Archivio mensile:marzo 2017

Le scuole nautiche di Maria Teresa d’Austria

Garantita la sicurezza dell’Impero con un’amministrazione corretta e un esercito potente, Maria Teresa d’Austria si occupò dell’insegnamento scolastico poichè riteneva che “Il popolo va tolto dall’ignoranza, ad esso va data istruzione al fine di poter migliorare la propria condizione, essere utile a se stesso, allo Stato, alla prosperità della collettività”.

Quando nel 1753 l’imperatrice volle creare una flotta austriaca addestrando i “suoi marinai”, affidò al padre gesuita Francesco Saverio Orlando l’incarico di organizzare una scuola adatta.
Inaugurata nel novembre del 1754 iniziò i corsi di nautica e matematica con solo 20 iscritti appartenenti all’élite nobiliare tra i 25 e i 30 anni di età.

Nonostante il suo insuccesso, che peraltro continuò anche negli anni successivi, l’imperatrice Maria Teresa non solo la mantenne considerandola necessaria per la Marina mercantile, ma nel 1773 vi aggiunse anche i corsi di ingegneria.

Dopo il trasferimento per alcuni anni della scuola a Fiume nel 1783, ripresero i corsi a Trieste ma già nel 1787 gli studenti, ancora in numero ristretto, si lamentarono di non trovare imbarchi alla fine degli studi.

Durante l’occupazione francese avvenuta tra il 1809 e il 1813, insorsero anche problemi di natura politica e la scuola venne unita per un breve periodo con un liceo-ginnasio chiamato genericamente “collegio”.

Nel 1817 la scuola ottenne la sede a palazzo Biserini di piazza Lipsia (nota 1) appena ristrutturata dall’architetto Pietro Nobile, acquisendo il titolo di Imperiale Regia Accademia di Commercio e Nautica.
(Nella foto palazzo Biserini, collezione privata Giorgetti) img050

Dopo il 1833 venne deciso che per il titolo di costruttore navale si dovessero superare gli esami alla fine dei corsi, ai quali 10 anno dopo furono aggiunti quelli di meccanica applicata alle macchine a vapore.

Le lezioni dell’Accademia proseguirono a palazzo Biserini anche dopo il 1856 quando fu edificato un terzo piano per raccogliere le collezioni del Museo di Storia Naturale.

Nel 1875 il Governo decise di riunire in un’unica sede tutte le scuole del borgo Giuseppino fino allora dislocate in diversi edifici.
Il progetto dell’ingegner Giovanni Righetti fu attuato dalla Banca Triestina di Costruzioni nella zona a sud di piazza Lipsia, quindi di fronte a palazzo Biserini, occupata da due stabili erariali e già nel 1876 iniziarono a funzionare le prime scuole.
(Foto Comune di Trieste) nautico 2Verso la fine dell’Ottocento nel nuovo edificio furono conglobati il Ginnasio (K.K. Staatsgymnasium, al quale spettava l’entrata sulla piazza), la Scuola Reale Superiore (Staats-Ober-Realschule) e la scuola popolare tedesca con sezioni sia maschili che femminili.

Ma l’impero Austro-ungarico si avvicinava ormai al suo epilogo.
Dopo gli anni di guerra e i grandi cambiamenti che ne seguirono, piazza Lipsia (chiamata anche per un periodo “Degli Studi”) venne rinominata piazza Attilio Hortis, come il nome della Biblioteca Civica rimasta a palazzo Biserini, mentre dopo il 1919 la vecchia Accademia divenne il Regio Istituto Nautico “Tomaso di Savoia, Duca di Genova” con una serie di progressive riforme per adeguare gli allievi alle rapide innovazioni tecnologiche riguardanti tutta la Marineria.
Portale nautico
In tempi recentissimi dopo il restauro eseguito dalla Provincia, sul portale dell’ingresso principale dell’attuale piazza Hortis, è riapparsa la scritta originale del Ginnasio austriaco in ricordo del lungo Impero asburgico.
(Foto “Il Piccolo”) image

Nota 1: Oggi piazza Hortis. Nel 1822 a palazzo Biserini sarà sistemata la Biblioteca Civica

Documentazioni tratte da:
Diana de Rosa, Estratto dall’ “Archeografo Triestino” Serie IV – 1999 – Volume LIX;
nauticogalvani.com;
“Il Piccolo”, articolo su Trieste Cronaca dell’ 8 novembre 2015

Le scuole industriali austriache

I primi tentativi d’introdurre a Trieste un’istruzione industriale risalgono ai tempi di Maria Teresa e Giuseppe II ma non ebbero un grande successo per la mancanza di insegnanti con specifiche conoscenze e capacità di programmare i corsi.

