Archivio mensile:luglio 2016

Joyce in love (prima parte)

IMG_0654Giacomo Joyce, l’enigmatico testo di James Joyce scritto negli anni in cui visse a Trieste, rivela qualche frammento di un’insopprimibile attrazione verso una sua giovane e non identificata allieva a cui impartiva lezioni d’inglese in una villa della città.
Lo scritto in forma di appunti fu rinvenuto dal fratello Stanislaus dopo la partenza di James nel 1920 (nota 1) e si ritenne fosse stato scritto tra il 1912 e il 1914.

Who?” la domanda che costituisce l’incipit di questa sorta di taccuino lascia intuire che lo scrittore non volesse affatto svelare di chi fosse quel “pallido volto circondato da pesanti pellicce odorose. I suoi movimenti sono timidi e nervosi. Lei usa il monocolo. Sì: una breve sillaba. Una breve risata. Un breve battito di palpebre”. Una donna affascinante sembra a noi, “una giovane persona di qualità” la definisce lui aggiungendo “Le lunghe palpebre battono e si aprono: una puntura che scotta e vibra sull’ iride vellutato”. Insomma quasi un folgorante coup de foudre descritto con una delicatezza che da Joyce non ci saremmo aspettati.

Quando la giovane Lady va a cavallo lui la osserva: ” Il grigio tramonto le modella delicatamente le esili anche proporzionate, il collo dai tendini docili e elastici, il capo dalla fine ossatura” e quando una sera la incrocia per strada parlandole di lezioni e orari s’accorge che: “lentamente le sue pallide guance si illuminano di un’accesa luce d’opale” come se quell’incontro inaspettato le avesse provocato un’emozione talmente intensa da farla impallidire.
Quindi il professore non le doveva essere indifferente, del resto James aveva allora trent’anni e doveva essere un uomo di grande fascino…

Ma un’altra scena colpisce il nostro “immaginario”, senza però capire se sia il nostro o il suo:
Lei alza le braccia in un tentativo di allacciarsi alla sommità del collo un abito di velo nero. Non ci riesce: no, non ci riesce. Indietreggia muta verso di me. Alzo le braccia per aiutarla: le sue braccia ricadono. Prendo i soffici e aggrovigliati orli del suo abito e, tirandoli per allacciarli, vedo attraverso l’apertura del velo nero il suo corpo sottile inguainato in una sottoveste arancione. Scivola sui nastri che glielo fermano sulle spalle e cade lentamente. Un corpo sottile, liscio e nudo che riluce di scaglie argentate. Scivola lentamente sulla natiche snelle d’argento levigato e sul loro solco, un ombra d’argento opaco… Dita, fredde e calme in movimento… Un contatto, un contatto”. Questo sottile, delicato erotismo svelerebbe un inconfessabile desiderio del professore dal momento che la sua presenza nella villa fosse giustificata per impartire lezioni di inglese e non certo per concupire la figlia dei padroni.
La scena comunque s’interrompe, per poi riproporne un’altra più castigata: “Una sottana ripresa per un improvviso movimento del ginocchio; un bianco orlo di pizzo per una sottoveste esageratamente sollevata, la tesa rete di una calza”, così ci sorge il dubbio che la giovane allieva ci mettesse un po’ di malizia…

Ma se fosse solo un sogno? Un desiderio irrealizzabile e consapevole che “quell’età è qui e ora” rendendosi conto che “gli occhi offuscano la luce dell’alba, il loro bagliore è la schiuma che copre la corte del bavoso James” quando si perdeva nelle osterie tra il vino e le prostitute sporche di sifilide:
Lei si appoggia ai cuscini addossati al muro: profilo di odalisca nella lussuriosa oscurità. I suoi occhi hanno bevuto i miei pensieri: e nell’umido caldo malleabile accogliente buio della sua femminilità il mio spirito, dissolvendosi, è sgorgato e si è versato e ha inondato di un seme liquido e abbondante… Ora la prenda chi vuole!...”

Certo che leggendo Joyce sembra di trovarsi su un Tagadà che si ferma all’improvviso causando una scombussolante perdita di equilibrio e ci si chiede se le descrizioni si riferissero a personaggi diversi come appunti preparatori di un testo non scritto:
Why?” si chiede anche lo stesso Joyce nell’ultima parte del taccuino:
“Scorrimento – spazio – anni – fogliame di stelle – e paradiso calante – quiete – e più profonda quiete – pace di annientamento – e la sua voce” concludendo il breve testo con un’immagine melanconica:
Un lungo pianoforte nero: bara di musica. In equilibrio sull’orlo un cappello da donna, rosso fiorito, un ombrello ripiegato”.

