Archivio mensile:febbraio 2014

L’addio di Massimiliano a Trieste

L’album donato dai triestini alla partenza di Massimiliano per il Messico (Fonte: Massimiliano da Trieste al Messico, Catalogo a cura di L. R. Loseri, Edizioni Lint, 1986, Trieste)

Tavola argentata con inserimento di rilievi in avorio e incastonature di 11 turchesi e 16 opali; nel frontespizio un acquerello di Fielder; all’interno le firme del podestà Carlo Porenta e di operatori economici e culturali, conservata a Vienna.

Riportiamo il testo integrale della lettera con firma autografa di Massimiliano d’Asburgo inviata al podestà di Trieste nell’aprile 1864.Il manoscritto è conservato presso il Civico Museo di Storia e Arte a palazzo Gopcevich di Trieste.

Caro Signor Podestà,

Mentre fidente nell’ajuto del Cielo, Io assumo lontano Imperio, non posso a meno di rivolgere un’Addio pieno di mestizia alla bella e Cara Trieste.
Mia residenza d’elezione e quasi patria per dolce affetto, Io l’amai profondamente e nel lasciare l’Europa sento qual copia di preziose memorie ad essa Mi leghino.
Non dimenticherò mai la gentile cortesia dei suoi abitanti, ne le prove di devozione che i Triestini costantemente offrirono alla Mia casa ed a Me e queste memorie Mi seguiranno come dolce conforto nella lontananza e come felice augurio per l’avvenire.
Mi sarà ognor grato che il Mio giardino di Miramar sia visi-tato dalla popolazione di Trieste e fino a che le circostanze il permettano, dispongo ch’esso rimanga giornalmente aperto.
Bramo che i poveri conservino qualche memoria della Mia affe¬zione e destino loro la somma di Fiorini 20.000, i cui interessi verranno a cura del Municipio distribuiti annualmente la vigilia del Natale fra le famiglie più bisognose della Città.
A Lei Signor Dottore Carlo Porenta, quale Rappresentante della Città di Trieste, conferisco la Commenda dell’Ordine del Mio Impero.
Massimiliano

Miramar
li 10 Aprile 1864

Il testamento di Massimiliano d’Asburgo

“Da ciò che ho di più caro, la mia Carlotta, prendo congedo con cuore pieno di riconoscenza. Sento il bisogno di confessare che ad essa debbo infinita felicità; poiché mai la più piccola lite ci ha divisi, poiché ella ha avuto sempre mitezza di cuore per i miei errori e in tutte le fasi della nostra vita movimentata ha avuto l’amore più vero e fedele che mi ha colmato di felicità.”
E’ questo il toccante pensiero per la consorte espresso da Massimiliano d’Asburgo nel suo testamento sottoscritto alla vigilia della sua partenza per il Messico.
“Nessuno sa meglio di lei, ciò che mi era caro in vita e lo onorerà; in particolare però io le raccomando il mio caro Miramare e Lacroma, dei quali ella è già proprietaria secondo l’atto di donazione datato Miramare 5 aprile 1864.”

Del dettagliato elenco di oggetti preziosi e piccoli arredi destinati agli stretti familiari, ad alcune nobili amicizie e ai più fedeli collaboratori, riportiamo solamente tre più significativi lasciti:
“ – Al mio Direttore di Corte, Capitano di Fregata Radonetz, lascio in eredità in segno della mia soddisfazione per gli utili servizi da lui resimi, la casa da lui abitata per motivi di servizio assieme al giardinetto privato adiacente con la riserva che i miei eredi possano riacquistarla da lui;
– Al Conte Bela Hadik, fedele, caro compagno negli ultimi anni e al Conte Carlo de Bombelles, mio caro amico di gioventù, lascio i miei cavalli da sella, le nuovi armi come il fucile da caccia, le sciabole e cose simili, inoltre il mio cannocchiale e altri oggetti nautici;
– Alla servitù che mi serve nelle mie ultime ore lascio tutto il mio guardaroba, compresa la biancheria e le uniformi”.

I passaggi più importanti del testamento riguardano il castello e l’isola Lacroma:
” […] Nello stesso tempo Sua Maestà Imperiale Altezza Serenissima Signor Arciduca Ferdinando Massimiliano dona in caso di morte alla Sua Consorte Altezza Serenissima Signora Arciduchessa Carlotta Maria Amalia la metà a lui appartenente di Miramare (con la sola eccezione della casa abitata dal Capitano di Fregata Eduard Radonetz con l’annesso giardino) e Lacroma con l’eventuale facoltà di trascrizione assieme a tutti gli oggetti sopraddetti che colà si trovano. Rinuncia espressamente al diritto di revocare questa donazione”.
E soprattutto le volontà di Massimiliano stesso:
” […] Per ciò che riguarda le mie carte desidero che mia moglie le faccia esaminare e riordinare dal mio Consigliere Schrzenlechner che nomino mio esecutore testamentario. Egli, mio fedelissimo e più antico servitore che conosce tutti i miei affari è in grado più di ogni altro di adoperarsi con fervore nell’esecuzione di queste disposizioni testamentarie”.