Solo nella seconda metà dell’Ottocento nelle maggiori città dell’Impero vennero create delle scuole di disegno tecnico-professionale con diverse specializzazioni e livelli d’istruzione.
Nel 1850 il barone Pasquale Revoltella e l’industriale Francesco Gossleth (nota 1) aprirono a Trieste la Scuola triestina di disegno, privata ma gratuita, destinata all’addestramento dei cosiddetti “artieri” e comprensiva di una sezione femminile di ricamo e merletto.

Tra il 1882 e 1883 la Luogotenenza del Litorale (allora con le funzioni delle attuali prefetture) impose un estensione dei corsi con applicazioni teoriche e di laboratorio per poter rilasciare licenze più idonee ma auspicando nel contempo la necessità di istituire una scuola statale finanziata dal Comune.
Iniziò così una lunga trattativa per assicurare sia l’uso della lingua italiana che il mantenimento dei corsi domenicali, serali e di ricamo e merletto.

Nel settembre del 1887, quindi dopo cinque anni di discussioni e negoziati, il Comune di Trieste ottenne l’autorizzazione di allestire la nuova Scuola Industriale di Stato la cui sede fu collocata in un vecchio edificio di Corsia Stadion 31, (ancora oggi esistente al numero 27 di via Battisti con il nome di Istituto Tecnico Industriale A. Volta) (nota 2).
L’edificio in una foto d’epocaAutocertificazione 2349

I corsi iniziarono nel gennaio 1888 con la direzione dell’architetto-ingegnere Carlo Hesky (nota 3) già assistente al Politecnico di Vienna e professore alla Scuola Industriale.
Nonostante il suo nome la Triest K.K. Staatsgewerbeschule aveva come lingua ufficiale l’italiano (nota 4) e come insegnanti illustri personaggi triestini come Enrico Nordio, Carlo Wostry, Eugenio Scomparini, Marcello Dudovich, Guido Marussig, Bruno Croatto, Ruggero Rovan, Antonio Camaur e ancora Schranz, Lucano, Cernigoj, Mosca, Selva, De Paoli.

Seppure gestita da un’unica Direzione, la scuola era suddivisa in diversi indirizzi e gradi di studio comprendendo i settori dell’arte, dell’artigianato, dei mestieri femminili (economia domestica, modisteria, cucito, ricamo e merletto) nonché corsi serali e domenicali a orari ridotti per gli apprendisti.

Di anno in anno le iscrizioni aumentarono e già nel 1894, superati i 1000 alunni la scuola non fu in grado di accogliere tutte le richieste di ammissione.
Dopo la costruzione di un terzo piano furono attivati dei corsi speciali di macchinisti per navi mercantili, di conduttori per caldaie, di elettrotecnici cantieristici e dal 1896-97 fu annessa la Scuola Superiore di Costruzione navale, prima aggregata all’Accademia di Nautica.

Gli insegnanti che si avvicendarono, come il pittore Eugenio Scomparini, lo scultore Antonio Camaur, l’architetto Enrico Nordio e altri artisti del tempo si prodigarono per applicare gli studi ai mestieri da loro stessi svolti favorendo le future collocazioni lavorative degli allievi.

In aggiunta ai corsi regolari della Scuola, la Direzione stabilì di favorire e promuovere la cultura e lo sviluppo economico nel Litorale e a partire dal 1902 istituì delle succursali in Istria e nel Goriziano aggiungendo corsi ambulanti della durata di qualche mese ed estivi per l’aggiornamento degli insegnanti.

Nel 1913 il Consiglio Comunale acquistò l’edificio a due piani di via Gatteri 4 per adibirla ai corsi di macchinista navale e alla nuova Scuola Industriale femminile che conglobava i corsi Ricamo e Merletto.
Autocertificazione 2356Autocertificazione 2355
Autocertificazione 2352Alla fine del 1915 la scuola risentì degli effetti della guerra per il richiamo alle armi di allievi e insegnanti, la rimozione del direttore Carlo Hesky (nota 5) e l’obbligo della lingua tedesca imposto dalla Luogotenenza.

Nel 1921 la scuola riprese le sue attività con il nuovo direttore ing. Gioacchino Grassi e l’anno successivo ottenne il titolo di Istituto Industriale di Trieste con un normale ordinamento italiano e una classifica di scuola di 3° grado, perdendo però l’impronta artistica che caratterizzò gli studi dei primi decenni.

