Archivio mensile:marzo 2016

Gli anni della psicoanalisi a Trieste

Nel saggio Gli anni della psicoanalisi (nota 1) lo scrittore/saggista Giorgio Voghera (Trieste 1908 – 1999) sondò il legame tra la psicoanalisi e gli scrittori nella Trieste degli anni Venti e Trenta, città allora all’avanguardia per aver accolto con favore la psicoanalisi freudiana.
VogheraIn precedenza fu un padovano di origini ebraiche, Marco Levi Bianchini (1875 – 1961) il primo medico che aderì con entusiasmo alle dottrine di Sigmund Freud (Freiberg, Moravia 1856 – Londra 1939) fondando nel 1915 la “Biblioteca psichiatrica internazionale” e nel 1921 l’ “Archivio generale di neurologia, psichiatria e psicoanalisi”, divenuto in seguito l’organo ufficiale della Società psicoanalitica italiana. (nota 2)

Ma fu a Trieste che sorsero dei circoli di letterati dove venivano lette e discusse le nuove teorie freudiane e ancora a Trieste che vennero praticate le prime analisi psicanalitiche per il fatto che qui nacque e visse Edoardo Weiss (Trieste 1889 – Chicago 1970) (nota 3) che dopo la laurea in medicina a Vienna e la specializzazione in psichiatria venne attratto dai rivoluzionari studi del dott. Sigmund Freud. (note 4, 5, 6)
lobianco863lobianco862Assunto nel 1918 all’ospedale psichiatrico di Trieste, il dottor Weiss s’impegnò alle alterazioni psichiche e alle dinamiche della psicosi da lui definite “malattie dell’Io”. Le sue teorie furono talmente affascinanti da coinvolgere letterati e artisti in una vera e propria stagione culturale descritta nel sopracitato libro di Voghera Gli anni della psicanalisi di cui ci permettiamo riportare qualche breve passaggio.

Tra i primi scrittori suggestionati dall’imprintig dell’inconscio fu Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz (Trieste 1861 – Motta di Livenza 1928) uno dei principali esponenti della cultura mitteleuropea.
Attraverso Zeno Cosini, il protagonista del suo più celebre romanzo, Svevo narrò allo psicanalista le vicende della sua vita sviscerando le dinamiche mentali che lo avevano indotto alla nevrosi. Se il dottor Weiss negò di essere il medico menzionato nella Coscienza di Zeno non ravvisandone alcun metodo di analisi psicanalitica, lo stesso Svevo ne trattò gli aspetti con una bonaria se non a tratti paradossale ironia, da molti ritenuta indotta dal fallimento delle cure di un suo stretto parente.

Del tutto diverso fu invece il coinvolgimento alla psicanalisi di Umberto Saba (Trieste 1883 – Gorizia 1957) che, tormentato fin da giovane dalla nevrosi e in seguito sprofondato in una profonda crisi depressiva, si sottopose per lungo tempo alle cure analitiche del dottor Weiss.
Se nella raccolta poetica Il piccolo Berto il poeta analizzò i traumi della sua infanzia attraverso un immaginario dialogo tra il Saba adulto e il Saba bambino, il discusso libro Ernesto (scritto nel 1953) con la sua tematica dell’omosessualità (quasi sconfinante nella pedofilia) fu un vero coming-out ante-litteram.
Interpellato dal dott. Weiss in merito al caso Saba, Freud si espresse con un’inattesa quanto singolare teoria, scrivendogli:
«Non credo che il suo paziente potrà mai guarire del tutto. Al più uscirà dalla cura molto più illuminato su se stesso e sugli altri. Ma, se è un vero poeta, la poesia rappresenta un compenso troppo forte alla nevrosi, perché possa interamente rinunciare ai benefici della sua malattia”. 
In effetti Saba riuscì a esprimere la sua travagliata interiorità nei suoi versi indimenticabili dove la dolcezza poetica raggiunse le corde di un’intensa musicalità.

Quanto entusiastica fu l’adesione di Saba alle teorie psicanalitiche, tanto palesemente scettica fu quella di Roberto Bazlen (Trieste 1902 – Milano 1965) apprezzato consigliere editoriale e divulgatore di nuove correnti letterarie. Eppure Giorgio Voghera sostenne fosse un attentissimo lettore di tutte le riviste concernenti l’argomento anche se poi volse il suo interesse alla psicologia analitica di Gustav Jung (Kesswill, Svizzera 1875 – Zurigo 1961) dove si compenetravano i suoi prediletti studi riguardanti l’alchimia e l’astrologia, le filosofie e le religioni orientali.