(continua nella seconda parte)

Nota 1: Il testo fu in seguito affidato dalla vedova di Stanislaus a Richard Ellmann, autore di una monumentale biografia di Joyce.
Tratto da: James Joyce, Giacomo Joyce

Franz Liszt al Castello di Duino

1300195706805_Foto_1_Franz_Liszt_-_Collezione_Burger[1]Su una pagina dei diari della giovanissima principessa Marie Hohenlohe (nota 1) fu ricordato l’arrivo di Franz Liszt nella villa di famiglia a Castelvecchio di Sagrado. (nota 2).
storia5_grandeSull’emozionante incontro con il maestro avvenuto il 16 maggio 1869 la 14enne Marie scriverà:

E’ venuto con il giovane sassone Leitert, è una cosa meravigliosa! Si è messo più volte al piano (da solo perché nessuno osava domandarglielo) sul nostro piccolo Pleyel, con improvvisazioni sui temi viennesi e una sonata di Beethoven. Sono stata obbligata a suonare con lui, poi con Leitert e poi da sola, ma che paura avevo, che paura…
Autocertificazione 2960Invitato il giorno dopo al Castello di Duino di cui si dimostrò entusiasta, Liszt si concederà ancora al pianoforte della Sala Rossa davanti agli ospiti estasiati e alla castellana principessa Teresa Hohenlohe che omaggerà componendo in musica i versi della sua poesia La perla:
Autocertificazione 2958Lo spartito originale venne salvato dalle distruzioni del castello durante la Grande Guerra e in seguito consegnato dal principe Carlo Torre Tasso all’Archivio di Stato di Trieste.

Note:

1. Marie, figlia del principe Egon Hohenlohe e di Teresa Thurn Hofer, acquisirà il nome Thurn und Taxis dal marito Alexander.
Il figlio Alexander (chiamato Pacha) sarà il padre di Raimondo, nonno dell’attuale principe Carlo Torre Tasso, III duca del Castello di Duino;

2. Castelvecchio di Sagrado è oggi un raffinato agriturismo circondato da uno splendido parco coltivato a vigne e ulivi. aeree1-12_big[1]

Fonte:
Diana De Rosa, Chère Maman, Comunicarte Edizioni, Trieste, 2011 Autocertificazione 2961

INCONTRI Franz Liszt a Trieste con l’amica-cantante

Nell’autunno del 1839 Trieste accolse con grande entusiasmo l’arrivo di Franz Liszt (Raiding, 1811 – Bayreuth 1886) lo straordinario pianista-compositore che mandava in visibilio le platee teatrali di tutta Europa.
Liszt_(Lehmann_portrait),_cropped[1]Bellissimo e affascinante, famoso anche come tombeur de femmes, il musicista ungherese era legato dal 1833 alla contessa Marie d’Agoult che per lui aveva abbandonato il marito e due figli.
marie_dagoult[1]Nel 1837 l’innamoratissima coppia giunse in Italia per una serie di tournées concertistiche assieme alla loro la figlia Blandine, nata a Parigi nel 1835, seguita da Cosima, nata a Como nel 1837 (nota 1) e di Daniel a Roma nel 1839. (nota 2)

A Firenze le loro strade però si separeranno e dopo il ritorno a Parigi di Marie con i 3 figli, Franz viaggerà in carrozza fino Venezia per poi imbarcarsi il 25 ottobre del 1839 su un battello raggiungendo dopo 11 ore di navigazione il molo San Carlo.
Il giornale L’osservatorio Triestino aveva già redatto gli articoli per il grande pianista, atteso per i 2 concerti con il soprano Carolina Ungher e il tenore Napoleone Moriani programmati per i giorni 5 e 11 novembre al Teatro Grande. (nota 3)
514f[1]Non mancheranno però le cronache rosa riguardo il soggiorno triestino di Liszt che fin dalle prime ore del suo arrivo si diresse nello stesso albergo dov’era alloggiata la Ungher.
index[1]La 36enne cantante, ufficialmente un’amica di vecchia data, era una donna di grande fascino (nota 4) e all’epoca una soprano molto famosa anche per essere stata scelta da Ludwig van Beethoven come solista nella prima applauditissima rappresentazione della Nona Sinfonia (nota 5).

Durante i 17 giorni di permanenza a Trieste Liszt e la Ungher saranno inseparabili e non solo a teatro, alimentando così chiacchere e illazioni che tuttavia non trovarono conferme, anzi, fu lo stesso musicista a sostenere di essere “costretto” ad accettare gli inviti della cantante in quanto Trieste era del tutto sprovvista di vita sociale.
Trieste è per me un lazzaretto. Vi dimoro come in quarantena. Il mare è là, davanti a me, ma mi sembra stupido e inanimato… Qualche mercantile, battelli a vapore, della nebbia, atmosfera metà inglese” scriveva Franz alla d’Agoult, soffermandosi piuttosto sui suoi patemi in merito al pubblico triestino che:
Castiga, per un non nulla, anche i grandi interpreti. Spesso senza darsi la pena di esaminare i fatti fischia a oltranza. E’ sufficiente anche una piccola mancanza agli usi locali…”
I due concerti al Teatro Grande ebbero invece un grande successo e quando il giorno 12 novembre Liszt partì per Vienna scomparve anche la Ungher  anche se comunicò di essere “ammalata”.