In seguito ai decreti del Ministero dell’Economia Nazionale e la nomina del commissario governativo ing. Costantino Doria, nel corso del 1924 vennero predisposte le sezioni di meccanici elettricisti, costruttori edili con tirocinio triennale per falegnami ebanisti, scalpellini, intagliatori e pittori decoratori; furono anche istituite le scuole triennali femminili e quelle a orario ridotto per meccanici, edili, operai industriali nonché quella complementare per apprendisti.

Nella foto un laboratorio di ebanisteria e falegnameria dell’Istituto Industriale Autocertificazione 2360Ripresa la piena attività l’Istituto continuò a svilupparsi con l’apertura di corsi speciali, tra cui quelli per macchinisti di motonavi, l’espansione di succursali e di ulteriori edifici scolastici nei vari rioni della città.

Nella foto Sterle il portale d’ingresso I.T.I. A. Volta di via Battisti 27
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Nella grande soffitta della scuola sono ancora conservate le decorazioni della vecchia Scuola Triestina di disegno (foto Sterle)img040

Autocertificazione 2350Note:

1. Il Gossleth era proprietario di una prestigiosa falegnameria dove vennero creati una lunga serie di mobili destinati alle più belle dimore dell’epoca, tra cui il castello di Miramare.

2. L’edificio fu realizzato nel 1802 in base all’originario progetto dell’architetto Antonio Mollari per volere del negoziante Giovanni Dobler; acquistato nel 1808 dal Comune di Trieste fu adibito a Caserma fino al 1867 e l’anno successivo a Civiche Scuole Popolari. (da note del Comune di Trieste).
Istituita nel 1887 la Scuola Industriale di Stato l’edificio venne innalzato di un piano, modificato nella facciata e rivisto nella distribuzione interna.
Nell’ultimo decennio dell’Ottocento venne aggiunto un terzo piano.

3. Nato a Pisino nel il 2 novembre 1849 Carlo Hesky si laureò all’Accademia di Belle Arti di Vienna, qui dal 1876 insegnò alla Scuola Industriale di Stato fino all’incarico di Direttore della Scuola Industriale di Trieste nel 1887. Dopo il 1890 divenne Consigliere di Governo ma nel 1916 fu destituito dalla Direzione per motivi politici.

4. Nonostante l’insegnamento in lingua italiana la Staatsgewerbeschule era diversa dalle omonime scuole industriali del territorio nazionale come risulta dalla relazione del direttore Carlo Hesky conservata negli archivi dell’istituto.

5. Hesky fu ritenuto responsabile di aver agevolato il passaggio di alcuni allievi nell’Esercito Italiano e sostituito dal tedesco Arturo Koch.

Fonti:

Antonella Caroli, ARTE E TECNICA A TRIESTE 1850-1916, Ed. della Laguna, Roma, Lit. Graphy, Mariano del Friuli. 1995;
Maria Laura Iona, Associazione Nazionale Archivistica Italiana, Sezione FVG, Atti del convegno, Trieste-Udine, 1995;
Catalogo integrato dei Beni Culturali, Trieste.

La Società Operaia Triestina (seconda parte)

Via Tarabochia 3Nel 1908 un notevole numero di iscritti alla Società Operaia Triestina organizzarono una trasferta a Milano per partecipare a un corteo che reclamava maggiori diritti per la classe operaia ma perorando nel contempo la causa dell’annessione di Trieste all’Italia.
Le autorità austriache, già allertate dall’espansione del consorzio e dalle sue mire nazionalistiche, si infuriarono per quella manifestazione pubblica e senza appurare chi ne fossero gli organizzatori indussero il governatore di Trieste principe Konrad Hohenlohe (nota 1) a sciogliere l’organizzazione minacciando di incamerarne i beni.
I dirigenti della S.O.T., pur minacciando di ricorrere al Ministero dell’Interno e alla Suprema Corte, decisero di apportare alcune modifiche all’istituzione con il cambio nel nome in Associazione Operaia Triestina pur continuando a mantenere la sede di via del Tintore e le stesse organizzazioni sociali.

Trascorso un periodo di relativa tranquillità, la situazione precipitò alla vigilia della Grande Guerra.
Dopo il periodo di neutralità l’Italia entrò in guerra il 20 maggio 1915 avanzando sulle linee di confine dell’impero.
Alle ore 16 del 23 maggio 1915 sul poggiolo della Luogotenenza apparve lo stendardo imperiale e immediatamente una turba di filoaustriaci assaltò le sedi del giornale “Il Piccolo”, della Lega Nazionale e della Ginnastica Triestina appiccandovi il fuoco; Caffè, negozi, sedi istituzionali e irredentiste furono distrutte o devastate.

