Archivio mensile:aprile 2014

I Templari a Grignano

Dietro il promontorio roccioso su cui venne edificato il Castello di Miramare, le falde degradanti verso la fine del golfo di Trieste e immerse nella rigogliosa macchia mediterranea, in tempi remotissimi vennero abitate dai romani che occuparono queste terre dopo la cacciata degli Istri nel 178 a.c. e la fondazione di Aquileia nel 181 a.c.
In questa amena località, il cui nome di Griniano o Grignana si ritiene derivato dallo straricco possessore terriero Agrinius, l’archeologo Pietro Kandler (Trieste 1804 – 1872) effettuò diversi scavi portando alla luce pavimenti a mosaico, monete, lapidi e altri reperti che testimoniavano la presenza di ville e abitazioni risalenti alla lunghissima epoca dell’Impero Romano. Ancora oggi nella baia resiste l’antico porticciolo, contenuto nell’attuale, costituito da un bacino rettangolare delimitato da una diga larga 5 metri formata da 3 segmenti perpendicolari lunghi 60, 40 e 29 metri.
Sulle colline di quella riviera “di antica e prospera condizione”, crescevano le rinomate vigne del vino Pucino, l’apprezzato nettare che assicurò una lunga vita all’imperatrice Livia, moglie di Ottaviano Augusto.
L’approvigionamento dell’acqua era assicurato da un torrentello che scendeva sul declivio oltre l’insenatura del piccolo porto e fu proprio qui che secoli dopo sorse una chiesetta con un modesto convento di monaci. Purtroppo fu perduta ogni attestazione sulle loro origini e le ricerche dello storico carmelitano Ireneo della Croce (Trieste 1625 – Venezia 1713) riuscirono solo a identificare la proprietà del fondo colonico nel corso del I° secolo d.c. alla famiglia Barbi, una delle più note della Tergeste romana le cui stele mortuarie vennero in seguito usate come portale della cattedrale di San Giusto.

Il caso volle però che il nostro storico Luigi de Jenner (Trieste 1803 – 1868) (1) fosse ospitato tra il 1818 e il 1823 nella stessa stanza del Convento dove, un secolo e mezzo prima, alloggiò l’Imperatore Leopoldo I (2), la cui visita, avvenuta il 25 settembre 1660, fu raffigurata in uno dei cinque quadri del pittore piranese Cesare Dell’Acqua, commissionati dall’arciduca Massimiliano d’Asburgo per rievocare la storia dei luoghi dove venne costruito il castello di Miramare.
Sullo sfondo del quadro si notano la chiesa di Santa Maria e il Convento della Beata Vergine di Grignano, allora occupati dai Frati Minoriti

Esperto bibliotecario-archivista e grande appassionato di storia, il de Jenner si mise dunque alla ricerca di documentazioni sull’antico cenobio ritenendo che fosse stato sede dei Cavalieri del Tempio prima della loro soppressione avvenuta nel 1308. Tutte le avventurose storie di quel leggendario Ordine erano state però raccolte nelle Biblioteche vaticane e segregate fino al 1887 quando gli archivi vennero parzialmente aperti. Furono così trovate testimonianze sui pellegrinaggi che precedettero la prima Crociata tra cui quelli con più di tremila uomini avvenuti intorno al 1054 e quelli del 1064 capitanati dall’arcivescovo Sigfrido di Magonza con un seguito di 7000 pellegrini in parte a cavallo.
Ma se si sono rinvenute diverse notizie sui possessi dei Templari lungo la Dalmazia, non altrettanto è stato repertato sui centri dell’Istria e di Trieste. Nel suo Cartolare il Kandler inserì tuttavia una carta segnando il presunto transito dei Cavalieri attraverso i fiumi Torre e Isonzo e i centri di Ruda, Gradisca, Gorizia, Carniola, Duino, Trieste passando poi per la confluenza tra la val Rosandra e Ospo verso la litoranea di Muggia, l’attraversamento del Quieto e del canal di Leme per raggiungere Pola, il Quarnero e proseguire verso la Dalmazia e la Grecia.
Dal XIII secolo sulla via che univa il Carso con il Capodistriano, venne edificato un ospizio e una chiesetta dedicata a San Clemente e che fu sicuramente sede dei Templari e, dopo la loro soppressione, degli Ospitalieri. Abbandonata intorno al 1530, cadde in rovina e nel luogo vennero edificate delle casette.
Fu dedotto che altre sedi dei Templari dovessero esistere tra Vipacco e Adelsberg (Postumia) feudo del Patriarca di Aquileia, mentre tra quelle più vicine a noi esisteva esistette nell’antichissima chiesa del villaggio carsico di Corneliano (oggi Corgnale) che secondo il Kandler risaliva ai primi anni del XII secolo mentre la grande torre cilindrica (tuttora esistente) dovrebbe risalire alla fine del Quattrocento.

