L’assassinio di J. J. Winckelmann

In una Trieste settecentesca e di aspetto ancora medievale avvenne un omicidio che destò una grande impressione non solo in città ma anche in tutta l’Europa in quanto la vittima era non solo un celebre studioso di storia antica e arte classica ma veniva considerato come il fondatore della moderna storia dell’arte e delle discipline archeologiche.

La vita in breve

Johann Joachim Winckelmann, nato a Stendal (Prussia) il 9/12/1717 in una famiglia di umili origini luterane, si era dedicato fin da giovane allo studio: dalla teologia passò a quelli di medicina, matematica e letteratura moderna e antica, soprattutto greca e latina. Ma nel 1748 l’assunzione come aiutante dell’erudito Henrich von Bunau, segnò il corso della sua vita.
Stabilitosi a Dresda, dopo aver lavorato nella biblioteca del cardinale Passionei ed essersi convertito al cattolicesimo, si trasferì a Roma con una borsa di studio e nel 1758 prese servizio presso il cardinale Alessandro Albani, proprietario di una straordinaria collezione di libri e reperti antichi ai quali l’archeologo si dedicò con grande passione.
Conquistata la notorietà per i suoi importanti scritti, venne assunto dalla Cancelleria vaticana e nel 1763 nominato Prefetto delle antichità del Vaticano, carica di grandi poteri decisionali sugli scavi e sulle esportazioni dei reperti archeologici.

L’antefatto

Già molto famoso in tutta Europa, J. J. Winckelmann giunse a Trieste il I° giugno 1768 con l’intento di trovare un imbarco per Ancona e raggiungere poi Roma.
Di ritorno da Vienna con delle preziose medaglie d’oro e d’argento donategli dall’imperatrice d’Austria Maria Teresa e avendo una certa fretta, era disposto a offrire due zecchini a chi gli avesse procurato un posto sulla nave, ma nonostante il grande traffico di bastimenti intorno al porto, fu costretto ad attendere la partenza per ben 8 giorni.Del tutto disinteressato all’ambiente e non intendendo presentarsi alle autorità locali, decise di pernottare presso la Locanda Grande nella centrale piazza San Pietro.
La stanza n.10 del II° piano da lui occupata era proprio accanto a quella di un certo Francesco Arcangeli, uno sguattero 28enne di Campiglio (Pistoia) giunto da Vienna dopo una condanna per furto a 4 anni di lavori forzati (ridotti poi a uno) e alla ricerca di un lavoro in città.
L’archeologo ritenne così di occupare buona parte del suo tempo con il bel giovane mostrandogli pure le medaglie che aveva con sé senza rendersi conto quanto costui ne fosse interessato.

Il fatto

Come fu riportato negli Atti del processo, la mattina dell’8 giugno, mentre scriveva sul tavolino della sua stanza, entrò l’Arcangeli chiedendogli spavaldamente di far vedere anche ai commensali della Locanda quelle importanti medaglie della Corte austriaca. Ricevuto un netto rifiuto, lo scellerato infilò una corda al collo dell’archeologo ma la sua pronta reazione sortì l’effetto di farli entrambi cadere a terra in una drammatica colluttazione. Per 5 volte l’affilato coltello dell’Arcangeli penetrò nel torace e nel ventre di Winckelmann prima che un cameriere della Locanda, attratto dagli urli, entrasse nella stanza costringendo il delinquente a una rapida fuga.
I medici immediatamente convocati constatarono la gravità delle ferite e una rapida morte per shock emorragico.
Ricevuti i sacramenti, l’archeologo volle lasciare le sue ultime volontà nominando suo erede il cardinal Alessandro Albani, lo straricco collezionista del Vaticano, predisponendo altre generose donazioni tra cui 20 zecchini d’oro per i poveri di Trieste.
Dopo una breve agonia morì alle ore 16 dell’8 giugno 1768.
Il giorno 10 si svolse la cerimonia funebre con la sepoltura nella tomba della Confraternita del SS. Sacramento sotto il sagrato della cattedrale di San Giusto.
L’Arcangeli sebbene fosse sporco di sangue, nello stesso giorno del delitto era riuscito a passare il confine veneto raggiungendo l’Istria ma quando da Fiume si stava incamminando verso Lubiana, venne fermato dai soldati. Privo di documenti, fu scortato fino al corpo di guardia di Postumia e dopo i controlli e uno stringente interrogatorio, confessò il suo reato.
Ricondotto a Trieste il 15 giugno, venne incarcerato, sottoposto a ulteriori interrogatori e dopo alcune versioni di fantasia, riferì come si svolsero i fatti dichiarandosi pentito del grave misfatto.