Nella foto CMSA l’incendio alla sede de “Il Piccolo”: 905b9fa6dd894472a67372f7809ee3fbL’incendio alla Società Ginnastica Triestina (foto CMSA):download
L’Austria iniziò a mobilitarsi richiamando negli eserciti commercianti, professionisti, studenti e gli iscritti dell’Associazione, molti dei quali scelsero poi di passare nell’Esercito Nazionale seguendo l’esempio del loro direttore Emo Tarabocchia arruolatosi tra i primi nelle trincee del Carso (nota 2).

Con la rapida svalutazione della moneta, il progressivo calo di lavoro in porto e di tutti i traffici commerciali, l’Operaia si trovò di fronte allo spettacolo della disoccupazione che cresceva di mese in mese e per mantenere i suoi servizi, assicurare i medicinali, le rette ospedaliere e le modeste sovvenzioni, fu costretta a grandi economie ricorrendo anche ai fondi di riserva.

Trieste visse i 41 estenuanti mesi di guerra come una città perseguitata e sotto assedio, costretta a vivere miseramente tra i resti dell’Impero, priva di comunicazioni con il mondo esterno con la sola speranza della vittoria e del raggiungimento della libertà.
Gli uomini più rappresentativi dell’Operaia furono iscritti nelle liste di proscrizione e mandati ai campi di internamento mentre per i pochi rimasti ci furono penose restrizioni dei sussidi.

Quando la guerra giunse al suo epilogo con l’abrogazione dei decreti imperiali e l’arrivo il 3 novembre delle navi italiane tra l’entusiasmo collettivo, l’Operaia riprese il suo nome originario e tutte le attività sospese.
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Alla fine della guerra il lavoro da affrontare era immenso: dovevano essere ristabilite le linee ferroviarie e di navigazione, riattivati gli stabilimenti industriali e tutti i commerci di magazzini e negozi ormai ridotti allo stremo.
Incoraggiata dal governatore Petitti di Roreto la rinata Società Operaia Triestina riprese le sue funzioni nel pieno rispetto delle leggi italiane.
img014Con la direzione di Gustavo Comici la Società raggiunse in pochi mesi oltre 3.700 iscritti.
Vennero riavviati i corsi di falegnameria, di taglio e cucito, di modisteria, le lezioni di storia, scienze e igiene, rinacque il Segretariato del popolo e la Lega degli inquilini.
Nella foto (dell’Archivio della Società Triestina) i giovani allievi al lavoro nella classe di falegnameria: Autocertificazione 2375

Iniziarono poi le trattative con i vari Ministeri per i risarcimenti dei danni di guerra, per le ricostruzioni dei Cantieri, delle Caserme, del Palazzo di Giustizia, delle ferrovie e delle strade; per riattivare l’attività delle industrie e dei commerci vennero ripristinate le Fiere Campionarie.

Nella foto (dei Civici Musei) l’ingresso della Fiera Campionaria del 1920 in via Campo Marzio:img015
Iniziato un periodo di pace, la Società Operaia Triestina (nota 3) riorganizzò le attività lavorative per i numerosi iscritti del lungo sodalizio mantenendo le sue prospettive di concordia e fratellanza delle classi lavoratrici supportandone le difficoltà e ispirandosi ancora al motto dei suoi inizi: “Uno per tutti, tutti per uno”.

Note:

1. Il principe Hohenlohe-Waldenburg-Schillingfürst ricoprì la carica di Governatore dal 1904 fino alla sua destituzione nel 1915;

2. Già quarantenne e sofferente di cuore, Emo Tarabocchia (nato a Trieste nel 1874) volle arruolarsi all’avamposto sulle trincee del Carso: “Se devo imbracciare il fucile voglio farlo per la causa d’Italia, per la mia causa, non per l’Austria” annunciò alla partenza. Nelle prime battaglie del 1915 perse la vita sul monte Podgora.

3. In onore del direttore Emo Tarabocchia la via del Tintore fu intitolata a suo nome.

Fonte:

Giulio Cesari, Sessant’anni di vita italiana 1869-1929: Memorie della Società Operaia Triestina, Trieste, 1929

Il presente articolo ha volutamente omesso le complesse vicende dell’Irredentismo trattate nel testo sopracitato.