Ma sul documento ufficiale con la data e le firme di tutti i testimoni testamentari si leggono due inaspettate note finali subito sotto la firma dell’Arciduca Massimiliano:
“Da pubblicare con omissione della disposizione sulla nomina dell’esecutore testamentario (nota 90);
Il nome di Francesco Giuseppe (nota 91);
Specificando che le note 90 e 91 sono state aggiunte nel 1867.
Non solo, ma nell’ultima parte del documento, è stato pure aggiunto che Massimiliano fosse stato informato della morte della moglie, notizia che invece gli venne presto smentita.

Quanto invece accadde lo scrive la Storia.

La copia autentica del testamento è conservata nella Haus-Hof-und Staatsarchiv di Vienna (inv. N. Fam Wrk 2525) e fu presentata nel 1986 nella Mostra promossa dalla Provincia di Trieste presso le scuderie di Miramare.
La prima parte del testo, con la traduzione di Laura Ruaro Loseri, è riportata nel bellissimo libro:

Massimiliano da Trieste al Messico, Casa Editrice LINT, 1986, Trieste.

 

 

 

Massimiliano e Carlotta

L’epilogo.

Il 31 luglio 1867 l’Imperatrice giunse al Castello reale di Laeken, dov’era nata e vissuta fino al giorno del matrimonio per raggiungere pochi giorni dopo il palazzo di Tervueren.

Nel frattempo la salma di Massimiliano, rimasta in Messico fino il novembre del 1867, dopo lunghe trattative che assunsero tutto l’aspetto di un ignobile ricatto, fu imbarcata sulla fregata “Novara” al comando di Guglielmo de Tegetthoff .
Partita il giorno 26 assieme alle fregate “Adria”, “Radetzky” “Schwarzenberg” e alla cannoniera “Velebit”, giunse a Trieste alle ore 18 del 15 gennaio 1868 fra una fitta nebbia.
Il giorno dopo al suono di 21 colpi di cannone cui risposero le batterie di tutte le navi nel porto, il feretro coperto da un drappo di velluto nero con sopra la corona imperiale messicana e una croce in metallo venne issato sul catafalco di un carro funebre trainato da 6 cavalli neri delle scuderie imperiali.
Al suono delle campane di tutta la città con al seguito le truppe di mare e di terra, il vicepodestà con il Consiglio della città, gli Arciduchi d’Asburgo con le autorità civili e militari della Corte di Miramare, i rappresentanti del re Vittorio Emanuele, il mesto corteo salutato da un’enorme folla, attraversò il centro di Trieste per raggiungere il treno speciale verso Vienna.
Massimiliano venne tumulato il 18 gennaio nella cripta di Ferdinando I nella chiesa dei Capuccini con la ghirlanda d’alloro di Francesco Giuseppe e la scritta:
“Al valoroso eroe, al vero cristiano, all’indimenticabile fratello”.

Carlotta rimase al castello di Tervueren fino al 3 marzo 1879, quando un violento incendio lo distrusse. Solamente a gennaio del 1868 venne informata dalla regina Maria Enrichetta  della sorte di Massimiliano, notizia che almeno nei primi tempi ebbe per lei un effetto benefico.

Il fratello Leopoldo II acquistò così per lei il castello di Bouchout collocato tra Laeken e Bruxelles. In questo maniero in stile gotico circondato da un parco lussureggiante, da ruscelli e alberi secolari  l’Imperatrice Carlotta riuscì a trovare una sua pace. Tra passeggiate e letture invecchiò con i suoi mille ricordi: “Si sale, si sale e si sparisce dietro alle torri” le piaceva dire, senza dimenticare l’uomo con cui aveva diviso un tempo la gloria e l’amore: “Egli era così buono il mio Max! Tutti l’amavano tanto!”

L’unico referto medico rimasto nella storia fu pubblicato nella “Gazette” di Bruxelles il 20 gennaio 1927 e parlava di segni di una demenza senile sopraggiunta a quella precoce che alternava stati di agitazione, di incessante e incoerente loquacità, alternati a quelli di mutismo e apatia.
Dopo un indebolimento generale, una paralisi alle gambe, un’improvvisa polmonite e un’agonia di 28 ore, Carlotta morì alle sette del mattino del 19 gennaio 1927.

La sua bara accompagnata tra una fitta nevicata dai Reali del Belgio, dai principi Orleéans e Bonaparte, fu tumulata nella cripta reale della chiesa di Notre Dame di Laeken accanto ai sarcofagi dei genitori Re Leopoldo I e Regina Luisa d’Orléans.

