaloso nudo femminile.
Dopo diversi viaggi di formazione a Roma e Firenze e aver prestato servizio di riservista nell’esercito austro-ungarico, nel 1910 ritornò a Trieste iniziando sotto i migliori auspici la sua produzione artistica.

Estroso e volubile Timmel dipingeva indefessamente paesaggi postimpressionisti con colori intensi e luci di grande effetto ottico alternando lo stile naïf a quello secessionista di Gustav Klimt da cui fu sempre affascinato. Tra i dipinti ispirati dal famoso artista viennese si ricordano Arte pura e arte impura, Arte etrusca (1910) e le superbe Amazzoni (1915-16).
Nel 1916 gli furono affidate le decorazioni per il cinema Ideal, collocato allora nel palazzo della Ras, costruito dagli architetti Ruggero e Arduino Berlam con gli interni dipinti da Piero Lucano, e adibito anche a spettacoli teatrali e di varietà. L’effetto finale dei 20 pannelli a tempera su carta esposti nell’antisala risulterà talmente splendido da entusiasmare gli spettatori fin dal loro ingresso. Nel fregio continuo collocato nella parte alta delle pareti, sarà rappresentata una sequenza di personaggi letterari e teatrali come un aitante Arlecchino con lo sfondo di San Marco, uno stranito Don Chisciotte accanto al mulino-fantasma, il meditabondo Cyrano, la perfida Salomè con la testa mozzata di San Giovanni ai suoi piedi, una fuggitiva Madame Bovary, il mercante Sylok dinnanzi a Palazzo Ducale, Elena di Troia, un osceno Aphroditos, l’ergastolano Valjean, la terribile Elettra danzante tra le fiamme e ancora Gulliver, Melisenda e il surreale Mafarka.

Una serie di fantasiosi mascheroni completerà la serie di pannelli che continueranno a essere ammirati anche dopo il cambio di nome dell’Ideal con quello di Italia (1919) e per altri 43 anni nell’atrio del cinema-teatro Filodrammatico.
Nel 1971 tutta la collezione sarà acquisita dal Comune di Trieste e dopo accurati restauri affidata al Museo Revoltella. Attualmente queste splendide tempere (meno l’Arlecchino di proprietà privata) sono collocate nella sala lettura della biblioteca dove attraggono ancora gli sguardi più sensibili all’arte creativa che mai potrà essere disconosciuta dalle mode come dal tempo.

Rimasto vedovo dopo soli 4 anni di felice matrimonio, durante il primo conflitto mondiale Timmel fu arruolato nel 97° Reggimento di Radkersburg dove trascorrerà un servizio militare più di facciata che di armi. Avendo avuto come diretto superiore Alessandro Marangoni, commerciante triestino appassionato d’arte, ebbe la fortuna di dedicarsi per tutto il tempo alla pittura insieme all’amico-collega Argio Orell. Risalgono ai quei tempi una serie di pannelli caricaturali sulla guerra, fortunosamente recuperati dopo le pazienti ricerche del fotografo Paolo Bonanni presso alcuni parenti di Milano.
Ritornato a Trieste, Timmel continuò la sua intensa produzione negli studi di via Machiavelli 3 e di palazzo Carciotti partecipando a diverse mostre collettive tra Trieste e Venezia che suscitavano l’ammirazione degli spettatori quanto i deprezzamenti della critica ufficiale spesso polemica con gli artisti al di fuori di un determinato star-system.
Durante gli anni Venti ottenne gli incarichi di consulente al museo Revoltella e di decoratore per il Teatro dei Cantieri navali di Monfalcone.

Sull’onda del successo riscontrato nella hall del cinema Ideal, la famiglia Cosulich gli commissionò infatti l’allestimento artistico nella sala interna della palazzina liberty di Panzano e che Timmel completerà in tempi brevissimi ma con un risultato forse inferiore rispetto al precedente. Ai lati della sala teatrale sarà ancora ideato il fregio continuo su ben 40 metri lineari dove verranno dipinte 30 fantastiche figure rappresentanti la storia del teatro e sintetizzate nei cinque mascheroni collocati sopra il palcoscenico: Tragedia, Scherzo, Satira, Commedia, Dramma.