Tornando al passaggio dei Templari all’ospizio dei Benedettini a Grignano, oltre alla carta del Kandler esiste una testimonianza di un certo fratello Berallus de Grignano riportata sugli atti del processo all’Ordine cavalleresco svoltosi tra i mesi di maggio e giugno del 1310 da cui fu dedotta la sua permanenza nel cenobio.
Un altro frammento di storia è iscritto su una pietra oggi immurata nell’antica scuola parrocchiale del villaggio di Santa Croce sul piazzale della chiesa. Qui, dopo un’incisione mai decifrata, c’è la scritta “Hoc opus magister Geogyius fecit” con accanto un rosone, entrambi attribuiti all’epoca dei Templari. La data MCCCC89 fu evidentemente aggiunta dopo l’appostamento di questa misteriosa pietra che si ritenne fosse appartenuta alla chiesa di Santa Maria di Grignano dove visse e lavorò un muratore benedettino di nome Geogyius.

Un altro prezioso reperto dell’epoca fu scoperto nel 1910 dal prof. Alberto Puschi, Direttore del Civico Museo di Storia e Arte: su una casa attigua alla chiesa di Santa Croce fu immurato un bassorilievo in pietra calcarea raffigurante una madonna con il bambino la cui datazione venne attribuita ora al X secolo, ora posticipata al XII o XIII secolo ma proveniente quasi sicuramente dalla Chiesa di Grignano e dedicata a quella “dolce Madre di Dio” nel cui nome i cavalieri di Cristo pronunciavano i loro voti.
Il bassorilievo è oggi visibile nel piazzale delle Milizie del castello di San Giusto sulle mura della Casa del Capitano.

Dell’antico Convento che lo ospitò per cinque anni, il prezioso e paziente archivista Luigi de Jenner riuscì a ricostruirne la storia attraverso i documenti trovati negli archivi del monastero dei Ss. Martiri di Trieste.
Sotto il disegno di Luigi de Jenner

Fu così scoperto che nel 1338 il Convento apparteneva sicuramente all’ordine dei Benedettini e che dopo il 1349 fosse stata fondata la Confraternita di Santa Maria di Grignano collegata e mantenuta dalla Chiesa dei SS. Martiri di Trieste e da alcune ricche famiglie di Prosecco e Santa Croce.
Santa Maria di Grignano, considerata in quell’epoca come un Santuario, era venerata dal popolo e collocata com’era quasi in un eremo lontano dai centri abitati, divenne meta di continui pellegrinaggi.
Ma la vita dei monaci fu sempre molto tormentata. Dopo l’irruzione dei Turchi nel 1471 e alle violente pestilenze esplose a più riprese, i Benedettini poco a poco si estinsero e secondo le ricerche sia del Kandler che del de Jenner il convento di Grignano passò ai Minori di San Francesco.
Nella prima metà del Cinquecento la chiesa ebbe ancora delle traversie, come il terremoto del 26 marzo 1511e le frequenti incursioni dei Veneziani che devastavano i fiorenti pastini rubando intere piantagioni di uva e di olive.
Dopo alterni periodi di carestia di altre pestilenze e grandi disagi, nel 1626 il vescovo di Trieste Rinaldo Scarlicchio donò la chiesa e il convento ai Frati Minoriti con il permesso di ricevere donazioni per il loro sostentamento e per la ristrutturazione degli edifici.
Nella seconda metà del Seicento il convento venne ulteriormente ingrandito e con l’acquisto di terreni adibiti in orti e vigne godette di un periodo di relativo benessere.
Nel secolo successivo con le difficoltà di manutenzione e approvvigionamento la vita dei frati divenne nuovamente grama fino alla soppressione del convento emanata il 25 novembre 1784 dall’imperatore Giuseppe II.
Libri, archivi e mobili furono venduti o dispersi, gli arredi sacri vennero portati nella parrocchia di Opicina, le statue di San Bonaventura e San Girolamo a quella di Contovello, le campane e la miracolosa Madonna protettrice dei pescatori alla chiesetta di Cattinara (3).
L’anno successivo la chiesa e il Convento vennero messi a pubblico incanto diventando proprietà privata.
Adibita a fienile e con il tetto sfondato, nel 1883 l’antica chiesa di Santa Maria venne rasa al suolo mentre il convento subì diversi riadattamenti per divenire, e rimanere anche per il futuro, una dimora privata.
L’immagine sotto riportata  è stata disegnata nel 1844 da Leopoldo Zanetti, incisa su litografia del Kier e riportata sulle Memorie di Francesco dell’Ongaro.