(Foto: Stampa dello sbarco delle navi con le spoglie mortali di Massimilano – il castello di Bouchout in Belgio – Foto d’epoca del funerale di Carlotta)

Note aggiuntive

Giovanni de Incontrera, nonno di Oscar, autore delle notizie qui riportate, entrò a servizio di Rodolfo d’Asburgo e dopo la tragedia di Mayerling a quello dell’Imperatrice Elisabetta fino alla sua morte nel 1898. Morì a Trieste nel 1910.
Domenico Aramic, l’ultimo servitore di Massimiliano, rimase come guardiano al Castello di Miramare fino al 1927.
Antonio Grill partito dal Messico con la moglie Elisa Pertot pochi giorni prima che la fregata Novara con le spoglie dell’imperatore partisse da Veracruz per Trieste, fu nominato fu nominato dall’Imperatore Francesco Giuseppe custode del castello di Miramare, passato nel frattempo tra i beni della corona, con l’incarico di provvedere alla pulitura e sistemazione degli ambienti che non erano stati ancora ultimati. Con il decreto del 10 settembre 1972 fu elevato poi a Ispettore alle mense imperiali ed adibito al servizio dell’Imperatrice Elisabetta alla corte di Vienna abbandonando così per sempre il castello. Morì il 25 dicembre 1902 e fu sepolto a Sant’Anna. La moglie Elisa assieme a Ludmilla, figlia di suo fratello Antonio Pertot, si stabili a Trieste nella casa natale di Barcola portando con sé in ricordo un album di fotografie della famiglia imperiale.

Dopo lo scoppio della grande guerra , Francesco Giuseppe convocò a Miramare una commissione di esperti con l’incarico di salvare quanto fosse possibile. Il 24 novembre 1915 vennero così spediti su un treno speciale mobili, quadri, preziose suppellettili e la biblioteca di Massimiliano.
Tutto l’inventario datato 29 novembre 1915 e firmato dal Soprintendente di Corte servì quando nel 1924 il castello passò al Demanio Italiano e il nostro Governo reclamò all’Austria la restituzione di ogni cosa.
A Miramare rimasero gli atti della costruzione del castello con una ricca documentazione fotografica mentre gli atti amministrativi fino al 1918 vennero conservati nell’Archivio di Stato. L’archivio politico e privato di Massimiliano d’Asburgo, compreso quello messicano, spedito all’inizio dell’anno 1867 furono archiviati nella conservatoria di Vienna.

Fonte: Oscar de Incontrera, L’ultimo soggiorno dell’Imperatrice Carlotta a Miramare secondo document inediti, estratto dalla rivista “La Porta Orientale” maggio-giugno 1937 conservato ai Civici Musei Storia e Arte di palazzo Gopcevich.

Carlotta a Miramare

II parte

Già il 18 ottobre, cioè pochi giorni dopo il suo arrivo a Miramare, i medici Augusto Jilek e Riedel decisero di rinchiuderla nel Gartenhaus ufficialmente per proteggerla e impedire qualche suo atto di autolesionismo.
Non vi possono essere dubbi che la giovane Imperatrice fosse rimasta scossa dai tremendi fatti accaduti in terra messicana dopo aver assistito impotente al crollo di un regno, alla misera caduta del suo amatissimo marito con cui aveva diviso grandi sogni di gloria, potere e denaro, alla perdita di ogni privilegio con cui pur era nata e vissuta da figlia prediletta nella corte reale belga. Da giovane, innamorata sposa nel potente Impero degli Asburgo fu poi costretta a percorrere centinaia, migliaia di chilometri elemosinando un aiuto per evitare la catastrofe avendo ricevendo invece solo rifiuti e disinteresse. Certamente la sua mente agitata sarà stata tormentata dal rimorso di essere stata complice con il debole, sognante e irresoluto coniuge, di aver condiviso con lui l’ambizione di una Corona e di averlo dissuaso dall’abdicazione quando la situazione era già irrimediabilmente perduta. Sarà certamente intervenuta una smisurata rabbia per il fallimento delle sue richieste e l’umiliazione del suo orgoglio ferito. Ma furono umani i medici che l’avrebbero dovuta curare? Ebbe qualche utilità quel terribile isolamento nel castelletto con porte e finestre sbarrate?
Quali fonti informative avrebbero avuto le voci riportate dalla cronaca circa le disperate corse nel parco fino al molo dove avrebbe aspettato la nave di Massimiliano? Oppure quelle in cui si sosteneva che lei riempisse compulsivamente delle intere brocche con l’acqua della fontana per non bere quella somministratale dalla servitù che lei temeva essere avvelenata ?
Quanto peso ebbero invece le oppressive presenze di cotanti medici ai quali si affiancò presto Karl de Bombelles, il fidato aio di Francesco Giuseppe, di fatto coordinatore di tutta la servitù e definito da alcuni storici un personaggio subdolo e sicuramente detestato dall’Imperatrice?
Alla corte dei medici Jilek e Riedel si aggiunsero ben presto anche il dott. Bohulavek e il dott. Alessandro de Goracuchi, amico del barone Revoltella, confermando la sensazione che il caso dell’infelice Carlotta fosse davvero molto, molto difficile.
Eppure, almeno all’inizio della reclusione, sembra che le sue condizioni non fossero così drammatiche come cotanti medici facessero supporre, e addirittura ci fu persino chi sostenne che Carlotta non fosse affatto demente ma che rassegnata a quella imposta clausura trascorresse le sue giornate tra i libri, le stesure di lettere o ricordi di viaggio, dipingendo ad acquerello o suonando il pianoforte.