Il teatro sarà purtroppo distrutto nei bombardamenti del 9 marzo 1944.

Solo 12 tele saranno fortunosamente recuperate da Paolo Marangoni, custodite in una villa privata e poi nei magazzini del Comune. In una mostra allestita nel 2008 nella Galleria d’Arte Contemporanea di Monfalcone i pannelli accuratamente restaurati verranno esposti al pubblico assieme alle immagini fotografiche dell’artistico edificio.
Terminate le decorazioni teatrali, il nostro prolifico artista completerà un trittico pittorico ridondante di simbolismi in stile klimtiano e dedicato agli Eroi, intesi come “i viventi della commedia umana”(1) ed esposti nella prima mostra d’Arte Romana nel 1921.

Di questo fortunato periodo si menzionano anche gli eccentrici disegni per delle Carte da gioco e la successiva serie di fantasiose Ballerine del 1927, forse commissionate per qualche specifica destinazione di cui non si hanno tracce. Più che ammiccante o malizioso il loro aspetto sarà piuttosto ambiguo dopo quello decisamente ermafrodita ritratto nel famoso quadro Fochi del 1924 tuttora esposto al Museo Revoltella.
Negli anni Trenta Timmel modificherà lo stile eseguendo tanti piccoli tocchi di pittura che ricorderanno il pointillisme francese, con un risultato aereo e coinvolgente come Il sorgere della luna sul mare (1934), la Marina con scogli (1935), Il viandante (1936), Paese carsico (1939) e l’affascinante Ritratto di Gemma Marangoni (1937-38).

Dopo il tormentato secondo matrimonio con Giulia Tomè e la loro brusca separazione l’anno successivo, inizierà lentamente a sprofondare nella depressione e nel’alcol. Abbandonata la vita sociale e alloggiato in stanze di fortuna, si abbruttirà nelle osterie di Cittavecchia fintanto che il figlio Paolo e l’amica Anita Pittoni riusciranno ad aiutarlo. L’uscita dall’inferno durerà per alcuni anni permettendogli ancora la realizzazione di bellissimi quadri dove i sogni onirici saranno alternati con gli incubi di un dramma esistenziale ormai inarrestabile. Sono di questo periodo intermedio Tempesta notturna, Luna d’oro, Crepuscolo, Bosco d’autunno, Trieste di notte e altri numerosi dipinti recuperati dopo le estenuanti ricerche di Paolo Bonassi presso mercanti e Case d’aste e riprodotti sul bellissimo libro di Franca Marri “Vito Timmel”, Collana d’Arte CRT, 2005.

Sfiancato dai disturbi neurologici e da una patologica pigrizia, Timmel si ritirerà ancora da ogni vita pubblica perdendosi tra luride bettole e disadorne stanzette dove tuttavia non mancheranno colori e pennelli. In quei miseri ambienti continuerà infatti a dipingere tratteggiando aurore sul mare, ombre di luna tra viottoli deserti, angeli biondi sopra soffici nuvole, foglie secche mosse dal vento esprimendo quel lato poetico che sopravviverà anche nei disegni del “Magico taccuino”, ultima testimonianza dei suoi mille disperati giorni trascorsi in manicomio.
La ricaduta al bere smodato provocherà una progressiva perdita della lucidità con gravi ripercussioni comportamentali che alla fine del 1943 lo porteranno a continui ricoveri nella “Villa paganti” del Sanatorio neurologico e in seguito all’internamento in un reparto psichiatrico di San Giovanni. Per ancora 2 anni riuscirà a dipingere alcuni quadri tra cui un notevole Palazzo ducale datato 1944 ed eseguito con tratti sorprendentemente nitidi e sicuri.
Tra dimissioni, fughe e ulteriori ricoveri, Vito trascorrerà gli ultimi anni della sua vita in un penoso stato confusionale con la perdita di ogni memoria e dignità umana. Nei suoi disegni appariranno visioni oniriche storpiate da una sconvolgente regressione infantile.
Compromesso nel fisico anche per le “cure” ricevute, il nostro Vito von Thümmel con la sola vicinanza dell’amico Cesare Sofianopulo concluderà a soli 63 anni la sua vita tormentata in una squallida stanzetta di San Giovanni nel giorno di Capodanno del 1949.