Note:
(1) Luigi de jenner, nobile di Seebegg e Beerburg, nato a Trieste nel 1803, è il più sconosciuto dei nostri storici seppure uno dei più preziosi. Schivo e modesto, ricoprì un modesto impiego di “cancellista edile civico” che però gli permise di raccogliere un enorme quantità di documenti storici. A parte qualche articolo su “L’Istria” non pubblicò nulla e quando dimenticato da tutti morì nel 1868, fu sepolto senza un riga di necrologio in una fossa comune. Fu Carlo Gregorutti a recuperare tutti i suoi preziosissimi manoscritti che vennero poi conservati nell’Archivio Diplomatico presso la Biblioteca Hortis.

(2) La statua bronzea dell’imperatore Leopoldo I forgiata da Carlo Trabucco nel 1672 è tuttora presente su una colonna di piazza della Borsa

(3) Esposta in un’edicola accanto alla chiesa, la preziosa Madonna venne poi rubata

Fonti:
– Da un articolo di Aristide Buffalini “Santa Maria di Grignano e i Templari” pubblicato nel 1978 dai Civici Musei di Storia e Arte di Trieste;
– Da “Il santuario e il convento di Grignano” di Sergio degli Ivanisevich pubblicato nel 2009 da Ignazio Vok..

I Caffé di Trieste

Verso la fine dell’Ottocento si diffuse una nuova moda che coinvolse rapidamente l’entusiasmo di ogni classe sociale: gustare un fumante bricco di caffè nelle eleganti sale della città.
Nelle capitali d’Europa frequentare i Caffè diventò un irrinunciabile rito e se Venezia contendeva a Vienna il primato dello stile e del gusto nell’allestimento di questi ritrovi, Trieste, seppure con un certo ritardo, non fu certo da meno.
All’inizio del Novecento il mitico Caffè degli Specchi di Piazza Grande pullulava di commercianti e ricchi borghesi, di intellettuali ed aristocratici, di funzionari e alti ufficiali assieme agli avventori di passaggio e alle loro eleganti dame agghindate secondo le mode di Vienna e Parigi.
Dall’altra parte della piazza, a palazzo Pitteri, si trovava il Caffè Flora (divenuto poi Nazionale), di giorno ritrovo per i coristi del teatro Verdi e di notte per la clientela più proletaria di Cittàvecchia.
Al Municipio situato sotto il Comune, tra assessori e impiegati si radunavano invece pittori e artisti vari attenti a carpire possibilità di lavoro mentre nel signorile Caffè Orientale al pianterreno della sede del Lloyd Austriaco, gli alti ufficiali e le loro raffinate signore si intrattenevano con la leadership della marineria triestina e dalmata.
Il Caffè Corso di palazzo Salem era invece il punto d’incontro di attori, filodrammatici, cantanti e vari artisti del varietà, compresi prestigiatori, illusionisti, mangiafuoco e dilettanti in erba.
I commercianti, professionisti (ingegneri, medici ecc.) e studenti erano soliti incontrarsi al caffè Stella Polare di via Dante. Quando nel 1903 l’edificio fu demolito, il locale si trasferì nel padiglione di un bel palazzo affacciato sul Canal Grande.

Successivamente si stabilì nel nuovo palazzo all’angolo della via Dante, dove ancora oggi si trova con la stessa atmosfera del tempo che fu.