(Nelle foto 2 acquerelli di Carlotta)

Ma poco tempo dopo, con le notizie che giungevano dall’Impero messicano, tutta la situazione sembrò precipitare.
Ecco quanto il console Garcìa Miranda riferisce nella lettera del 16 dicembre 1866:

Le notizie contraddittorie che sulla questione del Messico pubblicano giornalmente le gazzette sia nazionali che estere e specialmente gli organi francesi che dovrebbero essere i più autorevoli, mi hanno impedito di partecipare alle notizie che circolano sopra una tanto importante questione poiché non mi arrischiavo di manifestarle nel timore che potessero essere false.
Oggi che non vi resta la minima speranza di riorganizzare l’Impero Messicano, m’affretto a trasmettere a Vostra Eccellenza il passaggio di una lettera ricevuta da un alto personaggio messicano che si trova a Parigi (Don José Lopez Uraga) in cui risulta l’abdicazione formale dell’Imperatore:
“Le indirizzo la presente per comunicarLe che data la brutta piega che hanno preso gli avvenimento politici, ho rassegnato ad essa il potere e costituzione e intraprenderò di conseguenza il viaggio di ritorno al mio focolare domestico tra uno o due giorni”
La partenza del Conte de Bombelles per Gibilerra con l’ordine di attendere l’Imperatore e un recente dispaccio telegrafico ricevuto a Miramare, convalidano le notizie che circolano sopra la partenza dal Messico per l’Europa dell’Imperatore Massimiliano.
Lo stato dell’Imperatrice non ha avuto alcun peggioramento: essa continua a rimanere nel più completo isolamento e sin dall’inizio della sua malattia è del tutto estranea a quanto succede nel Messico.”

Se la determinazione di Massimiliano ad abdicare venne presto ritirata per le pressioni del suo consigliere padre Fischer, esponente del partito conservatore cattolico, non si può ignorare che il 4 febbraio 1867 Garcìa Miranda informava il Ministro degli Esteri a Madrid che quattro giorni prima era giunto a Trieste un piccolo Yacht di 105 tonnellate e 50 cavalli che sarebbe partito per l’Avana qualora le trattative dell’Imperatore Massimiliano fossero fallite costringendolo a soggiornare a Corfù.
Francesco Giuseppe aveva infatti già ordinato al comandante della corvetta “Dandolo”, ancorata al porto di Veracruz, di rifiutare a bordo il fratello in caso di sua abdicazione dimostrando ancora una risoluta durezza nei suoi confronti.
Ma ormai la sorte di Massimiliano era segnata: nel gennaio 1967 avevano abbandonato il Messico tutte le truppe francesi, in aprile tutto il contingente austriaco con i legionari.
Accerchiato da ogni parte l’Imperatore si rinchiuse con le sue truppe nella piazzaforte di Querétaro e dopo una strenua difesa durata 72 giorni, il 15 maggio fu costretto ad arrendersi. Gettato in un’orrida cella del convento dei cappuccini, disfatto moralmente, sfinito dalla dissenteria e dalle febbri, fu processato da un consiglio di guerra e condannato a morte assieme ai suoi fedeli generali don Miguel Miramòn e don Tomàs Mejia.
Solo allora l’Imperatore Francesco Giuseppe che fino allora non aveva mai ritenuto possibile che un Juarez potesse uccidere un Asburgo, cercò con tutti i mezzi di ottenere la liberazione del fratello. Dopo la sua solenne incoronazione in Ungheria, il 20 giugno riunì il consiglio di famiglia ed impose la reintegrazione di Massimiliano nei diritti successori certo di ottenere l’intercessione degli Stati Uniti ma tutto era ormai avvenuto: il 30 giugno apprese che il giorno 19 era già avvenuta la fucilazione al Cerro de las Campanas di Querétaro.

“Tanti avvenimenti, tanti colpi inattesi hanno distrutto le mie speranze” scrisse Max nell’ultima lettera inviata a Carlotta. “La morte non è per me che una fortunata liberazione: cadrò gloriosamente da soldato, sovrano vinto ma non disonorato. Se le tue sofferenze sono troppo gravi e Dio ti chiamerà presto a raggiungermi, io benedirò la mano del Signore che tanto gravò su di noi. Addio Carlotta, addio. Il tuo povero Max.” (4)

La notizia della sua morte fu diffusa in città il 2 luglio 1967 dall’ “Osservatore Triestino” e già il giorno 7 dello stesso mese la Regina del Belgio Maria Enrichetta d’Austria partiva per Miramare per ricondurre Carlotta nelle sue terre. .