A causa di tutti tradimenti subiti, verso la fine del 1843 Marie d’Agoult si separerà definitivamente da Franz che dopo un burrascoso confronto legale riuscirà ad aggiudicarsi l’affido dei figli, sebbene li avesse poi lasciati alle cure di sua madre Anna Liszt.

Dopo una serie di trionfali concerti in tutta l’Europa dal 1848 al 1861 l’inquieto musicista si legherà alla principessa Caroline de Sayn-Wittgenstein stabilendosi a Weimar e successivamente a Roma dove si ridesteranno le sue tendenze mistiche tanto da indurlo a ricevere gli ordini minori di San Francesco.
Giunge per me il momento di liberarmi della crisalide del virtuoso e di lasciare libero volo al mio pensiero
Attivo fino agli ultimi anni della sua vita Liszt morirà di polmonite nel 1886 a Bayreuth (Germania) dove si svolgeva il festival wagneriano e dove sarà sepolto.

Note:

1. Nel 1870 Cosima diverrà la seconda moglie di Richard Wagner;
cosima_wagner[1]

2. Nel corso del viaggio in Italia Liszt comporrà l’ Album d’un voyageur e Les Années de pèlerinage;

3. Rinominato nel 1861 Teatro Comunale;

4. Quando Rossini ascoltò la cantante a Parigi, disse: «La Unger possiede l’ardore del sud, l’energia del nord, polmoni di bronzo, voce d’argento e talento d’oro».

5. La Nona Sinfonia di Beethoven fu rappresentata per la prima volta a Vienna il 7 maggio 1824;

I dipinti di Franz Liszt (1839) e di Marie d’Agoult (1843) sono del ritrattista tedesco Henri Lehmann (1814-1882)

Fonte:
Pietro Rattalino, Listz o il giardino d’Armida, Ed. EDT, Torino, 1993;

INCONTRI Rilke e la Duse

Dopo il lungo soggiorno nel castello di Duino Rainer Maria Rilke fu invitato dalla principessa Maria Thurn und Taxis nel suo appartamento veneziano a palazzo Valmarana.
Palazzo%20Smith%20Mangilli%20Valmarana[1]Non doveva essersi trattato di un caso che nel luglio del 1912 in un albergo della città lagunare si trovasse Eleonora Duse, allora in un momento di incertezze e dubbi.
750[1]Nel libro Ricordo di Rainer Maria Rilke la principessa Marie Thurn und Taxis racconta con un certo humor quell’incontro fatale tra la 54enne attrice e il 37enne poeta boemo e da lei definito un’ “autentica catastrofe” descrivendo la Duse come una donna precocemente invecchiata, disperatamente infelice ma ancora sensibile alle lusinghe dell’amore.
Rilke fu infatti subito attratto da quella sorta di “cerchio magico” che la circondava e si sarebbe innamorato di lei alla follia se non fosse stata accompagnata dall’amica – confidente Lina Poletti che lui trovava cordialmente antipatica. (nota 1)
Lascio che le cose mi accadano e quello che succede sembra appartenere al sogno” scriveva Rilke a Marie che aveva ritenuto opportuno defilarsi.
Eravamo come due personaggi al centro di un antico mistero, parlavamo come se recitassimo una leggenda […]”  e descrivendo così il suo sorriso: “che non necessita di spazio, che non mente, che non nasconde, cristallino come un canto”.

Durante i loro incontri Rilke si precipitò a presentarle un suo progetto teatrale intitolato La principessa Bianca, scritto nel 1904 pensando a lei come interprete. L’attrice fu subito colpita dal poema e chiese una traduzione tagliata espressamente su di lei, ma dopo i primi entusiasmi se ne disinteressò.
Così, incerto sulla stesura del dramma il poeta propose alla Duse di interpretare la pièce Mater dolorosa che le suscitò un grande quanto breve entusiasmo.
La breve liaison veneziana fu davvero fonte di una grande stress per Rilke che sembrava essere talmente risucchiato dalle angosce dell’attrice da guardarsi ogni mattina allo specchio per vedere se durante la notte si fosse incanutito.

Rilke ridottoDopo la scomparsa della Duse per un intero giorno, dopo le sue escandescenze per un’improvvisa comparsa di un innocuo pavone durante un break su un’isola e la sua improvvisa decisione di partire da Venezia, il povero Rainer si sfinì del tutto:
E’ venuto il momento in cui non ne ho potuto più” scrisse infine a Marie, confessandole come quell’uccello avesse risolto quello sfortunato incontro. (nota 2)

 

 

Note:
1. Fu avanzato il dubbio che il legame tra le 2 donne, che si stava sciogliendo proprio in quel periodo, non fosse stato di sola amicizia;
2. Non è dato sapere se quel pavone fosse reale o metaforico.

Fonte:
Marie Thurn und Taxis, Ricordo di Rainer Maria Rilke, Ed. Fenice, Trieste, 2005