(1) Così definiti da Salvatore Sibilia nella pubblicazione del 1922 “L’Eroica”

Fonte: Franca Marri, Vito Timmel, Collana d’Arte CRTrieste, 2005

ARTE & IMPRESA

Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento Trieste può vantare la diffusione di una nuova attività di grande successo e ottimi profitti: la promozione delle imprese commerciali con le immagini artistiche dei loro prodotti.
Il fortunato connubio ebbe inizio grazie all’intraprendenza di Saul Davide Modiano, originario di Salonicco, che nel 1868 approdò a Trieste per vendere cartine da sigarette, all’epoca molto richieste. Dopo essere passato alla produzione in proprio acquisì alcuni marchi di carte da gioco e rinnovando la grafica iniziò a stampare e distribuire quantità tali da essere identificato come sinonimo dei jeux de cartes stessi. Interessato alla comunicazione imprenditoriale quanto all’estensione del già florido giro di affari, Modiano iniziò a proporre delle campagne pubblicitarie per altre aziende creando dei manifesti con immagini colorate e accattivanti. L’immediato successo fu precursore di un nuovo settore dove arte e impresa avevano trovato un ideale quanto proficuo punto di contatto.
Se la diffusione dei prodotti Modiano fu certamente determinata dall’abilità commerciale e dal geniale intuito del suo fondatore, la fortuna del brand era dovuta anche al supporto degli artisti la cui fantasiosa inventiva divenne un irrinunciabile mezzo per aumentare i fatturati.
Sarà Giuseppe Sigon, pittore e antesignano disegner di manifesti promozionali a creare il settore cromolitografico dello stabilimento Modiano, stabilitosi dal 1873 in via dei Leo. Da direttore responsabile chiamerà a collaborare in azienda gli amici dello storico CircoloArtistico, attiva fucina di artisti nei primi decenni del Novecento come Scomparini, Lomza, Croatto, Cambon, Orell, Grimani, Wostry, Fiumani, Finetti, Timmel e altri giovani autori di quegli anni così gloriosi per Trieste.
Il lavoro editoriale di Sigon proseguirà fino al 1922, data della sua morte e di quella di Saul Davide Modiano.
L’iniziale impronta Art Déco sarà poi continuata con l’indefesso lavoro grafico del figlio Pollione con la collaborazione dei fratelli Bruno per il settore commerciale e Filiberto per il nuovo reparto di fotomeccanica.
L’apporto delle loro innovative tecniche contribuì anche all’espansione delle Assicurazioni Generali e alla fortuna delle compagne di navigazione Cosulich line, Lloyd Triestino, Tripcovich e Lloyd Adriatico che sponsorizzavano i loro viaggi con manifesti coloratissimi e atmosfere incantevoli.

Con il talento di Sigon e altri ingegnosi artisti il binomio Arte- Impresa decollerà dunque sul mercato con un’incredibile incremento degli affari. Sui cartelloni murali come sulle pagine di giornali e riviste, su locandine e libretti d’opera il collante del successo era dunque determinato dalla comunicazione dell’immaginario visivo con l’induzione del messaggio pubblicitario.

