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Le scuole nautiche di Maria Teresa d’Austria

Garantita la sicurezza dell’Impero con un’amministrazione corretta e un esercito potente, Maria Teresa d’Austria si occupò dell’insegnamento scolastico poichè riteneva che “Il popolo va tolto dall’ignoranza, ad esso va data istruzione al fine di poter migliorare la propria condizione, essere utile a se stesso, allo Stato, alla prosperità della collettività”.

Quando nel 1753 l’imperatrice volle creare una flotta austriaca addestrando i “suoi marinai”, affidò al padre gesuita Francesco Saverio Orlando l’incarico di organizzare una scuola adatta.
Inaugurata nel novembre del 1754 iniziò i corsi di nautica e matematica con solo 20 iscritti appartenenti all’élite nobiliare tra i 25 e i 30 anni di età.

Nonostante il suo insuccesso, che peraltro continuò anche negli anni successivi, l’imperatrice Maria Teresa non solo la mantenne considerandola necessaria per la Marina mercantile, ma nel 1773 vi aggiunse anche i corsi di ingegneria.

Dopo il trasferimento per alcuni anni della scuola a Fiume nel 1783, ripresero i corsi a Trieste ma già nel 1787 gli studenti, ancora in numero ristretto, si lamentarono di non trovare imbarchi alla fine degli studi.

Durante l’occupazione francese avvenuta tra il 1809 e il 1813, insorsero anche problemi di natura politica e la scuola venne unita per un breve periodo con un liceo-ginnasio chiamato genericamente “collegio”.

Nel 1817 la scuola ottenne la sede a palazzo Biserini di piazza Lipsia (nota 1) appena ristrutturata dall’architetto Pietro Nobile, acquisendo il titolo di Imperiale Regia Accademia di Commercio e Nautica.
(Nella foto palazzo Biserini, collezione privata Giorgetti) img050

Dopo il 1833 venne deciso che per il titolo di costruttore navale si dovessero superare gli esami alla fine dei corsi, ai quali 10 anno dopo furono aggiunti quelli di meccanica applicata alle macchine a vapore.

Le lezioni dell’Accademia proseguirono a palazzo Biserini anche dopo il 1856 quando fu edificato un terzo piano per raccogliere le collezioni del Museo di Storia Naturale.

Nel 1875 il Governo decise di riunire in un’unica sede tutte le scuole del borgo Giuseppino fino allora dislocate in diversi edifici.
Il progetto dell’ingegner Giovanni Righetti fu attuato dalla Banca Triestina di Costruzioni nella zona a sud di piazza Lipsia, quindi di fronte a palazzo Biserini, occupata da due stabili erariali e già nel 1876 iniziarono a funzionare le prime scuole.
(Foto Comune di Trieste) nautico 2Verso la fine dell’Ottocento nel nuovo edificio furono conglobati il Ginnasio (K.K. Staatsgymnasium, al quale spettava l’entrata sulla piazza), la Scuola Reale Superiore (Staats-Ober-Realschule) e la scuola popolare tedesca con sezioni sia maschili che femminili.

Ma l’impero Austro-ungarico si avvicinava ormai al suo epilogo.
Dopo gli anni di guerra e i grandi cambiamenti che ne seguirono, piazza Lipsia (chiamata anche per un periodo “Degli Studi”) venne rinominata piazza Attilio Hortis, come il nome della Biblioteca Civica rimasta a palazzo Biserini, mentre dopo il 1919 la vecchia Accademia divenne il Regio Istituto Nautico “Tomaso di Savoia, Duca di Genova” con una serie di progressive riforme per adeguare gli allievi alle rapide innovazioni tecnologiche riguardanti tutta la Marineria.
Portale nautico
In tempi recentissimi dopo il restauro eseguito dalla Provincia, sul portale dell’ingresso principale dell’attuale piazza Hortis, è riapparsa la scritta originale del Ginnasio austriaco in ricordo del lungo Impero asburgico.
(Foto “Il Piccolo”) image

Nota 1: Oggi piazza Hortis. Nel 1822 a palazzo Biserini sarà sistemata la Biblioteca Civica

Documentazioni tratte da:
Diana de Rosa, Estratto dall’ “Archeografo Triestino” Serie IV – 1999 – Volume LIX;
nauticogalvani.com;
“Il Piccolo”, articolo su Trieste Cronaca dell’ 8 novembre 2015

