Archivio mensile:giugno 2013

Googlemania

Non so come la pensate voi ma per me Google è una sorta di The Thing, quel terrificante film di Carpenter dove La Cosa era una massa generata da un alieno venuto da Altrimondi e scomposto da più parti in relazione tra loro, proprio come gli astrusi algoritmi di Google.
Che l’invenzione del computer sia di portata planetaria, che dico, intracosmica, non si discute neppure: ha rivoluzionato il mondo del lavoro, della comunicazione, del sapere, della ricerca, dei rapporti intrapersonali sia diretti che trasversali e a volte anche piacevolmente sorprendenti.
È entrato negli uffici, nelle aziende, nelle Istituzioni rendendo le nostre vite più informate, attente, partecipi e in definitiva attive.
Qualsiasi notizia o curiosità è soddisfatta in tempi rapidissimi, qualunque indagine di fatti e misfatti viene rilevata in tempo reale con osservazioni, commenti e relativo seguito. Non c’è argomento che non sia ripreso da vari link con rimandi e ulteriori approfondimenti. Insomma un fantastico merry-go-round che apre la mente e ci porta ovunque.
Quando ho iniziato a navigare mi sentivo attratta come Alice nel paese delle meraviglie anche se procedevo cautamente per paura di ritrovarmi in siti oscuri. Ma del resto cosa potevo temere? I cookie? Le SPAM sulla posta elettronica? Ma quando mai! I messaggi pubblicitari sono i companatici delle nostre vite e io li guardo pure: sono veloci, belli da vedere e a volte utili. Allora dove starebbe il problema?
Ecco, non so voi, ma io ne ho avuti, e proprio quando meno me l’aspettavo.
Filosoficamente pensando potrei ammettere che è stata anche colpa mia, per un surplus di amore verso Trieste manifestato in modo corretto ma nel posto sbagliato. Insomma volevo uscire dai contesti strettamente “nostrani” per trovare degli spazi dove Trieste insomma ci fosse e un sito di storia abbinato a una nota testata giornalistica me ne dava l’opportunità. Niente di eccessivamente impegnativo: notizie, date, vecchie foto, fatti ignorati o dimenticati, le nostre questioni irrisolte, cose così, mantenendo comunque un low-coast di massima sintesi.
Scusate se ancora mi aggrappo alla filosofia per farmene una ragione, ma mi viene in mente un concetto di Zarathustra espresso nelle meditazioni nell’oscura caverna:
Nulla è più facile che illudersi, perché ciò che ogni uomo desidera, crede anche che sia vero”. Infatti non lo era.
Non solo a nessuno fregava niente di Trieste e meno che mai del mio lavoro elargito con tanto meticoloso zelo, ma la perseverante costanza, rea di qualche firma di troppo, è stata “premiata” da qualche maghetto del Web con una rapidissima rastrellata degli articoli più significativi e ripescandomi come trailer di costosissimi quanto insaziabili brand, li ha shakerati con altre frammentari notizie contenute nel sito ottenendo una serie di blog titolati, si fa per dire, con lettere e numeri alla rinfusa, tipo Vbrwsdtztw1069 con una sfilza di algoritmi che neanche stavano nelle strisce di Explorer .
Curiosa come sono li ho aperti incappando in altrettanti collages di notizie caricate con il metodo copia-incolla dall’effetto surreale e in più spesso affiancate da un pupazzetto che rideva sarcastico.
Un tecnico informatico da me interpellato ha ritenuto che quei siti-cash fossero stati creati da qualche smanettone disoccupato che, ripetendo decine e decine di volte il nome del marchio, si sarebbe guadagnato un tot dalle case produttrici, sponsor occulti dello storico blog.
Sforzandomi di accettare questo fatto come “fisiologico” non ci avevo più pensato e tralasciai ogni successivo controllo sul mio insignificante nome.
Invece The Thing si era riprodotto ed espanso in una miriade di blog farneticanti che riproponevano stralci dei miei poveri articoli stritolati dai nomi delle “prestigiose”
firme usando la mia come “membro” di qualche misteriosissimo sito.
Quando me ne sono accorta il danno era ormai fatto, ma volendo approfondire la spiacevole questione, ho fatto delle ricerche sugli astrusi algoritmi dei blog legati a quel progetto editoriale e sondando i vari files l’arcano enigma si è svelato in tutto il suo squallore: a generare gli assurdi link non erano affatto stati navigatori casuali ma gli stessi programmatori del sistema che invitavano alla partecipazione.
Così, raccolti come Rossella O Hara i brandelli del mio orgoglio, ho azionato il tasto delete pensando, anch’io per una volta, che Trieste non la calcola proprio nessuno.
Insomma, adesso mi fido di più quando i mega-siti del Web hanno vagonate di pubblicità, lecito e irrinunciabile modo per coprire le spese di gestione senza sfruttare le collaborazioni gratis et amoris dei volontari, non vi pare?