Marcello Dudovich
Parallelamente al successo della Modiano e dei suoi artisti, nel panorama della grafica tra l’800 e il ‘900 spiccano i nomi di due giovani allievi del maestro Adolfo Hohenstein, Marcello Dudovich e Leopoldo Metlicovitz che per il loro eccezionale talento incrementeranno gli affari delle nascenti industrie e lo stesso mercato pubblicitario che ne diverrà l’indispensabile mezzo divulgativo.
Marcello Dudovich, nato a Trieste nel 1878, dopo gli studi di pittura decorativa e le prime esperienze nell’ambito del Circolo Artistico, si impiegherà prima alle Officine Grafiche Ricordi di Milano creando i primi bozzetti per manifesti e successivamente nello stabilimento di Edmondo Chappuis a Bologna, dove inizierà la sua incalcolabile serie di affiches.
Ritornato alla Ricordi dopo il premio per il manifesto celebrativo del traforo del Sempione (1906), realizzò le famose illustrazioni pubblicitarie per le case di confezioni “Mele” di Napoli e “Sanguinetti” di Milano. Dopo l’immagine-cult del “Borsalino” per il marchio Zenit ed essersi trasferito a Monaco, firmerà delle storiche vignette per la rivista allora molto di moda “Simplicissimus”.
Trasferitosi a Torino durante il conflitto mondiale, produrrà locandine cinematografiche e cartelloni pubblicitari per Fiat, Alfa Romeo, Pirelli, Carpano. Ritornato definitivamente a Milano nel 1920 fonderà la società “Star” intensificando l’attività con le creazioni per la Rinascente e per l’IGAP (Istituto Grafico Affissioni Pubblicitarie) di cui diverrà direttore artistico fino all’anno 1936.
Dopo l’influenza dell’Art Déco, Dudovich studierà immagini con nuovi volumi e forme di gusto più novecentista puntando all’essenzialità del prodotto con slogan chiari, diretti ed efficaci anche per l’uso di un sottile umorismo.
Nella sua lunga e attiva vita di lavoro Dudovich si cimenterà in tutti i campi dove realizzare il suo inesauribile talento, realizzando anche le decorazioni a fresco della sala mensa e bar del Ministero dell’Aeronautica di Roma e della tenuta Amalia a Rimini del sen. Borsalino.
Dopo vari soggiorni in Libia, fonti di ispirazione per nuove bellissime immagini pittoriche, il grande Marcello Dudovich morirà a Milano nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile del 1962.

Leopoldo Metlicovitz
Anche un altro allievo di Adolfo Hohenstein, Leopoldo Metlicovitz nascerà a Trieste nel 1868 dividendo la fama di disegner con il più giovane e prolifico Dudovich.
Dopo aver iniziato l’attività a Udine come aiuto litografo, nel 1892 il Metlicovitz verrà assunto da Giulio Ricordi come direttore del reparto tecnico nelle Officine Grafiche di Milano. Dotato di grande abilità firmerà i suoi primi cartelloni pubblicitari, numerose scenografie per il Teatro alla Scala, illustrazioni di libretti d’opera, locandine, riviste, cartoline e calendari che gli daranno una fama a livello europeo.
Se inizialmente lo stile di Metlicovitz sarà influenzato dal gusto essenzialmente decorativo dello Jugenstil tedesco, successivamente assumerà i connotati più realistici dello stile Liberty con le sue affascinanti immagini femminili in primo piano. Già nel famoso manifesto delle Distillerie Italiane la giovane e sensuale donna che abbraccia voluttuosamente gli apparecchi a gas diverrà un emblema del “glamour pubblicitario”.
Dopo 46 anni di collaborazione con la Ricordi e la morte del suo fondatore Giulio, il Metlicovtz si ritirerà nella sua residenza di Ponte Lambro dove continuerà a dipingere fino alla morte sopraggiunta nell’anno 1944.

Nella cartellonistica giuliana del Novecento si distinguerà anche l’eclettico artista Glauco Cambon (Trieste 1875 – Biella 1930) che dopo la decennale collaborazione con l’impresa Modiano aprirà uno studio di grafica e pittura a Milano. Originalissimo disegnatore apporterà nei manifesti pubblicitari nuovi volumi usando tinte intense, sfumature di chiaro-scuro, effetti di luce e movimento dall’aspetto quasi tridimensionale. Della sua produzione pittorica si ricordano gli splendidi dipinti di Trieste che luccica sotto il ciglione carsico in una notte di plenilunio.

