Archivio mensile:ottobre 2016

INCONTRI Anna e il poeta

4b4b3c79448c432183cec8a066d0933a[1]Fu un incontro davvero fatale quello tra Scipio Slataper e le tre giovani amiche Anna Pulitzer, Elody Oblath e Luisa Carniel, i cui destini si intrecceranno nel corso delle loro vite con alterne e a volte tragiche vicende.

Se nel suo libro Confessioni e lettere a Scipio Elody ripercorrerà gli anni dell’affettuosa amicizia con il poeta (nota 1), la documentazione epistolare tra Slataper e Anna sarà brevissima quanto premonitrice del dramma che ne seguì.

I due giovani, 21 anni lui, 19 lei, s’incontrarono a Trieste nel gennaio del 1909 e come ci riferisce la storia, fu subito amore. Ma fu davvero così grande e poetica quella storia tanto esaltata nelle pagine delle Lettere alle tre amiche e de Il mio Carso?

Anna Anna sai che tu ami un poeta? Averti trovata è ormai la prova della mia vittoria. C’è un buon demone che mi vuol bene e tu mi puoi già incoronare” scriveva Slataper alla Pulitzer nel febbraio del 1910 e già ci sorgono dei dubbi.

Desiderai ardentemente di averla. Le preparavo un letto di gioia nella mia anima. Raccoglievo tutti i miei pensieri belli come petali di rosa per il suo guanciale.
Mi addestravo le mani sul musco e su l’erba dei prati per toccarla. Succhiavo fiori per poterle parlare. Aprivo la bocca al sole per darle un bacio. Gioietta tu sei qui… (nota 2) donna più divina di quello che io potessi sognare… Bisogna che tutto il mondo sia rifatto dal mio desiderio” raccontava con enfasi Scipio a Elody senza minimamente immaginare quanto lei soffrisse.

Tu riposi sul mio viso e i tuoi capelli e le tue mani mi difendono” scriveva ad Anna nell’aprile del 1910.
Stasera penso che ormai tu sai tutto e che io non posso più dir niente. Il bacio ha svelato tutto e io mi sento tutto nudo davanti a te. Anche tu anche tu; e hai nascosto il viso sul mio cuore, e ti coprivo con le mie mani. E ormai è un ritmo divino tra noi, come acqua che va al cielo e discende chiara sulla terra. Non c’è più disopra né disotto, ma tutto è buono e io posso accarezzare tutto.”
Non si percepisce forse tra le righe un’inquietante attenzione verso sé stesso anziché una delicata tenerezza verso la giovanissima donna che stringeva tra le sue braccia?

“Io capisco che qualcuno entrando non osi guardare. Qua dentro c’è una forza che obbliga tutti gli altri a rivolger lo sguardo dentro di essi e temere. Un dio è presente, e tutti pregano.” Quale irruenza, quanto Ego sconfinato! Non ci si sorprende se la povera Anna fosse turbata da quell’amore così irruento e carnale, e se giorno dopo giorno ne fosse rimasta sconvolta.
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Nella notte tra il 2 e 3 maggio 1910, chiusa nella sua stanza, sola e piena d’angoscia, in piedi davanti lo specchio, con la pistola puntata sulla tempia, Anna-Gioietta farà esplodere quel proiettile mettendo fine alla sua giovane vita.

La sera di quello stesso giorno Scipio sarà sconvolto e pieno di rabbia:
Lei diceva sempre: Tu non sai cosa è stato nella mia vita. Ma io non potevo sapere. Lei non m’aveva detto niente. Perché non m’ha detto tante cose? Poteva tenersi per sé tutto il dolore passato ora che mi amava? Credeva io fossi debole per sopportarlo? Che non glielo sapessi sciogliere?” scriveva all’amica Luisa Carniel (nota 3).
Odio la sua morte perché m’obbliga alla vita, a vivere con questo male eterno nell’anima. Lei sapeva questo: e s’è ammazzata lo stesso. E sapeva che dopo la sua morte avrei gustato a goccia a goccia tutto il suo dolore, dopo la sua morte, quando io non posso far più nulla.”