Chi aderì in maniera fulminea e totale alle tesi freudiane fu lo scrittore Guido Voghera (Trieste 1908 – 1999) che come scrisse il figlio Giorgio ritrovò in sé stesso la verità di alcuni postulati freudiani.

Lo scrittore Giani Stuparich (Trieste 1891 – Roma 1961), seppure attento ascoltatore dei discorsi che animavano i circoli triestini, fu sempre molto scettico in merito a tutte le dottrine psicanalitiche mentre il poeta Virgilio Giotti (Trieste 1885 – 1957) si dimostrò nettamente contrario anche se non quanto il filosofo Giorgio Fano (Trieste 1885 – Siena 1963) che espresse una netta e a volte intemperante opposizione a quella che ritenne un’irrazionale suggestione collettiva.

Giorgio Voghera sostenne che ai tempi descritti nel saggio Gli anni della psicanalisi Trieste fosse veramente una città di nevrotici, insoddisfatti della realtà politica, economica e specialmente esistenziale e che quindi rappresentasse un terreno ideale per l’attecchimento delle teorie freudiane e la loro ricerca dell’ignoto.

Certo che per altri celebri letterati europei la psiche fu trattata come una scissione dell’IO, e se Marcel Proust la disintegrò del tutto abbandonandosi ai ricordi associativi, James Joyce si abbandonò alla descrizione di una sua particolare giornata senza trovarne il baricentro che reggesse la contorsione dei suoi pensieri.

Chi invece sprofondò nell’introspezione fu lo psicanalista tedesco Georg Groddek (1866 – 1934) ricercando la coscienza dell’IO e le energie psichiche degli istinti che definì l’ES (nota 8) descritte nel libro Lo scrutatore d’anime in cui il protagonista esternava i messaggi mentali dell’inconscio con i discorsi più strampalati.
Il termine nominato da Groddek fu poi introdotto dallo stesso Freud nel trattato Io e L’Es del 1923, dove sostenne che le pulsioni fossero estranee alla parte cosciente della personalità e che i conflitti e le nevrosi fossero provocati dal conflitto di questi due distinti elementi.

Concludendo (si fa per dire) da Gli anni della psicanalisi in poi gli studi sulla psiche hanno rappresentato una costante lotta per intravvedere quell’ignoto che ci logora ma che continua pur sempre ad affascinarci.

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Note:

  1. Giorgio Voghera, Gli anni della psicanalisi, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1980
  2. Enciclopedia Treccani
  3. Nel 1931 Weiss abbandonò l’ospedale psichiatrico di Trieste per la sua opposizione al fascismo trasferendosi a Roma; nel 1939 dopo la promulgazione delle leggi razziali emigrò a Chicago dove si dedicò agli studi della psicosomatica
  4. Foto di Edoardo Weiss giovane studente di medicina a Vienna
  5. Foto del palazzo di Corsia Stadion (oggi via Battisti 18) dove abitò la famiglia Weiss
  6. Vedere articolo su Edoardo Weiss https://quitrieste.it/tag/edoardo-weiss/
  7. Autore (con lo pseudonimo di Anonimo triestino) del romanzo Il Segreto, che molti ritennero essere stato scritto a 4 mani con il figlio Giorgio.
  8. Il dott. Groddek si dedicò al simbolismo degli organi del corpo applicando la psicoanalisi per la cura delle affezioni somatiche

 

Il colle Cacciatore

Nei primi anni dell’Ottocento fu creata una società, presieduta dal negoziante Ignazio Czeike, per tracciare un sentiero che dalle falde del Boschetto portasse agilmente alla vetta del colle Cacciatore, così chiamato per il guardiaboschi che lì risiedeva.Nella primavera del 1817 venne finalmente aperta alla cittadinanza la strada a serpentina che conduceva in cima alla collina dove, oltre alle passeggiate tra i boschi i cittadini potevano usufruire di una trattoria con i tavolini all’aperto, di un campetto per il gioco dei birilli e di uno spazio per il tiro a segno.boschetto5

Quando nel 1844 Ferdinando I donò al Comune di Trieste i terreni boschivi nella zona del Cacciatore, si pensò di valorizzare tutta la zona con la costruzione di un elegante albergo per i soggiorni dell’élite cittadina commissionando i progetti all’architetto berlinese Friedrich Hitzig.
In seguito all’atto di cessione del 1854 iniziarono i lavori e nel 1857 fu inaugurato il bell’edificio in stile tardo rinascimentale chiamato Ferdinandeo in onore dell’imperatore d’Austria che ne elargì i fondi. Sulla balaustra tra le due torrette laterali al corpo principale del palazzo venne deposto il busto di Ferdinando I con le statue allegoriche della Giustizia e della Gloria e una targa che ricordava la donazione.
Autocertificazione 2369L’ albergo Ferdinandeo venne frequentato da una raffinata clientela che con la bella stagione amava passeggiare tra i boschi e di sera ballare nel salone decorato con colonne e stucchi dorati o starsene al fresco nella terrazza al pianoterra.