Il Caffè Vesuvio collocato in un edificio all’angolo tra il Corso e via Imbriani, ebbe una storia molto particolare. Frequentato da un gruppo di sordomuti che tiravano tardi tra le partite di domino ma “consumando” ben poco, rischiò presto la chiusura per i debiti contratti. Il proprietario ebbe così un colpo di genio: infrangendo la tradizione del Caffè, s’ingegnò a cucinare fumanti minestre e gustosi piatti di salsicce e fagioli. Il successo fu immediato e il Vesuvio divenne la meta di tutti i nottambuli della città.
Quando l’attività venne ceduta e il locale venne ripristinato come Caffè, gli affari andarono malissimo: il nuovo proprietario fallì e morì di crepacuore.
Nel palazzo Sordina in piazza della Legna (oggi sede della Calzoleria Castiglioni) e con il nome del vicino teatro demolito nel 1911, il Caffè Armonia (rinominato poi Goldoni) accoglieva i venditori del frequentatissimo mercato.Operai e piccoli borghesi si trovavano invece al Caffè Bizantino, posto nell’omonimo bel palazzone che svettava tra la via Arcata (oggi C.so Svevo) e Barriera e in seguito sciaguratamente abbattuto.Se tutti i locali della zona avevano un’intensa vita notturna, sulle panche del Caffè Barriera (all’angolo della via del Bosco) i seguaci di Bacco vi passavano addirittura l’intera notte. Esiste invece ancora il Caffè Garibaldi frequentato da Umberto Saba:

Altri locali offrivano un’approssimativa accoglienza ai piccoli commercianti di frutta e verdura provenienti dall’Istria come il Caffè all’Europa felice, situato all’angolo di via Pozzo del Mare e allestito come una taverna fiamminga.
Il Caffè alla Transalpina di riva Grumula e il Moka di riva Mandracchio erano solitamente frequentati dai passeggeri in arrivo e in partenza su navi e piroscafi; altri locali della zona, come il Fedel Triestino in via della Sanità angolo via del Pesce, che di giorno ospitava una rispettabile clientela, di sera doveva essere presidiato dalle guardie di pubblica sicurezza per le vivaci frequentazioni nonché abbondanti libagioni del poco raccomandabile entourage del porto. Ugualmente controllato era il Caffè alla Miniera di via del Pesce, frequentato da loschi personaggi ben conosciuti nelle vicine carceri.

Sebbene non mancasse un buon numero di Osterie, Trieste vantava affollati punti di ritrovo: al Caffè Tergesteo e lungo l’elegante galleria a crociera si svolgevano contrattazioni di importanti affari concernenti l’export-import, i noleggi di mercantili e le assicurazioni delle merci , vivificando in quella discreta e ovattata atmosfere la frenetica vita commerciale della città.Diversi pittori dell’epoca prediligevano gli ampi spazi del Caffè Tommaseo non disdegnando di contrattarvi i loro lavori con i ricchi commercianti mentre sorseggiavano l’amata bevanda; Le cronache di allora raccontavano che Giuseppe Barison (Trieste 1853 – 1931) vendeva proprio lì i suoi acquerelli ricavandone ottimi guadagni.Altri rinomati Caffè usavano valorizzare i locali con opere pittoriche come le decorazioni allegoriche di Napoleone Cozzi nel Caffè Firenze di L.go Giardino e gli affreschi nel Caffè Nuova York di via del Torrente (all’inizio dell’attuale via Carducci).Il fiorfiore della musica non poteva non aver il suo quartier generale al Caffè Teatro Verdi, situato al pianoterra dello storico edificio progettato da Giannantonio Selva e Matteo Pertsch anche se tra i severi critici, i maestri d’orchestra e gli appassionati di lirica non mancavano mai delle animatissime discussioni.Il Caffè Ferrari, il più grande di Trieste, era situato ai portici di Chiozza dove occupava tutto il pianoterra del grande palazzo estendendosi nella bella stagione anche negli spazi esterni. Per la centralità e l’ampiezza locali, che comprendevano anche un piano sopraelevato, i saloni del Ferrari accoglievano una vasta ed eterogenea clientela che diveniva una vera folla durante il periodo del Carnevale.

Nel gennaio 1914 in un bel palazzo delle Assicurazioni Generali di Corsia Stadion (oggi via Battisti) si aprirono le porte del Caffè San Marco che divenne subito il luogo prediletto di intellettuali, studenti e irridentisti. Devastato e chiuso dall’esercito austro-ungarico, languì tristemente fino al secondo dopoguerra quando le Assicurazioni generali restaurarono tutto l’edificio ripristinando le sale interne con le ricche decorazioni originali.Dopo la gestione delle sorelle Stock e quella di Franco Filippi, l’Antico Caffè San Marco è stato rilevato da una famiglia di origine greca che lo ha trasformato in uno splendido Caffè letterario aggiungendovi l’offerta di sfiziosi menu da gustare in questo ambiente così romanticamente Decò e sempre amatissimo dai triestini.

(Fonte: articoli vari su La Bora, rivista di storia, arte e cultura, Trieste, 1978)