Struggendosi nei ricordi, incupito dalle notti insonni e dai sensi di colpa, rifiutando il conforto degli amici e della famiglia, nell’estate del 1911 deciderà di stabilirsi in una modesta casa nell’altopiano di Ocisla, alternando le forsennate corse per campi e ruscelli con la stesura de Il mio Carso.29a2a2c17e744c6ab3fa770d47bb834aQui il poeta rielaborerà la tragica morte di Anna-Gioietta rivivendo quell’amore spezzato in alcune indimenticabili pagine del libro:
Ella è in una tomba nella pietra liscia, nella bara, serrata con viti. Ella è con le mani distese lungo i fianchi. Di fuori c’è un nome e due date. Bisognerebbe strappare quella lapide. Bisogna portare tutti i ginepri del Carso sulla sua tomba”.
Era una pianta di timo. Sei venuto quassù, portato dal suo profumo. L’accarezzavi tanto. Le volevi bene. Era un dolce pianta di timo. Snella, con un ciuffo lieve, odorosa: tu l’hai strappata perché non hai capito cos’era. Tu non l’hai capita perché sei un letterato. L’avresti radicata più fonda nella terra, nessuno più l’avrebbe potuta strappare”.
La carnalità dei loro amplessi verrà così sovrapposta al contatto con la nuda terra, le sensazioni tattili del corpo di lei con quelle della natura e i profumi di timo e ginepro all’odore di quel ciuffo delicato come l’erba.

E venne anche il tempo dei rimorsi, dell’umiltà, dell’ammissione di essere un uomo, non solo il poeta che avrebbe voluto essere:
Lei non doveva morire. Credeva che io fossi tutto forza e bontà. Io non sono forte. Io ho bisogno di amare come tutti gli uomini. Io voglio la vita piena, completa, col suo fango e i suoi fiori. Io voglio bene alla carne sana, piena di sangue e di prosperità. […] Io avrei dovuto vigilare nel suo sonno come un cane nella camera del padrone perché nessuno v’entri.”
Gli si pure perdonano i suoi eccessi davanti a queste righe che ci commuovono:
Eri fresca e odorosa come l’alba. […] Cantavi a bassa voce, limpida come un filo d’acqua tra l’erbe. Dolce creatura! E quando chinavi la testa sulla mia spalla , io ti tenevo il mento nella mano, ti accarezzavo le guance e i fini capelli, e una tenerezza tremante mi prendeva…

Così ci si sorprende quando lo Slataper nella stesura finale de Il mio Carso inserirà un breve appunto (nota 4) che stravolgerà il senso di quella storia che ci ha fatto così tanto sognare:
Non ho mai amato veramente Anna. Ho terribile rimorso e schifo delle pagine false che le scrivevo. Io capisco tanto bene come peccai verso di lei” fu la sua inaspettata confessione.
Infatti dopo la lunga estate del 1911 trascorsa in Carso, in una lettera datata 21 ottobre dello stesso anno, Scipio scriverà all’amica Luisa/Gigetta:
Penso a te e ti bacio perché ho finito ora Il mio Carso.”

Scipio e Luisa Carniel si sposeranno nel settembre del 1913 e rimarranno uniti per soli due anni. Ma questa è un’altra storia.

Note:

1. Elody fu molto innamorata di Scipio e sofferse per il suoi legame con Anna e il successivo matrimonio con l’amica Luisa Carniel;

2. Così lo Slataper chiamò sempre Anna Pulitzer;

3. Gigetta fu il soprannome/pseudonimo di Luisa Carniel;

4. L’appunto è datato 5 settembre 1912. IMG_0047

IMG_0029Fonti:
Scipio Slataper, Lettere alle tre amiche, Edizioni Alet, Padova, 2007;
Scipio Slataper, Il mio Carso, RCS Libri, Milano, 2000.