Il processo

Il processo dell’Arcangeli si svolse in 15 giorni nell’Ufficio criminali presso la Cancelleria Pretoriale in Piazza San Pietro e venne trascritto in 150 fogli con allegati 13 documenti tra cui i disegni del coltello e della corda usata per lo strangolamento.
Negatagli la possibilità di scontare la pena con il carcere e i lavori forzati, il 18 luglio l’Arcangeli venne condannato a morte per arrotamento davanti la Locanda Grande.

L’esecuzione

A 42 giorni dalla sentenza, nello stesso giorno e alla stessa ora in cui venne commesso il delitto, su un palco alto 18 piedi eretto nella centrale piazza Sa Pietro gremita di folla, il suo giovane corpo venne smembrato dalla terrificante ruota girevole. Dopo la morte sopraggiunta alle ore 10, l’orrendo cadavere fu esposto alla Maina, la cappelletta presso la Porta Cavana.

Il seguito

Come tutti i fatti di cronaca che riguardano personaggi famosi, anche l’omicidio di Winckelmann ebbe un seguito di pettegolezzi e insinuazioni.
Tra i primi a serpeggiare in città fu quello di un probabile legame omosessuale tra l’eccentrico gentiluomo di mezz’età e il giovane proletario, ipotesi che comunque mai fu accennata nelle carte processuali.
Quanto all’asserita accusa dell’archeologo di essere l’Arcangeli una spia a servizio della corte austriaca, rea di un non specificato raggiro, fu interpretata come una giustificazione all’esplosione d’ira che provocò l’omicidio (“sei un coglione” sembra gli avesse urlato la vittima).
Venne invece valutato lo strano comportamento del principe Kaunitz, presente al misterioso incontro di Winckelmann con l’imperatrice Maria Teresa. Costui infatti non solo pretese di essere informato giornalmente sullo svolgimento del processo, ma chiese gli fossero spediti tutti gli averi dell’archeologo prima della loro consegna al cardinal Albani, richiesta che sortì il sospetto sull’esistenza di carte molto compromettenti nei già consistenti bagagli dell’illustre defunto.
Serpeggiò così l’ipotesi di un intrigo internazionale di cui l’archeologo fosse il latore di importanti messaggi riguardanti le diplomazie vaticane e la Casa d’Austria.

Ma la Storia era ormai stata scritta: i fatti, gli interrogatori, le sedute processuali con gli allegati, compresa la descrizione dell’autopsia effettuata nel giorno stesso dell’omicidio e i disegni delle preziose medaglie di Maria Teresa, furono raccolti e conservati nell’Archivio Diplomatico della Biblioteca Civica di Trieste.
Con il passare del tempo i resti dell’illustre archeologo Johan Joachim Winckelmann furono traslati dalla cripta del Santissimo Sacramento, accatastati negli ossari comuni intorno la Cattedrale nell’ indifferenza della città.

Il cenotafio alla memoria

Sin dal 1808 lo storico letterato conte Domenico Rossetti (1774 – 1842) uno dei protagonisti della vita culturale di Trieste, sostenne la necessità di promuovere una sottoscrizione pubblica per erigere un monumento alla memoria di Winckelmann.
Nel 1822 venne accettato il progetto di costruire un cenotafio accanto le antiche lapidi triestine raccolte dietro la chiesetta di San Michele ma appena nel 1833 fu inaugurato il bel monumento di Antonio Bosa (Bassano 1780 – Venezia 1845) collocato in una grande nicchia del ripiano superiore dell’Orto Lapidario.

 Nel 1934 la nicchia venne abbattuta e il monumento venne sistemato all’interno del tempietto-gliptoteca dove erano state riposte le lapidi e le sculture più delicate e preziose.
 Il restauro degli anni Novanta volle creare una struttura ad arco che rievocasse in chiave moderna l’antica nicchia di copertura al cenotafio.

Sul classico sarcofago a zampe leonine che porta incisa l’iscrizione, siede affranto un giovane alato con il braccio appoggiato sul medaglione con le fattezze di Winckelmann. Accanto alla fiaccola riversa, un pugnale ricorda quel lontano fatto di sangue accaduto a Trieste, l’8 giugno 1768.

Fonte: “Un atroce misfatto L’ASSASSINIO DI WINCKELMANN A TRIESTE”, Marzia Vidulli Torlo, Comune di Trieste, 2012; –

Foto: Ritratto di Winckelmann litografia di von Ritter (Civici Musei di Storia e Arte) – Piazza San Pietro disegno Rieger 1765 (CMSA) – Foto storica nell’Orto Lapidario (1922) (CMSA); Foto cenotafio nel tempietto  (1974); Foto attuale del monumento.

 

Un pensiero su “L’assassinio di J. J. Winckelmann

  1. salvatore cicala

    Voglio qui far presente la triste e crudele mentalità di tali periodi:
    Per il giovane infatti, derubare e uccidere un pederasta a quei tempi non gli sembrava un reato tanto grave.

    Replica

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