San Giuseppe della Chiusa

Per raggiungere San Giuseppe della Chiusa, o Ricmanje, ci sono tre strade: dalla deviazione della provinciale di Basovizza in discesa verso i paesi di San Lorenzo e Sant’Antonio in Bosco; dalla strada della Rosandra verso Domio e Log; girando a destra dopo la biforcazione della chiusa di Cattinara con la salita verso Basovizza.
Quest’ultima strada fu aperta all’inizio dell’Ottocento e per segnare il limite del Comune di Trieste con le borgate periferiche fu eretta una colonna con un capitello votivo raffigurante la fuga in Egitto di Giuseppe e Maria. Dopo il 2005 la stele è stata affidata all’Orto Lapidario di San Giusto.

San Giuseppe fu un importante feudo vescovile sia per il numero che per l’agiatezza degli abitanti e visse varie vicende storiche legate alle contese per i transiti dal soprastante pasum Longere lungo l’antica strada dei Carsi.

Un tempo aveva una piccola chiesa, dedicata a S. Giorgio Martire, conosciuta almeno dal 1645, data della sua consacrazione. Ma nel 1749 davanti l’altare del Santo si verificò un fatto prodigioso che provocò grande scalpore.
Sbirciando dalla finestra della chiesa un abitante del posto sostenne di aver veduto ardere la lampada votiva, solitamente spenta in quanto sempre priva di olio. Sparsa la voce iniziarono ad accorrere valligiani, pellegrini finché i cancellieri vescovili decisero di controllare sigillando porte e finestre. Ma la lampada continuò ad ardere. (nota 1)
Riportata la notizia alla Santa Sede, il papa Innocenzo XII si affrettò ad attestare il prodigioso evento vergando il “libro d’onore” con l’istituzione ufficiale della congregazione il cui primo iscritto fu il primogenito di Maria Teresa d’Austria, il futuro Giuseppe II.
La stessa Imperatrice donò alla Chiesa, rinominata nel 1750 Santuario di San Giuseppe, una serie di magnifici paramenti oggi conservati nel vicino Museo Etnografico.
In conseguenza del grande flusso di pellegrini la chiesa fu ingrandita e ricostruita nelle forme attuali con l’aggiunta del doppio campanile. Consacrata nel 1771 dal vescovo Antonio Herberstein, eretta a cappellania nel 1778 divenne parrocchia nel 1905.

L’interno della chiesa settecentesca ha uno stile di tardo barocco settecentesco, piuttosto raro da queste parti e non privo di una certa suggestione. L’altare ha mantenuto le sculture originali, opera di artigiani locali e il grande affresco del soffitto risalente al 1770 e sorprendente dipinto dal napoletano certo Pasquale Perriello raffigurante la morte e l’ascesa al cielo del santo patrono. (2)

Molto bello l’organo a 200 canne risalente al 1750 e una particolarissima croce all’ingresso che ricorda un “ora et labora“.Sulla parete sinistra della navata svetta un sorprendente altare in puro stile Impero: in candido marmo di Carrara con decorazioni dorate, due statue neoclassiche ai lati, una teca in vetro con il Cristo morto e un Cristo risorto sopra.

Negli anni Novanta questo singolare altare è stato restaurato da Boris Zulian, un conosciuto artista di Ricmanije, recentemente scomparso.

Nei primi anni del Novecento la chiesa di San Giuseppe ebbe uno scisma voluto da una parte della comunità slovena e che con alterne vicende tra Vaticano e Impero Austro-ungarico durò dieci anni per poi risolversi grazie a un combattivo vescovo viennese.
Con il recente arrivo di un nuovo parroco, attualmente la Chiesa è aperta per le funzioni giornaliere.

Nel piccolo Museo Etnografico di fronte alla chiesa, si trovano diversi utensili della vita contadina come una vecchia culla in legno per la lievitazione del pane, torchi per il vino e la ricostruzione di una cucina tradizionale. Per la visita è però necessario rivolgersi al Parroco.

Note:
(1) Non è dato sapere se il fenomeno si sia poi ripetuto

(2) Il recente restauro dell’affresco è stato effettuato dalla professoressa Anna Maria Scatola

Fonti:
Carlo Chersi, Itinerari del Carso Triestino, Stab. Tipografico Naz.le, Trieste, 1963;
Borghi e Paesi del FVG, Carsa Edizioni, Pescara, 2009