Villa Moore – Borahall

Questa imponente villa di via Bazzoni, risale nientemeno che al Settecento, quando la collinetta di San Vito era ancora una spoglia periferia.
(Foto collezione di S. degli Ivanissevich)Autocertificazione 2991Acquistata nel 1833 dallo scozzese George Moore, console degli Stati Uniti e appassionato botanico, il suo giardino fu arricchito con cedri, conifere, siepi di bosso e piante rare. La magnifica villa, ribattezza Borahall per essere battuta dai venti, ospitava l’élite del tempo e naturalmente i connazionali residenti a Trieste.

Quando nell’agosto del 1800 si preannunciò la visita dell’ammiraglio Horatio Nelson, reduce dalla gloriosa battaglia del Nilo, Sir Moore organizzò in suo onore una serie di feste e banchetti di cui in città se ne parlò a lungo.
(Nella foto Pinterest i ritratti di Nelson e Lady Hamilton)Admiral-Nelson[1]412451a85f4a7a856fd3555d28c8b142[1]Non meno chiacchierata fu la presenza della sua avvenente amante trentacinquenne Emma Lyon, conosciuta, oltre che dai suoi trascorsi nei bordelli e dalle frequentazioni di vari aristocratici letti, come Lady Hamilton per il matrimonio di sette anni prima con l’anziano Sir William, ambasciatore inglese a Napoli che tollerò il legame con il più giovane ammiraglio e che comunque morì nel 1803.
La storia narra che Lady Hamilton fosse molto devota a Horatio Nelson nonostante il suo precoce invecchiamento e la perdita in battaglia di un occhio e un braccio, ma il loro amore non ebbe una vita lunga. Nella vittoriosa quanto sanguinosa battaglia di Trafalgar nel 1805 l’ammiraglio inglese fu colpito a morte da un tiratore francese e il suo cadavere venne conservato in una botte di rum fino al rientro in Inghilterra, dove ricevette i funerali di Stato.

Lady Hamilton dilapidò presto le sue ricchezze e dopo essere stata imprigionata per debiti, visse in miseria gli ultimi anni della sua vita e dandosi smodatamente al bere morì cinquantenne per insufficienza epatica.

A Villa Borahall visse poi anni felici la famiglia Slataper prima del tracollo economico del padre Luigi, commerciante di vetri e cristalli, e del trasferimento nella più modesta villa Pettinello di via Chiadino nel 1899.

Nella foto di scopritrieste.com la villa com’è oggi (tra la via de Fin e Cappello)Villa-Moore[1]

Fonti:

Silvio Rutteri, Trieste spunti dal suo passato, Ed. Lint, Trieste, 1975 – A. Seri e S. degli Ivanissevich, San Vito, Ed. Italo Svevo, Trieste, 2009 –  Wikipedia

Il castelletto di Miramare

Nell’attesa del completamento del castello di Miramare, l’arciduca Massimiliano d’Asburgo incaricò l’architetto Carl Junker di progettare nel parco un’elegante villa per risiedervi nei primi tempi del matrimonio con Carlotta.
Nella foto un disegno di Rieger che rappresenta la costruzione del castello nel 1857 (nota 1).
lobianco721Il Klein Schloss, chiamato anche Gartenhaus, aveva lo stesso stile del castello ma in scala ridotta e venne eretto sul promontorio sopra il porticciolo di Grignano, prospicente un belvedere sul golfo, un parterre abbellito da alberi e una zampillante fontana.
Nella foto (beniculturali.it) come si presentava originariamente il castelletto
e187427288b043adb96c7fbe107b8b2f.1L’edificio a due piani comprendeva una pergolata all’ingresso, una terrazza panoramica e due balconcini al secondo piano mentre dalla base svettava una torretta merlata.
Nelle foto (beniculturali.it) un’immagine più recente del castelletto e la scala verso il primo piano.
Autocertificazione 2001Autocertificazione 2999Nonostante la ristrettezza degli ambienti, Massimiliano volle arredarli con abbondanza di quadri, pesanti tendaggi, mobili, suppellettili, poltrone e sedie in un insieme piuttosto opprimente anche per la presenza di oggetti personali che l’arciduca conservava in ricordo dei suoi viaggi.
Nelle foto (di Ceregato & Trebse) si può notare il gusto borghese di alcune sale, addirittura piuttosto sobrio nella stanza nuziale.
Autocertificazione 2003Autocertificazione 2006Autocertificazione 2005Autocertificazione 2004Oltre alla sala nordica e a quella fiamminga decorate con motivi floreali, fu arredato anche un salottino turco- moresco proveniente da villa Lazarovich, prima residenza triestina di Massimiliano. (nota 2)
Qui il bell’arciduca amava ricevere i suoi ospiti agghindato con abiti orientali, bevendo il caffè turco e fumando il narghilè.
(Foto di Ceregato & Trebse)
Autocertificazione 2998Nella foto sottostante un dipinto di Germano Prosdocimi con il progetto della sala turca per villa Lazarovich e in parte poi riprodotta nel castelletto.
Autocertificazione 2019Nel Gartenhaus di Miramare Massimiliano e Carlotta vissero forse gli unici momenti felici del loro matrimonio, avvenuto con grande sfarzo a Bruxelles nel luglio del 1857.
Dopo i due anni trascorsi a Milano, nel 1859 e il trasloco da villa Lazarovich abiteranno qui per un breve periodo prima del trasferimento al castello nel dicembre 1860 (nota 3).

