Dicono di noi

“Trieste: una delle città più belle del mondo, elegante, colta, crocevia tra tre mondi – quello latino, quello slavo, quello tedesco – il punto più a Nord del Mediterraneo e il punto più a Sud della Mitteleuropa. Trieste che ha dato all’Italia Saba e Svevo, Strehler e Magris, Dorfles e Kezich, oltre a tanti altri scrittori, artisti, maestri. Eppure per andare da Venezia a Trieste ci sono solo treni regionali. Non si può fare neppure il biglietto elettronico. Il che sarebbe grave anche se Trieste fosse ancora il confine oltre cui c’era la cortina di ferro e il mondo comunista.

Oggi Trieste è tornata il centro d’Europa. Ma l’Italia non se n’è accorta. Cosa si aspetta a rimediare?”

(Aldo Cazzullo, “Sette” Corriere della sera, 26/4/2013)

“Ci sono due posti che mi emozionano davvero: il retro di un palcoscenico e Trieste” confida il giornalista-scrittore Giorgio Dell’Arti a “Il Piccolo”.

Il padre Consalvo, nato a Brindisi da una famiglia leccese trasferitasi a Pola, si sposò con la polesana Carla Roinich. Arrivati gli anni difficili, la coppia decise di tornare in Italia pur consapevole di dover affrontare tempi durissimi.

Attori-girovaghi sempre in viaggio alla ricerca di scritture in ruoli teatrali o cinematografici e vivendo tra una pensione e l’altra, nel corso del primo anno di scuola del figlio Giorgio furono costretti a iscriverlo in 5 diverse città con effetti disastrosi sul suo profitto. Decisero così di affidarlo allo zio Alfredo che dirigeva a Trieste l’Unione militare di via Mazzini, un grande negozio di abbigliamento che serviva l’esercito nelle sedi di tutta l’Italia.

Ospitato per tre anni nel piccolo appartamento soprastante, Giorgio riuscì così a frequentare continuativamente tre anni alla scuola elementare Felice Venezian.

“Considero Trieste la città della mia infanzia” ricorda ancora dell’Arti. “Ci sono tornato dopo un sacco di tempo e ho provato un’emozione grandissima.”

(Giorgio Dell’Arti, Alessandro Mezzena Lona, Il Piccolo, 15/11/2008)

 

“Il nostro Carso ci appartiene come noi gli apparteniamo. E’ terra in cui la civiltà specchia i suoi miti. Bellezza schiva e scontrosa, guadagnata palmo su palmo, schiva ed essenziale, aspra e tenace: il Carso esalta la lotta e sa donare brevi attimi intensi di maestosa serenità.
E’ il microcosmo ove i conflitti si lasciano sublimare da una legge che l’umana precorre e vuole informare. Patria di eroi, martiri, poeti. Bensì di sacrifici duri, di esasperati confronti, d’inesausti richiami alla realtà: il lavoro vi trova la sua dignità antica, che si ripete di stagione in stagione in un’epica coscienza del dovere quotidiano, da compiere con paziente umiltà.
Questo è il nostro Carso. Dobbiamo difenderlo come un bene prezioso e vigilare sulla sua integrità. Esso è il nostro passato e il nostro futuro. Perché è il solo bene che possediamo.”
(Dante Cannarella, Guida del Carso triestino, Ed. Svevo, Trieste, 1975)

“Il futuro di Trieste transita in effetti sulle banchine della sua passata gloria, e parlo dei traffici marittimi e del recupero di Porto Vecchio. Ma ci sarà un baluginìo di razionalità se Trieste è l’unica e l’ultima città europea che non ha ancora saputo dare valore e centralità alle sue strutture portuali ottocentesche? Sarà sempre per un destino cinico e baro oppure dipende dalla follia di chi ha osteggiato il trasloco delle funzioni portuali là dove esse sono compatibili con la moderna logistica, liberando i meravigliosi hangar concepiti in Porto Vecchio?
Il conservatorismo fine a se stesso, che a Trieste salda destra e sinistra, ha sinora frenato il corso di una città che disporrebbe di un patrimonio formidabile.
In una fase storica segnata da drammatiche discontinuità a livello planetario, in un mondo dove non esistono più confini e le gerarchie geo-politiche, economiche e culturali vengono stravolte in un batter di ciglia, non scommetterei affatto sulla scelta della conservazione per la conservazione.
Potremmo trovarci seduti su un cumulo di macerie. Vale per l’Italia, vale per Trieste.”
(Paolo Possamai, direttore de Il Piccolo)