La Società Operaia Triestina (prima parte)

Fratelli! Uniamoci tutti con un vincolo di fraterno affetto, assistiamoci ricambievolmente nell’infortunio e nel lavoro. Tutti per uno, uno per tutti, contribuiamo a mantenere intatta la fama e l’onore dell’operaio, e a distruggere l’ozio e il vagabondaggio”.
Fu questo il testo del manifesto che apparve il 25 maggio del 1869 annunciando la nascita della Società Operaia Triestina il cui Statuto, redatto da Arrigo Hortis, si proponeva di aiutare gli operai nell’affermazione dei loro diritti e nella tutela dei loro interessi.
statuto sotLa Società, animata da sentimenti irredentistici e antiaustriaci, prevedeva per gli iscritti un contributo d’ingresso e una modesta tassazione settimanale assicurando lo sviluppo e la protezione per le vertenze di lavoro, dei sussidi in caso di malattia con la fornitura di medici e medicinali.
La sede fu stabilita in un edificio di via Lazzaretto Vecchio che disponeva di stanze per gli uffici redazionali e di collocamento, di aule per le scuole serali e di sale di lettura con annessa una biblioteca.

Il consorzio ebbe uno straordinario successo e in breve tempo raccolse più di 1.400 soci in costante crescita.
L’11 giugno 1870 con una festa al teatro Mauroner (nota 1) furono presentate ufficialmente la bandiera della Società con l’alabarda sul fondo rosso.
alabardaLo stemma di Trieste fu anche coniato sulla medaglia, qui nella foto CMSA:S.O.T.

Nel 1874 la S.O.T. trasferì la sede in un edificio di via Canal Grande (attuale via Cassa di Risparmio) dotata di spazi più ampi e di una nuova sezione femminile che in poco tempo superò l’iscrizione di 200 socie.

Dopo soli tre anni, nell’agosto del 1877, la Società si trasferì nella Casa Duma, in Piazza Nuova (oggi piazza Repubblica) (nota 2) nella foto F. Benque:
casa Duma - Copia

Qui si affermò la vita sociale dei soci che si ritrovavano nell’atrio dell’edificio per dilettarsi in conversazioni, leggere i giornali o scambiarsi dei libri e ancora qui eleggevano i loro rappresentanti e pagavano i canoni stabiliti.
Anche il direttore della Società Edgardo Rascovich era solito circolare tra la folla cercando di mantenere un amichevole contatto con tutti gli iscritti.

Nel suo 10° anno di vita la Società Operaia contava 2.200 iscritti con un crescente aumento del fondo sociale che permise di creare un’organizzazione di mutua con diversi medici.
Vennero pure aggiunte una sala di lettura, una scuola di disegno, una sezione di ginnastica e due per analfabeti di entrambi i sessi.

Per celebrare i 10 anni dall’elezione del Direttore Rascovich, il I° maggio 1881 venne coniata una medaglia con il simbolo dell’incudine (nella foto dei Civici Musei):Medaglia

Con l’ espansione di tutte le sezioni, la S.O.T. meditava di istituire una Cassa di Risparmio, una nuova sede sociale con un’esposizione permanente di arte industriale, una fondazione di cooperative di lavoro e un progetto di costruire case in economia.

Quando nel 1906 il palazzo Duma fu ceduto alla Banca di Credito di Vienna, la S.O.T. , costretta a trasferirsi in via San Nicolò 32, decise di costruire una sede propria.
Rinunciando a uno spazio in via Barriera Vecchia, verso la fine di maggio del 1908 la Luogotenenza approvò l’acquisto di un’area in via del Tintore (ora via Emo Tarabocchia) la cui prima pietra fu deposta il 5 novembre.
Nella foto (Archivio della Società Ginnastica Triestina) la sede imbandierata della S.O.TAutocertificazione 2376

L’espansione della Società comportò una crescente presa di coscienza dei diritti della classe operaia che iniziò a perorare la causa dell’idealità nazionale dell’Italia, aspirazione che irritò le autorità austriache e che fu di fatto il primo segnale dei gravi tafferugli che sarebbero in seguito sorti in città, con la guerra ormai alle porte.

(Continua nella seconda parte)

Note:

1. Il teatro Mauroner, prima dell’incendio che lo distrusse, si trovava in corsia Stadion (oggi via Battisti) dove poi sorse il teatro Fenice (divenuto poi cinema);

2. La casa Duma venne poi abbattuta per costruire l’imponente sede della Banca Commerciale.

Fonti:
Giulio Cesari, Sessant’anni di vita italiana 1869-1929: Memorie della Società Operaia Triestina, 1929;
Atlante dei Beni Culturali – Comune di Trieste