Ancora nel Klein Schloss Massimiliano, già nominato Imperatore del Messico, si rinchiuderà per tre misteriosi giorni prima di salpare alla volta del Centro America nell’ aprile del 1864.
Come riporta la storia, dal 1866 al 1867 nel castelletto verrà segregata Carlotta poco dopo il suo ritorno dal Messico e i viaggi tra le corti di Francia, Austria e Vaticano nella vana ricerca di aiuti per impedire lo sfascio del loro Impero.

L’eredità del castello con il parco e il Gartenhaus sarebbe stata destinata all’Imperatrice Carlotta, che ne deteneva già la metà, ma il testamento sottoscritto da Max fu corretto per volontà di Francesco Giuseppe (nota 4) che dopo la morte del fratello e la follia della cognata riservò ogni possesso alla Casa d’Austria.

Dopo lo scoppio della guerra tutti gli arredi di Miramare vennero portati a Vienna ma quando nel 1924 il comprensorio passò al Demanio Italiano il Governo reclamò all’Austria la restituzione di ogni cosa.

Negli anni Trenta il castelletto venne aperto al pubblico con tutti gli arredi non voluti dal duca Amedeo di Savoia-Aosta quando soggiornò a Miramare.

Dopo l’insediamento del 1973 del WWF e la realizzazione dell’Oasi, nel 1988 sarà istituita l’Area Marina Protetta che nel 1996 stabilirà a la propria sede proprio nel Castelletto di Miramare in consegna alla Soprintendenza per i beni Storici Artistici.

Nel 2015 sarà ordinato dall’Intendente lo sgombero di tutti i locali prevedendo in un prossimo futuro il riallestimento originale del Gartenhaus per arricchire ulteriormente gli splendidi luoghi di Miramare con tutte le sue tormentate storie.

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Note:

1. L’acquerello su carta che riporta la scritta “Miramar in November 1857”, illustra l’avanzamento dei lavori con le arcate inferiori del castello, il porticciolo già protetto dal molo; sulla sinistra si nota la casa dove alloggiavano i lavoranti;

2. Massimiliano abitò saltuariamente in villa Lazarovich tra il 1852 al 1960; molti arredi confluirono nel castello di Miramare; dopo una radicale ristrutturazione la residenza è tuttora esistente in via Tigor 23;

3. Abitarono solo al primo piano in quanto il secondo era ancora in costruzione;

4. All’apertura del testamento l’imperatore Francesco Giuseppe aggiunse la strana notizia che Massimiliano aveva ricevuto la notizia della morte di Carlotta e corresse il nome dell’esecutore sottoscrivendo il suo.

Fonti:
Bollettino d’Arte del Ministero dei beni culturali
L. Ruaro Loseri, Massimiliano da Trieste al Messico, Ed. LINT, Trieste, 1986