(Nella foto: il fratello di Carlotta re Leopoldo II del Belgio e la moglie regina Maria Enrichetta)

Come riferisce il console Garcìa Miranda al Ministro degli Esteri a Madrid, Sua Altezza Reale alloggiò al Grand Hotel de la Ville e annunciandosi alla corte del Castello, riuscì a conferire con la cognata che pur dimostrandosi lieta della visita, rifiutò di partire perché era in attesa dell’arrivo del suo Max. A convincerla fu il dott. Bolken, il medico che poi esternò il suo convincimento sulle cause che scatenarono i disturbi della povera Imperatrice.
Ecco quanto riporta il console Garcìa Miranda nella lettera del 3 agosto 1867 al Ministro degli Esteri a Madrid: (5)

Secondo il dott. Bolken non sembrerebbe ora dubbio che l’Imperatrice Carlotta fosse stata oggetto di un tentativo di avvelenamento prima della sua partenza dal Messico mediante qualche tossico che facendo salire il sangue viziato al cervello produce il disordine nelle facoltà mentali. Per questo alcune gazzette messicane, immesse senza dubbio nel segreto, annunciarono prematuramente tale avvelenamento alcuni giorni dopo l’imbarco di Sua Maestà da Vera Cruz per l’Europa.
E che questi sospetti non sembrano infondati lo prova che persino la stessa Augusta Inferma comprendeva nei suoi momenti di calma, che qualcosa di veramente straordinario passava nelle sue idee e che doveva trovarsi sotto la pressione di qualche agente morbifero estraneo, il quale provocava il disordine. Del pari è possibile avvertisse alcuni indizi più diretti sopra i quali la prudenza impediva che si spiegasse.
Il fatto è che sino al suo ritorno a Miramare un mistero incomprensibile circondava l’Augusta inferma. Questo mistero, fino ad oggi impenetrabile, ma che la storia senza dubbio chiarirà, lasciava trasparire di quando in quando qualche piccolo indizio che permetteva d’indurre le più tristi supposizioni. Il suicidio imprevedibile e tuttora inesplicabile di una delle dame belghe che per anni accompagnarono S.M., suicidio avvenuto nelle stanze del palazzo di Miramare circa 4 mesi fa. Alcune dichiarazioni del dott. Rield, che con frequenza veniva da Vienna per visitare l’Augusta Inferma, inducevano a dubitare che lo stato di S.M. fosse quello che apparentemente si pretendeva e che il rigido isolamento al quale è stata assoggettata per dieci mesi davano esca all’opinione pubblica alle più strane congetture. […]
L’Imperatrice, lungi dal mostrare qualche emozione violenta o un’aberrazione nelle sue idee, è rimasta perfettamente tranquilla ed oltremodo amabile con le persone che l’attorniavano. Sembrava quasi che intraprendesse questo viaggio con una vera soddisfazione.
Devo partecipare a Vostra Eccellenza che tanto nelle visite quanto per il viaggio si ha omesso il lutto, ciò dimostra che non si ha creduto ancora prudente informarla della tragica fine del suo Augusto Consorte. Tale fatto è oggetto dell’indignazione pubblica.”