“Dove dunque andrà la città dei confini? Il finale pare già tratteggiato. Bella ma vecchia, con il mare che l’abbraccia tutta, incantata dal fascino della decadenza, Trieste, nella sua orgogliosa diversità, ha inconsciamente anticipato la trasformazione verso cui tutto il Paese si orienta.
Politica troppo debole, non legittimata, ma sempre pronta a controllare.
Economia troppo pubblica e orientata dalla politica stessa: una miscela micidiale a favore del mantenimento dell’esistente, il consolidamento delle posizioni, un sistema chiuso.
Una vecchiaia dorata, da godere finché dura.”
(Beniamino Pagliaro, Trieste la bella addormentata, Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, 2011)

“Ci sono città che si svelano quasi subito al visitatore. Non è il caso di Trieste. Questa città resta, anche al secondo colpo d’occhio, piena di segreti. E’ una città ricca di fascino, di stimoli, ma non invadente. Chi vuole, deve scoprirla da sé.
Per chi si appresta dunque a conoscerla, Trieste appare assai più grande di quel che il numero dei suoi abitanti lascia supporre. Le ampie strade a quattro corsie, i numerosi e bellissimi palazzi, la grandiosa piazza dell’Unità, la vastità del vecchio e nuovo porto, gli invitanti e affascinanti caffè, le rinomate imprese: ci sono moltissime cose che testimoniano della grandezza, della grandiosità triestina.
[…] Si dice che a Trieste si mischiano le culture. A dire il vero non so se si mischiano veramente. Ho più l’impressione che convivano pacificamente, l’una accanto all’altra. A darne testimonianza sono le quattro religioni con i loro imponenti luoghi di culto, così come le minoranze nazionali e culturali. Ci sono città che respingono o emarginano lo straniero. Trieste è una città che li accoglie.
[…] Quello che mi affascina di questa città è il coesistere, fianco a fianco del porto e delle scienze, del commercio e della letteratura, delle religioni e delle lingue. Una coabitazione particolarmente intrigante è quella della città moderna e pulsante con il Porto Vecchio, che ricorda una città dei morti.
(Karl-Heinz Feisenmeier, giornalista del Badische Zeiung, ospite a Trieste)

“Trieste ha una forte vocazione turistica, destinata a consolidarsi. Infatti siamo in grado di attirare un numero crescente di visitatori grazie alla validità della nostra offerta culturale, congressuale e ambientale. In quest’ultimo caso mi riferisco sia al mare sia al Carso.
L’entrata nell’Unione Europea mette la città al centro della scena, ne fa il punto di riferimento di un’area molto ampia. Con ricadute positive in termini di export, esportazione di know how e delocalizzazione delle attività produttive.
Certo, tutto dipenderà anche da alcune scelte strategiche, a partire dalla riconversione del Porto Vecchio e dalla prosecuzione dell’alta velocità fino Lubiana e Budapest.”
(Riccardo Illy, Tuttoturismo, Ed. Domus, marzo 2005)

“L’obiettivo è quello di realizzare una gigantesca promenade che occupi tutte le rive fino al Porto Vecchio compreso. A fine 2006 cambierà il modo di vivere dei triestini, con l’apertura di un tunnel di 4 chilometri che collegherà il cuore della città all’autostrada. Inoltre stiamo rivoluzionando la circolazione sulle rive.”
(Roberto di Piazza, Tuttoturismo, Ed. Domus, marzo 2005)

“Trieste è una città tranquilla e civile, dove vengono in buona parte osservati valori come l’onestà e il rispetto delle leggi. Però i triestini hanno un difetto: amano trastullarsi con il passato. Rimpiangono il grande porto che fu, l’epoca in cui arrivavano i transatlantici. E non hanno capito che, nel frattempo, la loro città è diventata una grande capitale della scienza. L’industria più importante qui è proprio questa: insieme all’università dà lavoro a 5 mila persone.”
(Margherita Hack, Tuttoturismo, Ed. Domus, marzo 2005)

Un pensiero su “Dicono di noi

  1. salvatore cicala

    Peccato,forse non per colpa sua,ma quanto previsto da Dipiazza nel 2005 per ora(2019 non si è ancora realizzato.

    Replica

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