Googletissima-mente
Quanto a Google, il potente motore di ricerca, è divenuto un colossale contenitore dove qualsiasi scemenza o fiuto di business possono raggiungere delle pool position.
Cambiando continuamente i termini di ricerca aggiungono servizi ambigui o comunque poco chiari che fanno rimbalzare dagli archivi vecchie notizie, così, giusto per farti impazzire.
Anni fa ebbi la sciagurata idea di cercare su Internet un fisioterapista ma avendo cretinamente firmato la richiesta mi ritrovai con menischi, metacarpi, ilei e omeri tutti rotti, e ancora sciatalgie, artrosi e addirittura artriti reumatoidi, mammamia, da farci le corna, tiè! Ma tu guarda…
Se esponi il problema ai tipi di Google ti ringraziano della segnalazione e ti offrono subito dei nuovi antivirus nella posta elettronica, a pagamento si capisce, intanto i link rimangono inchiodati per mesi. Ma poi mica spariscono davvero… Appena un altro navigatore incappa in quel sito, tadàààà!!! Riappare il tuo nome e tutte le tue ossa a pezzi.
Da autorevoli fonti si è saputo che nel solo mese di luglio 2012 sono state chieste 6 milioni di rimozioni per contenuti sgraditi, quindi il problema esiste, eccome!
Recentemente è stato infatti pubblicato un libro dalla Hoepli intitolato La tua reputazione su Google e i Social Media con dei buoni consigli per scantonare i tranelli. E sapete cosa consigliano? Di pubblicare contenuti positivi e di successo così nel motore di ricerca saliranno i nuovi link e scenderanno quelli sgraditi, capito?
Ma almeno si può constatare che anche in Internet il tempo ha il suo corso.

Dalla SISAL al TOTIP

Molti forse non lo sanno ma la creazione del Totocalcio è dovuta alla geniale idea del nostro concittadino Massimo della Pergola, nato a Trieste nel 1912, corrispondente a Trieste della “Gazzetta dello sport” e grande tifoso di calcio.
Con l’entrata in vigore delle leggi razziali del 1938, il Della Pergola, di origine ebraica, fu costretto a lasciare l’impiego al giornale rifugiandosi con moglie e figlio in un campo di lavoro svizzero. Dotato di grande inventiva, ebbe così il tempo di escogitare un sistema che gli permettesse di guadagnare sfruttando la sua prediletta passione.
Rientrato in patria nel 1945, pur riprendendo a occuparsi cronache sportive, propose il suo progetto al CONI. Dopo un anno di trattative il 17 gennaio 1946 riuscirà a istituire la SISAL basata su un sistema di scommesse sulle partite giocate: un “1” per la vittoria della squadra ospitante, una “X” per il pareggio e un “2” per la vincita della squadra esterna. Chi avesse pronosticato tutti i 12 risultati avrebbe vinto palate di soldi.
Il debutto sarà deludente: verranno stampate 5 milioni di schedine (a 30 lire ciascuna) e acquistate solamente 34.000.
Ma il 5 maggio un certo signor Emilio Blasetti azzeccherà un “12” incassando ben 463.000 lire, astronomica cifra per l’epoca.

Prima schedina vincente della Sisal (Collezione privata Gasperutti)

Diffusasi la notizia e divenuti popolarissimi i pronostici per le partite di calcio, la vendita delle schedine avrà una rapida impennata.
Domenica dopo domenica le puntate aumenteranno con una tale velocità che nel 1948 il Governo Italiano con altrettanto tempismo sancirà la nazionalizzazione del concorso ribattezzato Totocalcio e incamerando come Monopolio di Stato il gettito delle puntate sulle squadre in gioco.

Dopo la colossale fregatura il Della Pergola avvierà un estenuante battaglia legale per far valere i suoi diritti e un meritato indennizzo. Avute tutte le ragioni sarà liquidato a Roma con un assegno non solo modesto ma di cui dovrà anche rendere conto a due zelanti ispettori del fisco che attenderanno il suo arrivo alla stazione di Milano.
Mazziato e deluso il della Pergola abbandonerà le mire sul calcio ma non demordendo affatto dai sogni di gloria, inizierà ad applicare i suoi sistemi sulle corse dei cavalli assieme all’amico ed ex-collega Giorgio Jegher.
Il 30 maggio 1948, a pochi mesi dall’esordio del Totocalcio, verrà così diffusa la prima schedina del Totip con l’indicazione di 6 corse di cavalli suddivisi in gruppi contraddistinti dai simboli 1, X e 2. Saranno giocate 114.000 colonne di puntate e con l’immediata vincita di ben un milione e mezzo di due scommettitori di Milano e Napoli che azzeccheranno i 12 segni giusti (ma in seguito saranno anche premiati i “10” e gli “11”) il successo sarà planetario e le schedine del Totip saranno distribuite nelle ricevitorie di tutto il territorio nazionale.
Da allora per tentare la fortuna inizierà a circolare il famoso consiglio di “darsi all’ippica”.
Il Della Pergola sarà però costretto ad accontentarsi dell’1% dei ricavi per il “suggerimento formale” della sua originaria invenzione.
E dopo aver arricchito a dismisura lo sport italiano e le casse dello Stato il nostro genialissimo concittadino con ineffabile humor dichiarerà: “Non ho mai giocato una schedina in vita mia”.

(Notizie tratte da: Trieste 1900-1999 Cent’anni di storia, VI volume, Publisport Srl, Trieste)