Argio Orell (Trieste 1884 – 1949) fu un altro eccezionale disegnatore che interagì con l’imperante stile floreale specializzandosi nelle illustrazioni librarie ricche di raffinati decori e allegorie storiche.

Un nome famoso del Liberty italiano fu senza dubbio Guido Marussig (Trieste 1885 – Gorizia 1972) poliedrico artista formatosi tra Trieste e Venezia, collaboratore della rivista “L’Eroica” e del gruppo grafico Ca’Pesaro.
Con l’incontro nell’anno 1916 con Gabriele D’Annunzio e la loro successiva amicizia, la sua fama crescerà a dismisura. Dopo aver decorato i velivoli della Squadriglia San Marco e il pomposo gonfalone di Fiume, ottenne gli allestimenti nella cittadella del grande Sacrario della guerra voluto dal poeta abruzzese. Con sconfinata inventiva il Marussig creerà giardini, vetrate, arredi, stemmi, vessilli affreschi e altorilievi assecondando il ridondante gusto “dannunziano” senza tuttavia tralasciare le molte altre attività cui si dedicò con eccezionali risultati. Dopo diverse progettazioni di architettura, arredi d’interno, sculture e decorazioni, si dedicò alla didattica e alla pittura, modificando progressivamente lo stile Art Déco in quello più novecentista.

Gli appassionati d’arte conosceranno certamente le opere di Vito Timmel (Vienna 1886 – Trieste 1949), estroso e geniale artista ingiustamente ignorato forse per non aver fatto parte dello star-system dell’epoca o anche per il temperamento scontro e misantropo che sconfinerà in un comportamento border-line fino alla dissoluzione esistenziale e alla pazzia dei suoi ultimi anni di vita.
Allievo di Eugenio Scomparini e dell’Accademia di Belle Arti a Vienna, autore di quadri “grandi come la vita”, di paesaggi dipinti con pennellate fortemente cromatiche e dalle atmosfere ora cupe e terrificanti come quelle descritte dai racconti di Poe, ora fiabesche e idilliache come nel dolce stile naif.
A noi piace ricordare il suo eccezionale talento, la fervida fantasia delle immagini oniriche, quasi felliniane”, i suoi pittoreschi pannelli eseguiti per il Cinema Ideal (all’epoca ospitato nel Palazzo RAS con l’ingresso nell’attuale via Dante) e per il teatro di Panzano (Monfalcone), in parte conservati oggi nella sala lettura del museo Revoltella.

Nelle scuderie della Modiano si distinguerà anche Gino de Finetti (Pisino d’Istria 1887 – Gorizia 1955) realizzando negli anni Trenta una fortunata serie di manifesti in cui i protagonisti sono i cavalli da corsa ripresi con pose dinamiche di grande effetto.

Con l’avanzamento del Movimento Futurista e di nuove tecniche, l’arte figurativa assume dei connotati più geometrici e astratti. Dalla scuola del Bauhaus emergerà Augusto Cernigoj (Trieste 1898 – Sesana 1985) che si specializzerà nell’inedito campo del fotomontaggio, procedimento grafico di frammenti fotografici ed effetti illusionistici che oltrepasseranno il lessico figurativo del vecchio mondo pittorico.

Dopo la seconda guerra mondiale e i radicali cambiamenti nella storia politica e sociale, la grafica assunse delle tecnologie ormai lontane dai cartelloni d’autore dove la creatività aveva ancora i connotati dell’arte e il gusto del bello. Per raggiungere obiettivi commerciali al passo con le realtà industriali, le imprese iniziarono a servirsi degli art-director, veri factotum delle comunicazioni pubblicitarie.
Con l’avvento della computergraphic l’arte figurativa ha subito delle radicali trasformazioni assoggettandosi sempre di più alle abilità tecniche e a strumenti elettronici sempre più sofisticati.
Eppure riguardando quelle vecchie affiches piene di colori e atmosfere si ritrova ancora l’emozione per l’insopprimibile gusto del bello.

Fonti:

Enciclopedia tematica del FVG – Collana d’Arte della Fondazione CRTrieste