Dunque non solo tali affermazioni permettono dunque di analizzare più in dettaglio la scottante querelle ma gettano inquietanti ombre sulla Corte di Miramare, dominata come si è già scritto dal conte de Bombelles il quale si oppose fino all’ultimo istante e anche con scene violente, alla partenza di Carlotta dal Castello. “Ostacoli di persone interessate, miserie vergognose, frutto di intrighi e cupidità di Corte” furono definiti i trattamenti alla povera Imperatrice nell’entourage belga.
Ma prescindendo dai velenosi articoli apparsi su giornali belgi circa un ipotetico interesse sulla ricchissima dote di Carlotta portata agli Asburgo, quale oscura ragione potrebbe essere data per quella lunga e crudele segregazione nel castelletto avvallata dall’Imperatore Francesco Giuseppe? Perché nessuno riprese quanto fu presupposto dal dott. Bolkens, autorevole scienziato e direttore del frenocomio di Gheel al quale la Corte belga affidò le successive cure di Carlotta? Si ricorda ancora che alcune gazzette americane diffusero la notizia della follia di Carlotta ben prima del suo manifestarsi e che su un clamoroso articolo pubblicato in data 1°agosto 1867 dal “Figaro” veniva riportato che da un’inchiesta svolta in Messico una certa persona al seguito dell’Imperatrice le avesse lentamente somministrato delle dosi di veleno. Il citato articolo menzionava sia il “totache” o il “toloatzin” (datura stramonium) sostanza letale ma che in piccole dosi privava della ragione, sia il terribile “Vaudoux” dagli identici effetti e del tutto inodore e insapore. Tali sostanze provocavano una grande sovraeccitazione, delle crisi violente, un rifiuto degli alimenti, un imperioso bisogno di solitudine ma soprattutto l’ossessione di essere stati avvelenati, tutti sintomi realmente poi riscontrati nella cosiddetta “malattia” della giovane Imperatrice.
Il console Garcìa Miranda avanzò dei sospetti su Amalia Stöger, la bellissima quanto stimata camerista viennese separata dal legittimo marito, che si suicidò la notte tra l’uno e il due giugno 1867, lo stesso giorno in cui l’ “Osservatore Triestino” pubblicò la notizia che l’Imperatore Massimiliano, dopo la resa di Querétaro, era stato imprigionato. Il servitore di corte Domenico Armič riferì che la donna fu trovata impiccata con otto giri di corda sulla finestra della sua stanza, contrassegnata con il numero 18, al secondo piano del castello.
La nobile letterata Aurelia Cimino Folliero de Luna (6) nel breve saggio “Massimiliano e Miramare” (Firenze, 1875) scrisse che:
Dopo la di lei morte, l’amore nascosto ad ogni vivente fu reso palese da molti residui d’indirizzi di lettere a lei dirette dal Principe, da vari oggetti nascosti con cura gelosa” lettere che comunque non furono affatto rese palesi, non solo, ma la romantica nobildonna osò aggiungere pure che il suicidio della Stöger sarebbe forse stato causato dal rimorso di aver ella stessa somministrato il veleno all’Imperatrice dopo l’impossibile liason con il biondo arciduca. In alcuni romanzi storici venne anche ipotizzato che Carlotta avesse sospettato della bellissima dama di corte per l’idea dei veleni che per gelosia femminile, essendo ben consapevole dei tradimenti del bel Massimiliano fin dagli anni in cui vennero meno i loro rapporti fisici.
Sui terrificanti effetti delle “erbe della follia” parlò con dovizia di particolari il Journal d’un missionnaire au Mexique, volumetto pubblicato a Parigi nel 1857, quindi ben sette anni prima che Massimiliano cingesse la corona di Montezuma. E l’ipotesi che all’Imperatrice Carlotta fossero stati somministrati i “poisons des Vaudoux” venne riportata in un articolo del dott. D’Auvergne sul “ Figaro” del 3 agosto 1867 a seguito di un’accurata inchiesta svolta da specialisti in Messico.

Comunque, Sebbene il console Garcìa Miranda fosse convinto che la storia avrebbe chiarito tutte le ipotesi avanzate sull’infelice Imperatrice, ancora oggi la sua triste storia è avvolta dai misteri, storia che per Carlotta continuò ancora per altri sessanta lunghissimi anni.

Note:

(4) conte E. Corti, La tragedia di un Imperatore, Mondadori, Milano 1936;

(5) Questo rapporto si trova nell’archivio del Consolato di Spagna di Trieste, ora conservato nell’ “Archivio General del Ministerio de Asuntos Exteriores” a Madrid;

(6) La Folliero de Luna fu ospite al Castello di Miramare nel 1875 in occasione del suo soggiorno nella villa di Antonio Caccia, illustre e informatissimo personaggio dell’élite triestina.

Nelle foto sopra: La Pianta del parco di Miramar siglata da Massimiliano a  Puebla; – I giardini di Miramare all’epoca di Carlotta – Il luogo dell’uccisione di Max al “Cerro de las Campanas” (foto di Aubert scattata il giorno successivo all’esecuzione conservata al Musée Royal de l’Armée, Bruxelles)

Il ritorno di Carlotta a Miramare

I Fatti (prima parte)

Esaminiamo dunque quando accadde dopo la partenza di Carlotta da Veracruz il 13 luglio 1866 perché proprio da allora giunsero le notizie sulle sue stranezze comportamentali.
Riportiamo qui di seguito il resoconto del viaggio dell’Imperatrice riportato in sintesi dal console Garcìa Miranda nella relazione n.49 al Ministro degli Esteri a Madrid datata 13 ottobre 1866:

“Eccellentissimo mio Signore
Nella mia comunicazione del 10 corrente portavo a conoscenza di Vostra Eccellenza, dopo averlo fatto per telegrafo, l’arrivo in questa città e alla sua residenza di Miramare di S.M. l’Imperatrice Carlotta del Messico. Nella mia citata comunicazione menzionavo le voci che circolavano sullo stato di salute dell’Augusta donna, senza darle per sicure poiché speravo, ritenendole esagerate, che non si confermassero. Disgraziatamente sino al suo arrivo qui e secondo il parere dei medici, non resta il minimo dubbio sul triste stato dell’alienazione mentale. Sembra che durante il suo viaggio a Roma principiò a dare a Bolzano alcuni indizi di qualche grave preoccupazione che obbligarono il medico che l’accompagnava a consigliarle di differire per qualche tempo il suo viaggio a Roma; questo consiglio non ottenne però l’accoglienza che si sperava.
Non intratterrò l’attenzione di Vostra Eccellenza con quanto successo a Roma dato che suppongo che l’Ambasciata di Sua Maestà avrà già dato parte di ogni cosa.
Dal suo arrivo in questa città non si ha avuto nessun miglioramento nello stato dell’inferma; Sua Maestà si è posta nell’idea fissa che si vuole avvelenarla. Oltre al medico di camera (medico personale di corte) si trova qui il dottor Rield venuto espressamente da Vienna.
Ieri ordinò Sua Maestà di chiamare il dott. Goracuchi, (1) persona verso la quale Sua Maestà aveva dimostrato, prima del suo viaggio al Messico, la maggior fiducia.
Si dice che l’idea d’avvelenamento che tanto la preoccupa è così radicata che a Roma Sua Maestà congedò tutto il seguito che l’aveva accompagnata dal Messico e ieri fece altrettanto con le altre persone della sua Corte, compreso il Gran Ciambellano.
Non posso fare a meno di esporre a Vostra Eccellenza che in questa città in cui si conoscevano le altre virtù che adornavano l’illustre principessa, è stata unanime la manifestazione di dolore per una simile sventura e che ha destato oltremisura l’attenzione pubblica l’assenza di qualsiasi membro della famiglia Imperiale d’Austria e specialmente quella dell’Imperatore, la cui presenza in questi momenti si crede solleverebbe in buona parte lo stato dell’illustre inferma, tenendo conto della freddezza che per molto tempo perdura da parte della famiglia del suo Augusto consorte, come pure avendosi notato come durante il suo soggiorno qui, prima del suo viaggio a Roma, nessuna persona della famiglia d’Austria s’era degnata di visitarla a Miramar.”

Dunque avvenne a Roma l’esordio della malattia di Carlotta, che, convinta di essere stata avvelenata, congedò tutto il suo seguito. Anche se nei fatti ciò non avvenne, tutta la sua Corte si tenne alquanto distante da lei e una parte di essa dopo il ritorno a Miramare anziché al castello alloggiò all’Hotel de la Ville. L’unica persona che non fu sospettata fu la camerista Doblinger che in effetti rimase affettuosamente accanto all’Imperatrice fintanto che, affranta dalla fatica e dalle stressanti emozioni, si ammalò e morì in breve tempo.
Si riporta qui parte della lettera dell’8 novembre 1866 in cui il console Garcìa Miranda racconta i fatti che accaddero durante il soggiorno di Carlotta in Vaticano:
“[…] Conosciuta la critica situazione dell’Impero Messicano, soprattutto dopo che l’Imperatore Napoleone aveva partecipato la sua determinazione a ritirare le sue truppe che costituivano a quanto sembra la base fondamentale dell’Impero, S. M. Carlotta risolvette di venire in Europa allo scopo di sollecitare il suo aiuto e la sua cooperazione. Il viaggio fu sino a un certo punto improvvisato e la prova evidente è che alla vigilia della partenza dal Messico ancora non si aveva deciso quali persone dovevano accompagnare Sua maestà.”
E non solo questa asserzione risulta estremamente sconcertante ma nei successivi passaggi Garcìa Miranda riferisce che alcune persone dell’entourage di Massimiliano ritenevano che il ritiro delle truppe francesi avesse addirittura favorito la costituzione dell’Impero Messicano, opinione in parte condivisa dal console spagnolo che riteneva avessero perpetuato ignobili abusi e vessazioni ma che comunque sconcerta per la mancanza di considerazione sullo stato di isolamento di Massimiliano stesso.