La zona intorno, rimasta del tutto incolta, interessò il ricchissimo barone Pasquale Revoltella (Venezia 1795 – Trieste 1869) che essendo alla ricerca di una degna sepoltura per sé stesso e per la madre Domenica (nota 1) ne acquistò una buona parte.
Proponendo al Comune e al vescovo Bartolomeo Legat il progetto di una chiesa, il barone dovette svolgere un lungo iter burocratico per ottenere i permessi.  Nell’ attesa commissionò all’ingegner Giuseppe Sforzi (nota 2) la costruzione di un rustico chalet per trascorrervi brevi vacanze tra una battuta di caccia e l’altra. Fu allestito anche uno uno splendido giardino dotato di vialetti, curatissime aiuole e una grande serra per la coltivazione di piante rare e frutti esotici tra cui i famosi ananas che venivano offerti negli spettacolari banchetti nella principesca residenza di piazza Venezia. (nota 3)Autocertificazione 2372

Autocertificazione 2373Ottenuti tutti i permessi, il barone Revoltella affidò all’architetto praghese Joseph Andress  Kranner i progetti per erigere la chiesa con la cripta sotterranea, ma solo nel 1863 iniziarono i lavori che si protrassero per 4 anni.Autocertificazione 2367Autocertificazione 2368
La chiesa di San Pasquale Bylon fu consacrata il 17 maggio 1867 dal vescovo Legat (nota 4) e dotata di una rendita per la sua manutenzione assieme a quella del parco. Il barone volle inoltre assumere il cappellano e il sacrestano assicurando il loro alloggio nella casa a sinistra dell’ingresso principale con l’impegno di destinarla a Scuola del Contado.
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Nota 1 : Sepolta dal 1830 al Cimitero di Sant’Anna

Nota 2 : Sui disegni dell’architetto Friederich Hitzig

Nota 3: Vedi articolo: https://quitrieste.it/il-barone-pasquale-revoltella/

Nota 4 : Divenuta parrocchia solo nel 1966

La chiesa San Pasquale Bylon lobianco801
Dalla doppia scalinata dell’elegante edificio religioso costruito in pietra bianca del carso si entra nella loggia a tre arcate a porzione di circolo appoggiate sopra le colonne binate e quindi nella splendida chiesa a forma di croce greca sormontata da una cupola ottogonale dipinta a cielo stellato con 8 occhi circolari in vetro istoriato.
Gli interni sono rivestiti in alabastro egiziano riquadrato di cardiglio e rosso di Verona, sulle pareti laterali si ammirano gli affreschi di Domenico Fabris (Osoppo 1814-1901) che rappresentano degli episodi della vita di san Pasquale Bylon.lobianco804Molto bello l’affresco dorato di Trenkwald sulla volta dell’abside raffigurante i 12 apostoli e l’Ascensione di Cristo tra gli angeli. lobianco807

Sepolcro di Pasquale Revoltella Sotto l’elegante struttura progettata dal Kranner, si accede alla suggestiva cripta che accoglie le spoglie di Domenica e Pasquale Revoltella conservate in loculi a forno di lato all’altare a mensa dove è posta una splendida Pietà dello scultore viennese Francesco Bauer, fusa in bronzo da W. Brose. HPIM0468lobianco800

Pasquale Revoltella spirò dopo soli due anni dall’inaugurazione della bella chiesa.

Il parco di Villa Revoltella, esteso su un’area di 50.000 mq. è stato in seguito dotato di un lungo colonnato con panchine di sosta e una gradinata verso i campi giochi e di basket, una pista di pattinaggio e una fontana con il celebre Pinocchio di Nino Spagnoli.
Sempre molto curato il giardino e il laghetti davanti la bianca chiesa di San Pasquale Bylon, scelta dai concittadini per romantici Wedding.Autocertificazione 2370

Fonti:
Silvio Rutteri, TRIESTE Spunti dal suo passato, E. Borsatti Editore, Trieste, 1950;
Una chiesa, una storia, una vita a cura della Comunità Parrocchiale di San Pasquale, Arti Grafiche Stella, Trieste, 1997;  foto collezione personale