Risolta poi la questione del seguito” continua Garcìa Miranda “Sua Maestà si mise dunque in viaggio per la Francia. Non sembra fondato ciò che scrivono sia le gazzette spagnole che straniere e che cioè che durante la traversata Sua Maestà avesse già dato segni di alienazione mentale. Dimostrava di essere molto preoccupata, però ciò derivava dall’importanza della missione che l’obbligava a intraprendere un così lungo e penoso viaggio”.
Le notizie riportate sulle pubbliche stampe ci sembrano di inaudita gravità e autorizzano ad avanzare sospetti e ad approfondire gli sviluppi degli avvenimenti.
Per Carlotta fu certo estremamente penoso il lungo viaggio oceanico durante il quale rimase chiusa nella sua cabina in preda al caldo opprimente e a un’ insistente emicrania. Né ottenne il minimo aiuto dopo il deludente colloquio con Napoleone III che si dichiarò del tutto impossibilitato a continuare a difendere Massimiliano per la minaccia degli Stati Uniti di scatenare una guerra se non avesse ritirato il suo corpo di spedizione come imponeva l’intero Parlamento.
Delusa e stanchissima il 28 agosto Carlotta decise quindi di rientrare al castello di Miramare dove si fermò fino al 18 settembre, giorno della partenza per Roma.
Ma riportiamo ancora quanto scrive Garcìa Miranda nella sua relazione al Ministero degli Esteri di Madrid:
“Giunta a Parigi, Sua Maestà si abboccò con l’Imperatore dei Francesi e Vostra Eccellenza conoscerà perfettamente il risultato. Vista poi la sfavorevole accoglienza che da parte dell’Imperatore ottenevano le sue sollecitazioni, Sua Maestà anelava di partire quanto prima dalla Francia. E’ vero che la posizione non poteva essere più critica e soprattutto considerando la parentela dell’Imperatrice Carlotta con la famiglia d’Orléans.” (2)
Viene quindi confermato – mancando qualsiasi notizia diversa – che né nei colloqui con Napoleone III come nel viaggio di ritorno e durante la breve permanenza a Miramare Carlotta non avesse manifestato il minimo segno di squilibrio.
“Di quanto successo a Roma mi permetto di richiamare solo l’attenzione di Vostra Eccellenza sul fatto seguente:
La presentazione di Sua Maestà al Santo Padre ebbe luogo il 27 settembre e Sua Santità restituì la visita il giorno 29. Il giorno 30 S.M. invitò varie persone alla sua tavola e sino al I° ottobre non diede nessun segno che rivelasse al suo seguito il triste stato in cui si asseriva che già si trovasse l’Augusta Principessa.
Arrivato a Roma il Conte di Fiandra, questi decise d’accordo con il Conte de Bombell di trasportare immediatamente Sua Maestà a Miramare. Devo far osservare a Vostra Eccellenza che il Conte de Bombell è il figlio di quegli che per molti anni disimpegnò la carica di Gran Ciambellano della Casa d’Austria; egli è sempre rimasto in intima relazione con la famiglia imperiale e specialmente con l’Imperatore Massimiliano, che accompagnò al Messico e della cui corte fa parte.
Come ho già indicato, la residenza di Miramare ripugna all’Imperatrice Carlotta poiché già prima del suo viaggio in Messico vi viveva nel più completo avvilimento e non in buona vista da parte della famiglia del suo augusto sposo. Sembrava dunque più prudente e soprattutto naturale un trasferimento in Belgio, dove i passati ricordi e in mezzo alla sua famiglia e alle sue antiche relazioni la Principessa avrebbe incontrato qualche sollievo, anche se solo morale, nella disgraziata malattia di cui si dice essere affetta.”
I gravi disturbi nervosi di Carlotta sarebbero dunque basati dai “si dice” oppure il Garcìa Miranda fu male informato? Ma seguitiamo così a riportare quanto viene scritto nella sua lettera al Ministro degli Esteri a Madrid contrassegnata con il numero 53 dell’8 novembre 1866:
“Il generale messicano Don José Lopez Uraga (3) giunse a Trieste 2 giorni dopo il ritorno di Sua Maestà a Miramare. Veniva come delegato dall’Imperatore Massimiliano per scortare l’Imperatrice nel suo viaggio di ritorno al Messico. Non ha potuto, com’è naturale, compiere la sua missione, e ciò malgrado le sue reiterate istanze di voler presentare la missiva dell’Imperatore. In vista del perentorio diniego dei medici, il Generale decise di andare a Parigi ad attendere gli ordini ed effettuò la sua partenza da questa città il I° novembre unitamente al sig. Barrio e consorte, rispettivamente Ciambellano e Dama d’Onore dell’Imperatrice ai quali era stato impedito il soggiorno a Miramare. Del seguito messicano rimane solo qui il conte del Valle e un seguito austriaco e belga ai quali è di fatto impedito di vedere S.M. che può comunicare solamente con i medici e una Camerista straniera.”

A questo punto a Massimiliano non rimase altro che accettare l’isolamento della povera Imperatrice, convincendosi fosse stato deciso per il suo bene.(4)
Da allora la triste storia di Carlotta divenne leggenda.

Note:

(1) Il dott. Alessandro de Goracuchi era i medico personale del barone Pasquale Revoltella;                                                                                                                                                                                             (2) La madre di Carlotta era figlia di Luigi Filippo Borbone-d’Orléans Re di Francia dal1830 30 al 1848; 

(3) Don José Lopez, che tradì Massimiliano aprendo ai suoi nemici le porte di Querétaro, fu poi disprezzato da Juarez stesso e ripudiato dalla moglie. Abbandonato da tutti morì in seguito al morso di un cane; (O. de Incontrera)

(4) conte E. Corti, La tragedia di un Imperatore, Mondadori, Milano 1936;

Nella foto: serape, speroni, bastone e sombreri di Massimiliano.